[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
No, non si tratta di un nome seguito da un cognome, ma è proprio Lei, la Madonna. Se di primo acchito siete cascati nell’equivoco, ciò è dovuto al fatto che ormai siamo assuefatti all’egalitarismo repubblicano e le regine in circolazione le vediamo più che altro come personaggi folcloristici da rotocalco. La festività odierna fa il paio con quella di Cristo Re e fu istituita da Pio XII nel 1955. Forse è difficile rendersi conto della particolare implicazione di quell’ultimo grido con cui morivano i martiri messicani del 1926-29 e quelli spagnoli di dieci anni dopo (curiosa coincidenza: la guerra civile spagnola durò dal 1936 al 1939).
Mentre i plotoni d’esecuzione dei rojos messicani o spagnoli facevano fuoco, i cattolici al muro cadevano urlando «Viva Cristo Rey!», Cristo Re. Non «Viva Cristo!» e basta. Ma «Cristo Re». In faccia a quei fucili che erano entrambi repubblicani. È stato studiato, a suo tempo, l’aspetto psicologico di «invidia» (specialmente da Viktor Frankl, che ne ebbe l’intuizione nei lager nazisti) che soggiace alla fondazione delle repubbliche moderne, quelle nate sul troncone giacobino. Non fu acutamente definita «parricidio» l’esecuzione di Luigi XVI?
E non era un’ossessione sanculotta che andava ben al di là della semplice richiesta di giustizia sociale l’«egalité» dei rivoluzionari dell’89 francese? L’idea che ci sia qualcuno che per nascita sia «di più» degli altri è insopportabile all’orgoglio fin dai tempi della Genesi. Eppure, la Vergine è per la Chiesa proprio così, speciale. Meglio: privilegiata (parola diventata odiosissima dall’epoca di Voltaire in poi).
il Giornale – 22 agosto 2000