La Verità 18 Maggio 2021
Pubblicato in Francia il clamoroso rapporto sulla diffusione del pensiero unico progressista negli atenei La militanza si sostituisce alla ricerca. E chi non si allinea viene oscurato «come in Corea del Nord»
Nel prestigioso Istituto :di studi politici di Parigi, noto nel mondo come, Sciences Po, la futura classe dirigente francese può frequentare 5 corsi sulla gestione delle comunità locali, e ben 25 sui temi gender. L’Università di Parigi cerca docenti che si occupino di «storia e pratiche decoloniali», «espansione imperialista», «questioni di genere», «storia e salute ambientale in relazione alla decolonizzazione».
All’università Paris 13 il radicale musulmano Aissam Ait-Yahyaviene invitato a spiegare che la democrazia consiste nella «salvaguardia dei diritti delle minoranze», anche se vanno contro alle istanze della maggioranza, in un’altra università si presentano tesi di laurea che si propongono di«esplorare i legami tra due gruppi multi-minorizzati, le donne indigene del Canada e gli animali con cui vivono», nel quadro di un «pensiero eco-femminista».
C’è persino una facoltà di sociologia (a Paris 5) che ha accolto una tesi sulla «auto-etnografia della, flatulenza». Questi sono alcuni esempi, ma si potrebbe continuare a lungo, in un meraviglioso fiorire di «patriarcato capitalista», «razzializzazione», «frustrazione relativa» …
Quello che abbiamo appena citato è ciò che emerge dal Rapporto sulle manifestazioni ideologiche nell’Università e nella Ricerca realizzato dall’Observatoire du decolonialisme francese e anticipato dalla rivista Le Point. Si tratta, in buona sostanza, di una analisi molto approfondita di ciò che viene insegnato all’interno delle università francesi, con particolare attenzione alle discipline umanistiche e alle scienze sociali.
Il risultato è un ritratto sconfortante dell’ambiente accademico, che fa dire agli autori della ricerca: «L’università è oggi teatro di un confrontò ideologico condotto dai sostenitori della decostruzione contro l’istituzione stessa». Già si stanno diffondendo a macchia d’olio visioni ideologiche che vanno a «toccare la definizione stessa delle scienze e dei saperi», dilaga un «attivismo ammantato di scientificità».
Tradotto, significa che nelle università si fabbrica a ritmi sostenuti un pensiero che mira sostanzialmente alla distruzione della cultura francese ed europea. L’idea di realizzare uno studio del genere è stata partorita, alcuni mesi fa, dal Ministro dell’Istruzione superiore francese, Frédérique Vìdal. Quest’ultima si è rivolta al Cnrs (Centro nazionale per la ricerca scientifica) chiedendo che realizzasse una ricerca sulla diffusione dell’«islamo-gauchisme» nelle università, «in modo che si possa distinguere cosa è ricerca accademica e cosa è, appunto, mìlitantismo o opinione».
«Islamo-gauchisme» (in francese, ‘gauche’ significa ‘sinistra’) è un termine molto noto in Francia (meno da noi, purtroppo), coniato all’inizio degli anni Duemila dal celebre studioso Pierre-Andre Taguieff per designare «un’alleanza militante tra ambienti islamisti e ambienti di estrema sinistra, in nome della causa palestinese, eretta come nuova causa universale».
Col tempo, il concetto si è evoluto, e viene spesso utilizzato per indicare quei settori della cultura progressista che si occupano di antirazzismo, decolonizzazione, tematiche di genere, immigrazione, rapporti con l’islam. Per andare con l’accetta, potremmo dire che gli «islamo-gauchistes» sono gli intellettuali di sinistra ossessionati dalle minoranze, dalla «cancel-culture», dall’oppressione patriarcale, dal razzismo sistemico e da tutte queste belle idee di importazione statunitense (anche se nate proprio in Francia alla fine degli anni Sessanta, come ha ben spiegato il filosofo Pascal Bruckner).
Quando il ministro Vidal ha chiesto che si indagasse sulla penetrazione di questo . pensiero (che è poi il pensiero dominante) nelle accademie, il Cnrs ha risposto sdegnato: la definizione di «islamo-gauchisme» non è scientifica, ha fatto sapere, dunque non si possono fare studi sull’argomento. Intellettuali, politici e giornalisti si sono sollevati. In centinaia hanno firmato una durissima lettera di protesta indirizzata alla Vidal, altri hanno iniziato a parlare di «nuovo maccartismo».
Così ad approfondire il tema ci ha pensato l’, con un obiettivo molto chiaro: «A differenza di coloro che ci attaccano, non portiamo avanti alcuna causa, non impediamo conferenze, non molestiamo i colleghi, fino a quando non si spezzano, non pratichiamo la cancel-culture», ha detto Xavìer-Laurent Salvador, cofondatore dell’organizzazione.
«Vogliamo semplicemente che il mondo accademico, i politici e il pubblico in generale siano in grado di fare il punto su questo fenomeno militante, nel quadro dì un dibattito equo». Il fatto è che in Francia molti osservatori -ma pure una buona fetta dell’opinione pubblica- ha iniziato a capire che qualcosa non va. Il campanello d’allarme lo ha fatto suonare, ormai qualche anno, l’esplosione del radicalismo islamico, che è stato di fatto protetto se non coccolato da una bella fetta della classe intellettuale.
La stessa che porta avanti le istanze di ogni minoranza disponibile sul mercato buonista. Chi non segue la corrente, viene emarginato. «La maggior parte di questa nuova ricerca si presenta come aperta al dibattito, ma rifiuta discutere nel merito nozioni come decolonialismo o identità di genere», dice lo. scrittore e accademico Pierre Jourde. «I simposi su questi temi assomigliano alle; assemblee, nordcoreane dove tutti sono d’accordo».
«Gli studenti che hanno fatto la tesi con me sono sicuri che non avranno alcun incarico alla fine degli studi superiori, a meno che non abiurino. Perché negli studi di “Medio Oriente e Mediterraneo” oggi i fatti non contano più, ciò che conta è la visione del mondo che sì difende», dichiara il celeberrimo Gilles Kepel, uno degli studiosi che più si sono spesi nel denunciare ‘«islamo-gauchisme».
Se pensate che si tratti di uni fenomeno esclusivamente francese, vi sbagliate di grosso. Anche da noi abbondano i segnali poco incoraggianti… Giorni fa abbiamo mostrato quale fosse l’orientamento politico di buona parte dei professori scelti dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, per costituire la commissione che dovrebbe controllare i programmi di Storia delle scuole: c’era l’insegnante che rideva di Giorgia Meloni a testa in giù, quello che paragonava Matteo Salvini a Hitler…
Anche qui il politicamente corretto ha da tempo iniziato a infettare l’Accademia e, più in generale, il dibattito mediatico e intellettuale. Esponenti del Pd chiedono la censura del festival Todi Città del Libro, considerato «troppo sovranista», dunque «fascista». Chiunque osi criticare il ddl Zan, anche in Parlamento, viene vilipeso e insultato (intellettuali femministe e lesbiche comprese). In compenso in Tv si moltiplicano i difensori d’ufficio dell’islam nel caso Saman.
Insomma, il clima è pessimo. Solo che noi, a differenza dei francesi, facciamo fìnta che il problema non ci sia, ed evitiamo di indagare. Oltralpe sono stati più coraggiosi: hanno affrontato di petto la questione. E hanno ottenuto le prove di ciò che già si poteva intuire: se non sarà fermata, l’ondata ideologica finirà per cancellare la cultura europea.