I dati sulla presenza islamica sono resi noti postulando che l’emigrazione in Italia da un determinato Paese si divida fra le varie appartenenze religiose in proporzione alle appartenenze religiose in quel Paese secondo le statistiche ufficiali. Ma non è proprio così.
di Massimo Introvigne
Si legge spesso che l’Italia ospita un milione di musulmani: una bella cifra tonda, che si ricorda facilmente. Ma una cifra, probabilmente, eccessiva.
Il punto di partenza per qualunque statistica è il rapporto sull’immigrazione pubblicato annualmente dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes. L’edizione 2004 fornisce il dato di 2.600.000 immigrati regolari presenti in Italia. In testa, grazie alle scelte politiche in tema di regolarizzazioni, c’è ora la Romania con 239.000 presenze, seguita dall’Albania con 233.000, dal Marocco con 227.000, dall’Ucraina con 112.000, dalla Cina con 100.000. Ci sono 60.000 tunisini regolari, 48.000 senegalesi , 45.000 egiziani e 30.000 pakistani.
Quanto alla religione, tra gli immigrati il 33% sarebbe musulmano, il 22,6% cattolico, il 20,3% ortodosso, con le altre religioni molto distanziate. Tra i soli immigrati regolari, i musulmani sarebbero quindi 723.000 e gli ortodossi 527.800. La Caritas ritiene di dovere aggiungere a questi totali un 24,45% di clandestini, arrivando così a una stima di circa 900.000 musulmani, comprendendo i convertiti italiani (e 656.000 ortodossi).
C’è però un problema. A questi dati si arriva postulando che l’emigrazione in Italia da un determinato Paese si divida fra le varie appartenenze religiose in proporzione alle appartenenze religiose in quel Paese secondo le statistiche ufficiali. Così se nel Paese A ci sono secondo le statistiche governative il 40% di ortodossi e il 10% di musulmani, si assume che per ogni cento emigrati dal Paese A in Italia ci siano quaranta ortodossi e dieci musulmani.
Ma è praticamente certo che questo dato sovrastima le minoranze religiose, non solo perché nei Paesi dove esiste una minoranza cattolica (magari perseguitata) questa è spesso più portata e emigrare in Italia, ma soprattutto perché le statistiche ufficiali fornite dai governi sono raramente affidabili. Molti governi dell’Est europeo sovrastimano gli ortodossi e sottostimano i non religiosi (che non sono necessariamente atei).
Alcuni governi di Paesi musulmani (un caso noto è l’Egitto) diffondono statistiche che sottostimano le minoranze religiose a vantaggio dell’islam. Errori di calcolo si sovrappongono in questi casi a ragioni politiche e a definizioni vaghe di appartenenza a una religione, comunque diverse da quelle che prevalgono nella statistica religiosa accademica.
Inoltre, anche se l’influenza di processi di secolarizzazione e di conversione religiosa fra gli immigrati non deve essere sottovalutata, vi sono un certo numero di musulmani o di ortodossi che arrivati in Italia abbandonano completamente la loro identità religiosa ovvero aderiscono a una nuova religione. Per esempio, il numero di Sale del Regno dei Testimoni di Geova di lingua araba, romena e così via riservate ai convertiti immigrati è in costante aumento in tutte le principali città italiane.
Per questo motivo, sembra prudenziale ritenere i dati Caritas sovrastimati in ragione di questi fattori di un buon 25% per gli ortodossi (assai più sopravvalutati nelle statistiche dei Paesi di origine di quanto non avvenga per i musulmani, in quanto l’irreligione o il “credere senza appartenere” sono senz’altro più diffusi nei Paesi dell’Est europeo rispetto ai Paesi a maggioranza islamica) e di un 10% per i musulmani. Se ne dovrebbe concludere che (compresi i cittadini italiani) gli ortodossi siano circa 480.000, e i musulmani circa 810.000. Molti, ma meno del famoso milione di cui si parla.