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Come si è visto, il giudizio positivo sull’esperimento americano non ne trascura le ombre, presenti almeno sotto forma di ambiguità fin dalle sue origini storiche. L’individualismo, che fa parte integrante dell’esperienza americana, rischia di manifestarsi in tutti gli ambiti della vita religiosa e sociale come privatizzazione, con conseguente separazione fra fede e vita, fra fede e cultura, fra fede e società.
La consapevolezza di come la storia americana consista di ombre e luci è la premessa perché l’aspetto «fondamentale e positivo» dell’ethos americano possa essere riaffermato attraverso un’azione che il Pontefice definisce esplicitamente come apologetica.
«Il secolarismo sfida la Chiesa a riaffermare e a perseguire ancor più attivamente la sua missione nel e al mondo. Come è stato reso chiaro dal Concilio, i laici a questo riguardo hanno una responsabilità particolare. Sono convinto che ciò di cui vi è bisogno sia un maggior senso del rapporto intrinseco fra il Vangelo e la legge naturale da una parte, e il perseguimento dall’altra dell’autentico bene umano, come viene incarnato nella legge civile e nelle decisioni morali personali. In una società che giustamente tiene in alta considerazione la libertà personale, la Chiesa deve promuovere ad ogni livello i suoi insegnamenti – nella catechesi, nella predicazione, nell’istruzione seminaristica ed universitaria – un’apologetica tesa ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione, ed una sana comprensione della libertà, vista in termini positivi come liberazione sia dalle limitazioni del peccato che per una vita autentica e piena. In una parola, il Vangelo dev’esser predicato ed insegnato come un modo di vita integrale, che offre una risposta attraente e veritiera, intellettualmente e praticamente, ai problemi umani reali» (Benedetto XVI 2008d).
In particolare Benedetto XVI richiama tre ambiti. Il primo è il recupero di una profonda dimensione di preghiera e di una prassi sacramentale conforme alle regole della Chiesa quanto in particolare alla penitenza. «La forza liberatrice di questo Sacramento, nel quale la nostra sincera confessione del peccato incontra la parola misericordiosa di perdono e di pace da parte di Dio, ha bisogno di essere riscoperta e fatta propria da ogni cattolico. In gran parte il rinnovamento della Chiesa in America e nel mondo dipende dal rinnovamento della prassi della penitenza e dalla crescita nella santità: ambedue vengono ispirate e realizzate da questo Sacramento» (Benedetto XVI 2008e).
Il secondo è l’ambito dell’educazione. Nel valorizzare il vasto tessuto di scuole e università cattoliche presenti negli Stati Uniti, frequentate da oltre tre milioni di studenti, il Papa rileva però che queste hanno un senso e un significato solo se mantengono la loro specificità cattolica.
«La stessa dinamica di identità comunitaria – a chi io appartengo? – vivifica l’ethos delle nostre istituzioni cattoliche. L’identità di un’Università o di una Scuola cattolica non è semplicemente una questione di numero di studenti cattolici. È una questione di convinzione – crediamo noi veramente che solo nel mistero del Verbo fatto carne diventa veramente chiaro il mistero dell’uomo (cfr Gaudium et Spes 22)? Siamo noi veramente pronti ad affidare il nostro intero io – intelletto e volontà, mente e cuore – a Dio? Accettiamo noi la verità che Cristo rivela? Nelle nostre università e scuole la fede è “tangibile”? Le viene data fervida espressione nella liturgia, nei sacramenti, mediante la preghiera, gli atti di carità, la sollecitudine per la giustizia e il rispetto per la creazione di Dio? Solo in questo modo noi rendiamo realmente testimonianza sul senso di chi noi siamo e di ciò che noi sosteniamo» (Benedetto XVI 2008f).
Se la scuola cattolica non è cattolica, non può che patire una crisi d’identità: «alcuni pongono oggi in questione l’impegno della Chiesa nell’educazione, chiedendosi se le sue risorse non potrebbero essere meglio impiegate altrove» (Benedetto XVI 2008f). Non è il punto di vista del Papa, che rivolge invece «uno speciale appello ai religiosi, alle religiose ed ai sacerdoti: non abbandonate l’apostolato scolastico; anzi, rinnovate la vostra dedizione alle scuole» (ibidem). Ma alla condizione che «gli insegnanti abbiano una chiara e precisa comprensione della specifica natura e del ruolo dell’educazione cattolica» (ibidem).
Il terzo aspetto sottolineato dal Papa è il recupero del senso dello stupore di fronte alla grazia, e del senso della bellezza.
