La Croce quotidiano 4 luglio 2017
Papa Francesco ha congedato a scadenza del suo primo mandato quinquennale il noto cardinale tedesco alla guida dell’ex Sant’Uffizio e, subito, si sono scatenate polemiche e dietrologie sulla scelta di questo mancato rinnovo. Al suo posto, però, il Pontefice ha nominato come prefetto monsignor Ladaria Ferrer, da oltre vent’anni in servizio presso l’importante Congregazione vaticana nella quale, scelto da Benedetto XVI, già dal 2008 è il “numero 2”. Questo teologo gesuita, attualmente riconosciuto tra i maggiori conoscitori mondiali di patristica e dell’opera di Sant’Ilario di Poiters, è inoltre definito da molti come un “conservatore”
di Giuseppe Brienza
Da ieri il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale è Luis Francisco Ladaria Ferrer, teologo gesuita di lungo corso (73 anni), arcivescovo titolare di Tibica e, già dal 2008, “numero 2” dell’ex Sant’Uffizio, scelto da Benedetto XVI. Mons. Ladaria Ferrer prende il posto in tutti gli incarichi precedentemente rivistiti del card. Gerhard Ludwig Müller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg, 70 anni a dicembre, giunto alla conclusione del suo primo mandato quinquennale (2012-2017).
La mancata conferma del noto cardinale tedesco, inconsueta per la carica di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha subito scatenato polemiche e dietrologie in quanto, a torto o a ragione, Müller è stato finora considerato un “paladino” dello schieramento tradizionalista critico e, talvolta, malevolo, nei confronti di Papa Bergoglio. Il fatto di aver «cercato di interpretare l’Amoris laetitia secondo un’ermeneutica di continuità con la Tradizione della Chiesa», cioè l’Esortazione Apostolica pubblicata il 19 marzo 2016 a seguito del Sinodo sulla famiglia, «è bastato per annoverarlo tra i critici del nuovo corso imposto da papa Bergoglio» (Roberto de Mattei, Cardinale dissenziente, in “Il Tempo”, 2 luglio 2017).
Probabilmente è stata piuttosto l’esposizione mediatica di Müller e il suo atteggiamento nel “caso Collins” a indurre Papa Francesco al suo avvicendamento.
Per quanto riguarda il primo motivo, giustamente il Santo Padre vorrebbe continuare ad avere, come è stato per i suoi predecessori, una personalità riservata e non strumentalizzabile alla guida di un organismo così delicato come l’ex Sant’Uffizio. Lo stesso Müller, da quanto appreso da fonti ufficiose, ha rinunciato a qualsiasi altro incarico proposto dal Pontefice con l’intenzione di ritirarsi “a vita privata” in Germania.
Chissà se per lui, chiudendosi ora questa porta, si potrà un domani aprire un portone, magari di bronzo… Non è comunque mai accaduto che un cardinale lontano oltre cinque anni dall’età canonica del pensionamento (75 anni) non sia stato rinnovato per un secondo quinquennio.
Per quanto riguarda il secondo possibile motivo dell’avvicendamento del cardinale tedesco, vale a dire il “caso” di Marie Collins, si tratta del conflitto che ha avuto protagonista il card. Müller con questa qualificata componente della Commissione istituita in favore delle vittime degli abusi da parte di chierici, presieduta dal cardinale Sean O’Malley, nel momento in cui essa ha rassegnato le sue dimissioni il 1º marzo scorso giudicando rallentata e manchevole l’attività di quest’organismo fortemente promosso da Papa Francesco per la causa della tutela dei minori.
Mentre l’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha assunto una posizione critica verso questa funzionaria, Bergoglio ne ha assunto le difese proponendogli prima di continuare a collaborare con la Pontificia Commissione per la tutela dei minori e, dopo le sue dimissioni, offrendogli di apportare il suo contributo alla Curia Romana almeno nel campo dell’educazione e della formazione dei responsabili ecclesiali, in particolare dei nuovi vescovi e del personale dei dicasteri della Santa Sede.
