22 Febbraio 2021
Intervista per la newsletter allo storico Eugenio Capozzi. “Il relativismo radicale delle élite ci farà fagocitare da altre civiltà sempre più potenti, come quelle asiatiche, islamica e africane”
di Giulio Meotti
Eugenio Capozzi ha appena pubblicato “L’autodistruzione dell’Occidente. Dall’umanesimo cristiano alla dittatura del relativismo” (Giubilei Regnani Editore). Ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa” e già autore di “Politicamente corretto” (Marsilio), Capozzi è qui a colloquio per la newsletter.
Come siamo finiti in questa deliquescenza culturale?
L’autodistruzione dell’Occidente non è un “tramonto” nel senso di un invecchiamento biologico, come lo intendeva Oswald Spengler, ma appunto una attiva demolizione delle proprie fondamenta culturali e spirituali operato dagli occidentali stessi. E’ il frutto di un lungo processo storico-culturale attraverso il quale il patrimonio dell’umanesimo cristiano, nutrito dal razionalismo greco-romano e dalla concezione ebraica della storia, è stato corroso dall’avvento di una concezione “faustiana” e neo-gnostica dell’uomo in termini di pura potenza, che si è incarnata nello scientismo, nell’idea dello Stato-macchina, nel “biopotere”, nelle ideologie. La secolarizzazione è stata così non soltanto il rinnegamento del fondamento cristiano della civiltà, ma la sua sostituzione con religioni secolari neo-pagane e neo-tribali, l’ultima delle quali è il relativismo radicale oggi egemone tra le classi dirigenti.
Ma ha ancora significato la parola “Occidente”?
Assolutamente sì, come identità di civiltà, culturale e spirituale alternativa a quel relativismo, che si fonda proprio sull'”odio di sé” dell’Occidente veicolato dalle élites portatrici di una visione assolutamente “fluida” dell’individuo e della società. Da quando pensatori come Eric Voegelin, René Girard, Augusto Del Noce, Roger Scruton e, con cristallina chiarezza, Joseph Ratzinger, ci hanno ricordato quanto siano essenziali le nostre radici cristiane e ci hanno riconnesso all’essenza originaria dell’umanesimo abbiamo gli strumenti per essere più coscienti delle condizioni essenziali per l’esistenza di autentici diritti umani, del liberalismo e della democrazia, e possiamo concretamente pensare a ricostruire l’amore per ciò che siamo, e la consapevolezza dell’importanza del nostro patrimonio per l’umanità intera. Anche se non è per niente facile, perché bisogna sfidare l’ostracismo di una cultura mortifera dominante, molto radicata, monopolistica, che demonizza ferocemente ogni opposizione.
Subiremo l’onda lunga della pazzia anglosassone su tanti temi o noi mediterranei tutto sommato ci salveremo in qualche modo?
Direi che siamo ormai tutti sulla stessa barca. O l’Occidente si salva tutto insieme, recuperando i punti di connessione tra le sue varie espressioni e una mentalità in tutti i sensi “pro-life”, o è destinato a essere definitivamente marginalizzato e fagocitato da altre civiltà sempre più potenti, come quelle asiatiche, quella islamica e quelle africane. Anzi l’Europa è l’anello più debole della catena, il lato dell’Occidente oggi più esposto al disfacimento, per motivi economici, demografici, e culturali, visto che almeno nel mondo anglosassone il relativismo trionfante è ancora sfidato da una solida coscienza religiosa cristiana e dal conservatorismo libertario.
Come si prospetta nei prossimi anni, come oggi ma un po’ peggio, o vedremo una accelerazione del disastro?
L’accelerazione è già in atto dall’inizio dell’epoca della globalizzazione. La rapida ascesa cinese ha sfidato radicalmente ciò che ancora sussisteva della supremazia statunitense e ha posto direttamente sotto attacco l’Europa, sempre più avvolta in una spirale decrescitista e incapace di contrapporre ad essa – come a Russia e India – una sua identità forte. La crisi innescata dal Covid ha ulteriormente accentuato il declino: solo in Europa occidentale siamo ancora paralizzati dai lockdown e dalla recessione, mentre il resto del mondo è già ripartito, o non si è mai fermato. L’Unione europea si è dimostrata un progetto verticistico, dirigista e inefficiente. Rischiamo un collasso dalle conseguenze epocali: una diaspora vera e propria dell’identità continentale.
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