Il ricordo di uno dei maggiori storici italiani del Medioevo
di Filippo Salatino
Tangheroni, pisano e toscano quant’altri mai, è prematuramente scomparso a soli 58 anni, un mese fa, lo scorso 11 febbraio, dopo un’esistenza segnata da una grave malattia ultratrentennale ma ricca di gioie familiari, sposato e padre adottivo di 3 ragazze ruandesi, sociali e professionali. Docente a Barcellona, Cagliari e Sassari, ordinario di storia medievale e direttore del Dipartimento di Storia a Pisa, fra i più apprezzati storici di quella tanto vituperata “Eta di Mezzo”, che non si stancava di definire, e documentare, quale invece “luminosa”, autore di un fondamentale «Commercio e navigazione nel Medioevo», Laterza, 1996, specialista delle vicende storiche pisane e sarde, demolitore dei peggiori luoghi comuni e delle “leggende nere” circa aspetti cruciali dell’epoca.
Basti ricordare, insieme ai suoi oltre 20 volumi e a più di un centinaio di saggi, la presentazione a “Luce del Medioevo”, di Regine Pernoud, Volpe, 1978; “La leggenda templare massonica e la realtà storica” (in “Massoneria e religioni”, a cura del CESNUR e di Massimo Introvigne, ElleDiCi, 1994); “Cristoforo Colombo, l’espansione europea e la scoperta dell’America” (in “Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia”, Piemme, 1994). Giovanissimo decide di impegnarsi nella polemica sociale e culturale, dal 1970 aderisce all’associazione Alleanza Cattolica, divenendone uno dei responsabili, nonché fondatore all’atto della costituzione giuridica.
Dal 1995 era membro del Comitato Scientifico dell’ISIIN, Istituto Storico dell’Insorgenza e dell’Identità Nazionale. Continuatore e rinnovatore della miglior scuola di pensiero cattolica contro-rivoluzionaria, con un’attenzione non episodica alle tendenze culturali in senso lato, profondo conoscitore del corpus letterario di Tolkien, affascinato dalla civiltà ispanica (ed estimatore della corrida), Tangheroni ha dato testimonianza quotidiana dell’essere un cattolico animato da grande pietas e fiducia, anche e soprattutto nelle tremende difficoltà personali, ed un docente nel senso di educatore medievale, apprezzato da studenti, colleghi (e semplici lettori).
In tanti fra accademici, saggisti, e politici, dovrebbero ricordare il suo ammonimento:«Una società che rifiuta il passato non può avere diritto al futuro».