Interrogato di recente da Joshua McElwee, del «National Catholic Reporter», sul caso delle dimissioni della Collins da membro della Pontificia commissione per la tutela dei minori, Papa Francesco l’ha definita «una brava donna, che vuole lavorare». Nel colloquio con i giornalisti durante il volo di rientro a Roma dal pellegrinaggio a Fátima (13 maggio 2017), il Pontefice si è espresso persino sul merito delle pesanti accuse mosse dalla Collins, riconoscendo che in questo «un po’ di ragione ce l’ha. […] Perché ci sono tanti casi in ritardo, perché si ammucchiavano… […] Marie Collins in quel punto aveva ragione; ma noi, anche, eravamo sulla strada. Ma ci sono duemila casi ammucchiati!» (cit. in “L’Osservatore Romano, 15-16 maggio 2017, p. 8).
Prima di lui anche il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin aveva espresso comprensione sulle clamorose dimissione della Collins, affermando a margine del recente incontro nel seminario arcivescovile di Firenze che «ci sono stati alcuni episodi che hanno portato la signora Collins a questo passo: per quello che io conosco, lei li ha interpretati così e ha sentito che l’unica maniera di reagire, anche un po’ per scuotere l’albero, era quella di dare le dimissioni» (cit. in “L’Osservatore Romano”, 4 marzo 2017, p. 8).
Il card. Müller era stato nominato da Papa Benedetto XVI Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede il 2 luglio 2012 e, nel settembre 2013, era stato pure confermato subito dopo la sua elezione al soglio pontificio da Papa Francesco. Bergoglio, però, allo scadere esatto del suo primo mandato di 5 anni, non gli ha voluto rinnovare l’incarico, pur ricevendolo personalmente e ringraziandolo per il suo operato.
Ma la scelta di mons. Ladaria Ferrer non ha nulla di “repressione” o “normalizzazione”, perché la nomina del gesuita a nuovo Prefetto della Congregazione appare piuttosto nel segno della piena continuità con i pontificati precedenti. Innanzitutto perché il teologo originario di Manacor, nell’isola di Maiorca, è “romano” da molti e molti anni. È arrivato infatti alla Pontificia Università Gregoriana fin dal 1973 e, d’allora, risiede per molti mesi nella Città Eterna, conosciuto nei circoli romani come un teologo “conservatore”.
Uno dei suoi maestri alla Gregoriana che l’hanno affiancato pure alla Congregazione per la Dottrina della Fede come Segretario (dal 1985 al 2005 era stato anche “braccio destro” dell’allora prefetto card. Joseph Ratzinger) è stato per esempio il card. Karl Joseph Becker S.I. (1928-2015).
L’anziano gesuita, alla domanda su cosa significhi per lui essere teologo e consultore dell’importante Congregazione vaticana, ha risposto in questi termini: «Ogni teologo deve essere conservatore per essere innovatore. E questo in un senso preciso: deve rimanere ancorato alla fede cattolica, non metterla in discussione quasi fosse un’opinione. Tuttavia ogni teologo deve anche sforzarsi di capire l’altro che non condivide la sua stessa posizione. Deve avere un saldo principio: anche in una posizione erronea può talora esserci una qualche intuizione della verità, ed è precisamente questa verità nella sua interezza che si deve cercare e trovare» (cit. in Paolo Pegoraro, “Il coraggio di cercare e trovare la fede. A colloquio con il cardinale Karl Joseph Becker S.I.”, in “agenzia Zenit”, 27 aprile 2012).
La nomina di mons. Ladaria appare infine in piena conformità con la consuetudine consolidata nella Congregazione della Fede perché, ad imitazione dei cardinali Ratzinger e William Levada, suoi predecessori prima di Müller e, quindi, di tutta la schiera dei responsabili nei secoli passati dell’ex Sant’Uffizio, mons. Ladaria ha tutta l’intenzione di non esporsi troppo in pubblico, lavorare sodo e con discrezione e apparire quindi quasi per nulla sui media.
Conseguita nel 1966 la Laurea in Giurisprudenza all’Università di Madrid, Ladaria Ferrer è entrato nello stesso anno nella Compagnia di Gesù. Ha compiuto quindi studi di Filosofia e Teologia all’Università Pontificia madrilena di Comillas e presso la Philosophisch-theologische Hochschule Sankt Georgen (a Francoforte). Ordinato sacerdote nel 1973, ha conseguito il Dottorato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana divenendo poi docente di Teologia dogmatica all’Università Pontificia Comillas e, in seguito, ordinario di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana, della quale è stato anche vice-rettore.
