«Mais Ogm, nessun rischio per la salute»

Avvenire Venerdì 16 Febbraio 2018

Studio italiano su 21 anni di coltivazioni nel mondo

di Marco Girardo

Non ci sono evidenze scientifiche che il mais geneticamente modificato possa risultare rischioso per la salute umana, animale o ambientale. Questa la conclusione della prima e più vasta analisi dei dati relativi a ventun anni di coltivazioni Ogm nel mondo, uno studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna e dall’Università di Pisa – ricerca indipendente, senza committenti in potenziale conflitto d’interesse, dunque – appena pubblicato sulla rivista intemazionale Scientific Reports.

Coordinati da Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti hanno analizzato i dati sulle colture di mais transgenico dal loro inizio, nel 1996, fino al 2016 negli Stati Uniti, in Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia. «L’analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente», ha spiegato Laura Ercoli.

Le colture Ogm hanno raggiunto infatti – sono i dati aggiornati al 2016 del Servizio internazionale per l’acquisizione delle applicazioni agro-biotecnologiche (Isaa) – i 185,1 milioni di ettari complessivi, sono distribuite in 26 Paesi e tengono impegnati circa 18 milioni di agricoltori. I maggiori incrementi si riscontrano in Africa dove, in particolare, Sudafrica e Sudan hanno aumentato la piantagione di mais, soia e cotone bio-tech a 2,66 milioni di ettari dai 2,29 milioni del 2015.

Attualmente le coIture Ogm sono vietate in molti Paesi Ue, Italia inclusa, e sopravvivono di fatto solo in Spagna e Portogallo. Lo studio pubblicato su Scientific Reports «ha riguardato esclusivamente l’elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l’interpretazione “politica” dei medesimi», sostengono i ricercatori, rilevando che i risultati appena pubblicati permettono di «trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate».

La meta-analisi si è basata su 11.699 osservazioni che interessano le produzioni, la qualità della granella (incluso il contenuto in micotossine), l’effetto sugli insetti target e non-target, i cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di C02 dal suolo. Su queste basi lo studio dimostra, «in maniera decisa», che «il mais transgenico è notevolmente più produttivo (5,6-24,5%), non ha effetto sugli organismi non-target (non bersagli della modificazione genetica), tranne la naturale diminuzione del Braconide parassitoide dell’insetto dannoso target Ostrinia nubilalis – spiega una nota di accompagnamento alla ricerca – e contiene concentrazioni minori di micotossine (-28,8%) efumonisine (-30,6%) nella granella», cioè nei chicchi.

Il team italiano precisa di avere applicato «le moderne tecniche matematico-statistiche di meta-analisi su risultati provenienti da studi indipendenti, per trarre conclusioni più forti rispetto a quelle ottenute da ogni singolo studio».

Gli aspetti inerenti la salute, in ogni caso, non sono gli unici a dividere opinione pubblica e decisori politici sugli Ogm. Se da un lato, intatti, la maggior resistenza di queste colture permette potenzialmente di dare una risposta ai problemi alimentari in molti Paesi colpiti da carestie e fame endemica, dall’altro c’è il rischio di una drastica riduzione della biodiversità e delle comunità agricole locali.

Commentando lo studio scientifico, Greenpeace sottolinea ad esempio come le colture transgeniche, considerate una panacea per la produzione di cibo, costituiscano in realtà un freno per l’innovazione ecologica in agricoltura: «Sottopongono l’agricoltura al controllo e ai brevetti di poche aziende agrochimiche – sostiene Federica Ferrario – a danno della biodiversità e del nostro made in Italy.

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Nella UE coltivato un solo prodotto. Cinquanta invece le autorizzazioni

per importare mangimi transgenetici

di Giovanni Maria Del Re

BRUXELLES _ In Europa un solo prodotto Ogm è coltivato: è il famoso mais MON810 (prodotto da Monsanto) e unicamente in Spagna e Portogallo. Circa una cinquantina sono invece gli ogm importati autorizzati a livello Ue per i mangimi animale (in alcuni casi l’autorizzazione vale anche per l’alimentazione umana, ma non risulta che ogm siano effettivamente utilizzati a questo scopo).

Sulla questione l’Europa è divisa, come si è visto nel caso del rinnovo dell’autorizzazione del mais MON810: nel comitato di esperti sulla sicurezza alimentare, in cui siedono i rappresentanti di tutti gli Stati membri, non si è raggiunta la maggioranza qualificata (il 55% degli Stati che però deve corrispondere al 65% della popolazione) né a favore, né contro, e il rinnovo dell’autorizzazione delle semenze per la coltivazione resta «in attesa» (rimane in vigore la vecchia).

A luglio la Commissione (cui toccherebbe l’ultima parola in caso di stallo) ha però intanto rinnovato l’autorizzazione del MON810 già prodotto per usi alimentari animali e umani. Analogo il caso di altri due mais ogm, il Pioneer 1507 e il Syngenta Bt 11, anche qui le semenze sono in attesa di rinnovo in mancanza di un accordo. Sempre a luglio la Commissione ha comunque autorizzato quattro nuove piante ogm per alimentazione e mangimi (due cotoni e due mais).

Quanto alla normativa generale, nel 2015 Stati membri e Parlamento Europeo hanno approvata una modifica alla direttiva sulla coltivazione di piante ogm: gli Stati sono liberi di vietarla a livello nazionale anche per ogm autorizzati a livello Ue.

Bloccata, per il no sia del Parlamento Europeo sia degli Stati membri è invece una seconda direttiva proposta dalla Commissione, che avrebbe esteso la facoltà di divieto nazionale anche all’importazione di ogm già prodotti in paesi terzi. La spiega­zione: mentre è possibile vietare la coltivazione a livello nazionale, è pressoché impossibile attuare il divieto nazionale di importazione in un’Europa pienamente integrata con libera circolazioni delle merci.

Certo è che cresce l’opposizione popolare, e di qui di molti Stati, per gli ogm. Non abbastanza, però, almeno per ora, per arrivare a maggioranze qualificate per il divieto. Il Parlamento Europeo ha comunque approvato lo scorso anno a vasta maggioranza una risoluzione per la messa al bando dei prodotti ogm, che però non è vincolante.