«A volte siamo considerati persone che parlano soltanto di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel Dio che conosciamo e amiamo come un amico, davanti alla vastità della sua creazione e alla bellezza della nostra fede cristiana» (Benedetto XVI 2008n).
Uno dei rischi che corre la società americana – e che fa correre al mondo, dal momento che gli Stati Uniti sono il maggiore produttore di una cultura popolare esportata ovunque attraverso la letteratura, la televisione e il cinema – è costituito dall’«involgarimento delle relazioni sociali» (Benedetto XVI 2008e).
Contro questo rischio, consapevole che si tratta di remare controcorrente rispetto alla mentalità dominante, Benedetto XVI ricorda che c’è una bellezza nell’autorità, nell’ordine, nella gerarchia. «“Autorità”… “obbedienza”. Ad essere franchi, queste non sono parole facili da pronunciare oggi. Parole come queste rappresentano una “pietra d’inciampo” per molti nostri contemporanei, specie in una società che giustamente dà grande valore alla libertà personale. Eppure, alla luce della nostra fede in Gesù Cristo – “la via, la verità e la vita” – arriviamo a vedere il senso più pieno, il valore e addirittura la bellezza, di tali parole» (Benedetto XVI 2008o).
In questo senso è più di una mera curiosità l’appassionata difesa dell’architettura neo-gotica della cattedrale di Saint Patrick a New York, un’architettura che si ripresenta in tante cattedrali e chiese degli Stati Uniti e che spesso si tende a svalutare come mera imitazione del Medioevo separata dalle tendenze principali dell’arte moderna.
Anzitutto, nota Benedetto XVI, «come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione. Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio?» (Benedetto XVI 2008m).
In secondo luogo, «le finestre con vetrate istoriate […] inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a[l narratore romantico] Nathaniel Hawthorne [1804-1864] – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito» (ibidem).
Molti hanno notato il fascino che tutto quanto è medioevale esercita sull’opinione pubblica degli Stati Uniti. Il dibattito su questo fascino riproduce, in fondo, quello sulle origini degli Stati Uniti. Per chi pensa che gli Stati Uniti siano una nazione che nasce da una profonda esperienza religiosa, la passione per il Medioevo, se non ha sempre prodotto opere d’arte di particolare valore, manifesta però la volontà di ricollegarsi alle radici cristiane più antiche, quelle europee.
Chi invece per ragioni ideologiche vuole vedere nell’esperienza americana delle origini solo l’individualismo e il razionalismo denuncerà questo gusto statunitense come kitsch o anacronismo, sulla scia di A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court (Twain 1889), il romanzo satirico profondamente anti-medioevale di un cantore dell’ethos americano nella sua presunta versione non religiosa e anticlericale, Mark Twain (pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens, 1835-1910).
Quando si accosta l’aggettivo «americano» al sostantivo «gotico» viene anche in mente anche quello che molti considerano il quadro «nazionale» degli Stati Uniti, American Gothic, dipinto nel 1930 da Grant Wood (1891-1942). Il quadro è stato ammesso nel canone «politicamente corretto» dell’arte americana sostenendo che Wood volesse denunciare il carattere malinconico e ipocrita del «Medioevo» in cui ancora vivevano i contadini degli Stati Uniti del suo tempo, mentre è assai più probabile che l’artista considerasse quegli stessi contadini come portatori di valori apprezzabili e positivi (Biel 2005).
La scelta per Saint Patrick del «puro stile gotico» (Benedetto XVI 2008m) da parte dell’arcivescovo John Hughes (1797-1864) non fu, secondo Benedetto XVI, casuale. L’arcivescovo «voleva che questa cattedrale ricordasse alla giovane Chiesa in America la grande tradizione spirituale di cui era erede» (ibidem).
La scelta neo-gotica mirava precisamente a sottolineare la continuità fra la storia cristiana della giovane nazione americana e quella secolare dell’Europa. Benedetto XVI – intervenendo sulla questione del gusto medievalista e neo-gotico nella cultura americana – certamente non si pone dal punto di vista del critico d’arte, ma sceglie piuttosto di valorizzarne la dimensione spirituale, e l’aspirazione soggiacente a inserirsi nella «grande» storia della cristianità.
Anche il neo-gotico e la presenza del fascino per il Medioevo nella popular culture americana richiamano il concetto di Magna Europa. E l’accostamento singolarmente favorevole del Pontefice a questo gusto, pure controverso, ribadisce il giudizio positivo – che non ignora le ombre, ma sceglie anzitutto di valorizzare le luci – su una nazione, sulle sue origini e su una sostanziale continuità con l’Europa cristiana che pretestuose riletture ideologiche della storia vorrebbero oggi ostinatamente negare.
Riferimenti
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(A.C. Valdera)