da Tempi 13 novembre 2018
Ogni anno, in cima alle classifiche di Eduscopio ci sono istituti che si rifanno alla passione educativa di don Giussani. L’imbarazzo del Corriere
Emanuele Boffi
Ogni volta che escono le classifiche sulle scuole della Fondazioni Agnelli, mi viene in mente Paolo Villaggio. Sapete cos’è Eduscopio, ormai è da qualche anno che in cima alla lista delle scuole migliori, soprattutto nella zona di Milano, compaiono alcuni istituti paritari. E non si tratta di paritarie qualunque, ma di istituti che esplicitamente (Sacro Cuore) o implicitamente (Alexis Carrel e don Gnocchi) trovano la loro origine nel carisma e nella passione educativa di don Luigi Giussani.
PARLARE D’ALTRO
E qui nasce l’imbarazzo. Come testimonia non solo quella cronaca del Corriere della Sera di cui vi abbiamo già parlato, ma anche la risposta che sabato 10 novembre Giangiacomo Schiavi (firma storica del Corsera) ha dato a una lettrice che si lamentava di quello strano modo di presentare i risultati di Eduscopio.
Riporto la lettera e l’evasiva risposta di Schiavi:
Gentile Schiavi, sul Corriere di giovedì 4 novembre è apparsa la graduatoria dei migliori licei cittadini a cura della Fondazione Agnelli. Primo tra i licei classici a Milano è il liceo paritario Alexis Carrel, seguito dal Sacro Cuore e da altri licei statali come Berchet e Carducci. Nel dare la notizia, nell’articolo è stato ha sottolineato come la quota del liceo Alexis Carrel ammonti a 4.900 euro all’anno, avvallando implicitamente l’equazione «Scuola di eccellenza uguale scuola per ricchi».
Per amore di completezza, mi permetto di osservare che uno studente di scuola superiore statale costa allo stato circa 8mila euro annui (secondo la valutazione Ocse) e che tale costo vien pagato con le tasse di tutti i cittadini italiani, i quali pensano erroneamente che la scuola statale sia gratuita. È bene ricordare che le scuole paritarie (pubbliche a tutti gli effetti) hanno un costo per alunno nettamente inferiore a quello della scuola Statale (circa la metà).
Aggiungo una ultima osservazione: mentre ogni giorno ci lamentiamo raccontando fatti e misfatti dei giovani, chiediamoci anche quanto teniamo veramente alla loro educazione. Se vogliamo più qualità per la formazione dei giovani dobbiamo dedicare più risorse alla scuola in termini di competenze, responsabilità, merito e, perché no, anche in termini di soldi. Allora potremmo forse chiamare tale investimento un buon «reddito di civiltà»…
Marinella Cremaschi
con altre mamme
Gentile Marinella, mi sembra appropriato chiamare l’investimento sull’educazione scolastica «reddito di civiltà». Ma non basta aumentare gli stanziamenti, bisogna anche alzare la qualità dell’insegnamento. La classifica ci dice che non basta più il nome blasonato di un liceo a fare la differenza: è la capacita di creare percorsi di studio tarati sui singoli allievi, sulle individualità, sul talento, sulla creatività. Ci sono esperienze riuscite che costano fatica e impegno agli insegnanti, nel privato e nel pubblico.
Non tutti possono permettersi una retta da 4.900 euro, ma nella scuola pubblica si tende a svalutare l’investimento dello Stato, che giustamente lei ricorda: bisogna farlo fruttare. L’insegnamento personalizzato, come auspica la moglie di Steve Jobs, è un traguardo per tutti: perché la scuola resta l’occasione di far fare un passo avanti a chi è nato indietro. È anche l’antidoto all’imbarbarimento culturale e civile. La strada giusta per costruire una cittadinanza che oggi non c’è: quella digitale.
VALUTARE UNA SCUOLA
So per certo che nessuno dei dirigenti delle tre scuole paritarie summenzionate ritiene che le classifiche di Eduscopio siano la Verità con la V maiuscola. Il valore di una scuola non si misura solo attraverso il successo dei suoi alunni. Esistono tanti fattori imponderabili che non possono rientrare in una classifica. Come ha scritto correttamente Marco Lepore su tempi.it lo scopo di una scuola «è anzitutto educativo, prima che didattico, ed è estremamente difficile, se non impossibile, sapere se – e quando – quello che viene seminato oggi, si tradurrà in “risultati”».
VECCHIA LOGICA
Le classifiche di Eduscopio restano tuttavia un indicatore utile, un suggerimento. Ma pare che sia proprio questo che non va giù al Corriere e a suoi giornalisti e a tutto quel mondo che ancora vive della vecchia logica che solo statale è pubblico, che le paritarie sono scuole per ricchi, che sono tutte dei diplomifici dove basta pagare per essere promossi.
SARÀ MICA DI CL, LEI?
E allora perché mi viene in mente Paolo Villaggio? Perché c’è un vecchio film di Lina Wertmüller in cui Villaggio interpreta Marcello D’Orta, il maestro napoletano che scrisse il bestseller Io speriamo che me la cavo. Nel film, la regista inserì una scena che nel libro non è mai raccontata e che è questa: a causa della sua dedizione ai bambini, al suo svolgere la sua funzione di insegnante con passione e intelligenza, ad un certo punto il maestro Villaggio/D’Orta si sente rivolgere questa domanda da un altro docente: «Sarà mica di Cl, lei?». No, no, risponde il nostro Fantozzi alzando le spalle. Che diavolo dice, non sia mai!
FANTOZZI IN BARILE
Ecco: m’immagino sempre lo stupore e l’imbarazzo di questi giornalisti del Corriere quando ogni anno scorrono i nomi ai primi posti delle classifiche: ma non saranno mica scuole di Cl, quelle lì! Cari amici del Corriere, fate pure come volete, continuate pure a ignorare la realtà e a fare i Fantozzi in barile. Io speriamo che me la cavo.