Sono pochi gli omosessuali che si “sposano”, Ma il “matrimonio” gay serve per sdoganare l’omosessualità. Con un modello di “famiglia” rassicurante, che ha la «torta nel forno e le tendine alle finestre»
di Roberto Marchesini
Eppure, gli attivisti gay ritengono che il “matrimonio omosessuale” sia un obiettivo essenziale delle loro campagne, indipendentemente dal fatto che qualcuno ne usufruisca. Lo testimonia Franco Grillini, noto attivista omosessualista, che in un’intervista di qualche anno fa aveva dichiarato: «L’esistenza di una legge che consenta alle persone omosessuali di accedere all’istituto del matrimonio o agli istituti equivalenti non implica l’obbligo di usarla. Basta che ci sia. Se poi uno vuole la usa, se non vuole non la usa. L’esistenza di un diritto non obbliga di avvalersi di questo diritto. […] È esattamente come l’aborto. Nessuno è obbligato ad abortire. Però deve esserci la libertà di farlo».
Ma è un obiettivo simbolico eccezionale
Per quale motivo dunque gli omosessualisti vogliono il riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali? Il motivo emerge in modo chiaro sfogliando un importante libro pubblicato negli Stati Uniti nel 1989 e intitolato After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s, purtroppo non disponibile in lingua italiana. In questo volume gli autori, due attivisti omosessualisti, sostengono che il movimento gay degli anni 1970 e 1980 ha collezionato una serie di fallimenti che hanno reso la comunità gay ancor più isolata e malvista dal resto della popolazione.
Gli anni ’90 del secolo scorso presentano, tuttavia, una nuova possibilità per rilanciare la rivoluzione omosessualista: grazie [sic!] all’AIDS, gli attivisti gay hanno la possibilità di spogliarsi dello scomodo costume da agitatore politico e di indossare quello di rappresentante di una minoranza oppressa e discriminata.
Il lettore potrà giudicare da sé quanto sia stato profetico questo libro; quello che ci interessa è la strategia che gli autori consigliano: si deve «[…] per prima cosa mettere un piede nella porta, rendendosi il più simile possibile a loro; dopo, e solamente dopo – quando l’unica tua piccola differenza è stata accettata -puoi iniziare a imporre altre tue caratteristiche, una alla volta».
Un modo estremamente efficace per apparire «il più simile possibile a loro» è quello di richiedere a gran voce il diritto di sposarsi, esattamente come gli “eterosessuali”, in modo da veicolare il seguente messaggio: «Noi non stiamo combattendo per sradicare la Famiglia: stiamo combattendo per il diritto a essere Famiglia».
Ancora più esplicito è lo storico del movimento gay – ed attivista lui stesso – Gianni Rossi Barilli, che nel suo volume dedicato alla storia del movimento omosessualista italiano scrive: «Si apre un pubblico dibattito sulle unioni civili, che sempre più diventano la questione prioritaria nell’agenda dell’Arcigay.
E questo non accade perché migliaia di coppie omo scalmanate diano l’assedio al quartier generale per poter coronare il loro sogno d’amore. Anzi, il numero delle coppie disposte a impegnarsi per avere il riconoscimento legale è addirittura trascurabile».
Piuttosto, prosegue Rossi Barilli, «il punto vero è che le unioni civili sono un obiettivo simbolico formidabile. Rappresentano infatti la legittimazione dell’identità gay e lesbica attraverso una battaglia di libertà come quelle sul divorzio o sull’aborto, che dispone di argomenti semplici e convincenti: primo fra tutti la proclamazione di un modello normativo di omosessualità risolto e rassicurante.
Con la torta nel forno e le tendine alle finestre, come l’ha definito una voce maligna. Il messaggio è più o meno il seguente: i gay non sono individui soli, meschini e nevrotici, ma persone splendide, affidabili ed equilibrate, tanto responsabili da desiderare di mettere su famiglia. Con questo look “affettivo” non esente da rischi di perbenismo, si fa appello ai sentimenti più profondi della nazione e si vede a portata di mano il traguardo della normalità.