Riconosciuto come tra i maggiori conoscitori mondiali dell’opera e della vita del vescovo e teologo Ilario di Poitiers (315-367), Ladaria ha scritto opere magistrali sullo Spirito Santo e sulla cristologia in sant’Ilario, tradotto con note i suoi “De Trinitate” e “In Matthaeum” nella collana spagnola equivalente a quella francese delle “Sources Chrétiennes” e, infine, consacrato un intero dizionario all’opera fondamentale di questo autore della patristica cristiana. «Chi si impadronisce del vescovo di Poitiers – ha scritto in proposito il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede -, ha già fatto molta strada nella patristica. Molto di più che se estendesse il campo di studio a tutti gli altri Padri occidentali simultaneamente (a parte sant’Agostino)».
Definito così «uno degli attuali migliori specialisti del vescovo di Poitiers» (Philippe Curbelié, Creazione e nuova creazione, in “L’Osservatore Romano”, 16-17 gennaio 2012, p. 4), mons. Ladaria è stato membro dal 1992 al 1997 della Commissione teologica internazionale e, dal 2004, ne è divenuto segretario generale. Nel 1995 è stato nominato da San Giovanni Paolo II consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede nella quale è stato promosso, per scelta personale di Benedetto XVI, segretario nel 2008.
Non a caso all’arcivescovo gesuita è stato dato nell’aprile 2012 l’incarico di presentare davanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali la figura di Cristo come emerge dalle pagine del “Gesù di Nazaret” di Ratzinger (cfr. La ricerca globale della pace, in “L’Osservatore Romano”, 28 aprile 2012, p. 8) e, nel giugno 2013, quello di illustrare la traduzione in spagnolo del secondo volume dell’Opera omnia di Benedetto XVI (cfr. Marta Lago, Anche in spagnolo l’opera omnia di Ratzinger. Per capire il presente a partire da san Bonaventura, in “L’Osservatore Romano”, 14 giugno 2013, p. 5).
Nell’agosto 2014 Papa Francesco l’ha nominato, «teologo fra canonisti», membro della neo-istituita “Commissione speciale di studio per la riforma del processo matrimoniale canonico” e, nell’agosto 2016, presidente della “Commissione di studio sul Diaconato delle donne”. In quest’ultima occasione, parlando ai microfoni della Radio Vaticana, il gesuita ha sottolineato che, volontà del Pontefice nell’istituzione di tale nuovo organismo, è quella di studiare il modo di consentire che «il ruolo delle donne sia sempre più valorizzato» in ambito ecclesiale, soprattutto perché la Chiesa «deve trovare il modo di farsi sempre più presente» nella società e, per far ciò, «la presenza della donna può essere decisiva» (cit. in Alessandro Gisotti, Papa nomina Ladaria prefetto Dottrina Fede. Succede al card. Müller, in “Radio Vaticana.it”, 1° luglio 2017).
Anche in questo caso l’intenzione del Santo Padre non è quella di innovare ma «compiere uno studio oggettivo sulla situazione nei primi tempi della Chiesa». Riunitasi per la prima volta il 25 novembre scorso sotto la presidenza di mons. Ladaria, la Commissione che si riunisce significativamente presso la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha cominciato a analizzare e discutere in plenaria le fonti storiche che confermano la presenza di donne diacono in diverse aree geografiche dalle origini della Chiesa fino al VII secolo.
L’ampio spazio dedicato alle fonti storiche dipende appunto dall’importanza che assume il ricorso alla “tradizione” quando si parla di donne e diaconìa (ricordiamo che il diaconato è il primo grado dell’ordine sacro, seguito dal sacerdotale ed episcopale). Non si può infatti negare l’esistenza di “diaconesse” nell’antichità ma, sulla questione della valutazione della loro presenza e significato in ambito prettamente ecclesiale dovrà rispondere ora la Commissione nominata da Papa Francesco.
Da ieri questa qualifica ulteriormente la sua composizione essendone divenuto presidente l’attuale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ma, sulla potenziale sua portata novatrice, occorre comunque tenere presente che, durante una recente sessione del Sinodo della Famiglia (ottobre 2015), parlando dell’istituzione del diaconato femminile la relativa proposta dell’arcivescovo canadese monsignor Paul-André Durocher non ebbe grande eco in aula.