Avvenire, editoriale del 12 dicembre 2014
Nobel 35 anni fa. E un discorso spiazzante
di Giacomo Samek Lodovici
Con la motivazione di aver promosso la pace «nel modo fondamentale», cioè onorando e sottolineando «l’inviolabilità della dignità umana», nel dicembre di 35 anni fa Madre Teresa di Calcutta ricevette il Nobel per la pace. In quell’occasione, questa straordinaria santa contemporanea, di cui è quasi universalmente nota l’instancabile opera di soccorso ai poveri, ai malati, ai moribondi, pronunciò un discorso di grande valore che, in alcuni passaggi, spiazzò molti dei presenti.
Con grande coraggio, una donna fisicamente piccola, davanti ad alcuni grandi della terra e comunque sotto i riflettori del mondo, disse che oggi «il più grande distruttore della pace è l’aborto», e che «Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla».
Difficile accusare Madre Teresa di essere una teorica insensibile al dolore delle donne, visto che ne ha curate, nutrite, accolte, confortate migliaia. Impossibile accusare di “ideologia” una donna che si è spesa per tutta la vita a contatto con la concretezza, nel commovente servizio della persona reale, dell’umano fatto di carne e sangue.
La logica di questo passaggio del discorso di Madre Teresa è la stessa per cui Benedetto XVI ha scritto: «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono» (Caritas in veritate, 28). È sbagliato dire che chi si dedica (encomiabilmente) all’accoglienza dell’altro, contraddice se stesso se poi rifiuta l’altro nel grembo materno favorendo l’aborto o direttamente ricorrendovi?
Similmente si è espresso il cardinal Bagnasco (a Todi nel 2011): «chi è più debole e fragile, più povero, di coloro che neppure hanno voce per affermare il proprio diritto, e che spesso nemmeno possono opporre il proprio volto?». In effetti, chi è più indifeso dell’uomo e della donna nel grembo della loro madre, che non hanno nemmeno quella forma di richiesta di aiuto che è il pianto del neonato?
Anche per Papa Francesco i deboli, «di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione […] sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana […] togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo» (Evangelii gaudium, 213).
Tornando a Madre Teresa, è lo slancio dell’amore che l’ha sorretta nelle sue indimenticabili opere. E l’amore coniugale, disse Madre Teresa, richiede come mezzo per prevenire le gravidanze e quindi gli aborti, non la contraccezione, bensì i metodi di regolazione della fertilità: «stiamo insegnando […] alla nostra gente sulla strada, i metodi naturali di pianificazione familiare». Così, secondo le stime che erano state fatte, nella sola Calcutta erano nati circa 60.000 bambini in meno. E, aggiungeva, «io penso che se la nostra gente può farlo tanto più potete voi» occidentali, in modo da non dover poi «distruggere la vita che Dio ha creato in noi». A chi non poteva proprio tenere un bambino, Madre Teresa proponeva di darlo in adozione: «Stiamo combattendo l’aborto con le adozioni, abbiamo salvato migliaia di vite, […] per favore non distruggete i bambini, li prenderemo noi […] e troveremo una casa per il bambino».
È una delle strade possibili, accanto a quella del fattivo sostegno alle madri in difficoltà realizzato in Italia grazie al ‘Progetto Gemma’.