[…] A questa porta si bussa con discrezione, assicurando che non si vuole assolutamente il matrimonio omosessuale: questa prospettiva fa inorridire gli stessi gay. E nemmeno si rivendica la possibilità di adottare figli per le coppie orno, perché i tempi non sono maturi. Ci si accontenterebbe di regolare la questione dell’eredità, della pensione, dell’affitto, della reciproca assistenza fra i partner». A quanto pare, ora i tempi sono maturi per rivendicare anche il diritto all’adozione: dopo il matrimonio, anche i figli sono usati per rendere accettabile ed accettata l’omosessualità.
Il supporto dei potentati finanziari
Ora la domanda è: come è possibile che gli attivisti gay, che non sono molti né particolarmente efficaci, siano riusciti a ribaltare in pochi anni l’opinione pubblica su un tema così importante e delicato? Nel 1999 per Rossi Barili era impensabile proporre all’opinione pubblica le adozioni omosessuali, eppure ora il tema è attualissimo; qualche anno fa era impensabile anche l’attuale consenso mediatico e pubblico del “matrimonio” gay, eppure l’introduzione di questo istituto sembra ormai scontato per tutti (resta solo da decidere come e quando). Come è stato possibile questo enorme cambiamento culturale? È semplicemente opera dell’attivismo omosessualista, oppure questo cambiamento è funzionale anche agli scopi di altre forze e poteri?
Nel febbraio dell’anno scorso Lloyd Blankfein, il numero uno della banca d’affari Goldman Sachs, è apparso in un video dell’associazione Human Rights dichiarando: «Sono il presidente e Ad [amministratore delegato] di Goldman Sachs – afferma – e sostengo da tempo l’uguaglianza nel matrimonio. Le imprese Usa hanno imparato da tempo che l’uguaglianza è una buona cosa per gli affari e che questa è la buona cosa da fare. Unitevi a me così come la maggioranza degli americani che sono a favore dei matrimoni gay» (e ovviamente il Corriere della Sera si è affrettato a divulgare queste importanti dichiarazioni).
Per quale motivo il presidente di Goldman Sachs, in piena crisi economica, sente l’impellente dovere di promuovere il “matrimonio” gay (e non altre cause umanitarie come, ad esempio, la tutela di anziani e disabili di fronte al diffondersi dell’eutanasia)? Forse gli attivisti omosessualisti sono solo strumenti inconsapevoli di altre e ben più grandi campagne ideologiche e politiche. Ma quali?
Ideologia totalitaria e relativista
Qualche tempo fa Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, ha intervistato Allan C. Carlson, statunitense esperto della famiglia, chiamato da Reagan nella Commissione per i bambini, direttore di riviste specialistiche e autore di diversi volumi sulla famiglia.
Alla domanda «Ma perché vogliono distruggere la famiglia?», Carlson ha risposto: «È il frutto dell’ideologia statalista che affonda le radici nella Rivoluzione francese e di cui si è fatto storicamente interprete il movimento socialista. Si vuole eliminare tutto ciò che sta tra il governo e l’individuo, per questo la famiglia fondata sul matrimonio – società autonoma e originale – è il nemico numero uno. Il modo più semplice per eliminare il matrimonio è allargarlo, assimilandovi altre forme di unione. Cancellando cioè il suo essere unico e speciale».
L’ideologia statalista, dunque, o forse meglio: totalitaria. Che si salda con la famosa «dittatura del relativismo» denunciata fin dal 2005 da papa Benedetto XVI: se non è conoscibile una verità sull’uomo, sulla donna, sul matrimonio, ecc., allora l’unico criterio della condotta umana diventa il desiderio: se io gay desidero lo stesso riconoscimento sociale dei coniugi, se desidero adottare come loro, se desidero… lo Stato mi deve accontentare. In questo modo, il desiderio diventa diritto. Ecco ciò che porta con sé il cavallo di Troia chiamato “matrimonio gay”.
Per saperne di più…
Marshall Kirk – Hunter Madsen, After the ball. How America will conquer its fear & hatred of Gays in the 90’s, Plume, New York 1989.
Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, 1999.
Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003.
Claudio Sabelli Fioretti, Gay, Molti modi per dire ti amo, Aliberti, 2007.