Intervista a don Ernesto Zucchini, presidente della Fondazione intitolata alla celebre mistica viareggina
di Federico Bonuccelli
A molti il nome di Maria Valtorta può risultare del tutto sconosciuto ma i suoi scritti sono stati tradotti in 21 lingue diverse tra le quali il rwandese e lo swahili, a dimostrazione di come la sua figura sia relativamente poco conosciuta in Italia e, al tempo stesso, nota a molti ai quattro angoli del mondo.
Maria Valtorta (1897-1961) è la mistica viareggina che ha trascorso gli ultimi 27 anni della sua vita in un letto e che in circa 5 anni ha scritto qualcosa come 14.000 pagine di “dettati” e “visioni” senza contare alcuni scritti minori ed un copioso epistolario. Per saperne di più, l’Ottimista ha intervistato don Ernesto Zucchini, parroco nella diocesi di Massa Carrara, presidente della Fondazione Maria Valtorta, nonché uno tra i maggiori studiosi della sua opera.
Innanzitutto, chi è Maria Valtorta?
Semplicemente, ma proprio per questo complesso, una mistica. Nei due sensi che di solito si dà a questo termine: una cercatrice del Volto di Dio e, al tempo stesso, una Persona con doni particolari e con in più il segno dell’incomprensione. Nata a Caserta da genitori lombardi nel 1897, si è trasferita a Viareggio nel 1924 e qui ha passato la sua vita e i suoi doni fino al giorno della morte, il 12 ottobre 1961.
Il suo carisma o dono particolare è stato quello della scrittura. Iniziato in una data precisa: 23 aprile 1943, è continuato quotidianamente fino al 24 aprile 1947 e poi, sempre più ridotto, fino al 1956. Tra le prime due date, dunque a cavallo della fine della II guerra mondiale e sotto i bombardamenti della Linea Gotica, Maria Valtorta ha scritto il grosso delle sue opere. Tra quaderni scritti ed epistolario ha superato le quattordicimila pagine.
Fra queste si evidenziano il grande racconto del vangelo (prima edito come Il Poema dell’Uomo Dio e poi col titolo L’Evangelo come mi è stato rivelato) che attualmente è edito in circa cinquemila pagine distribuito in dieci volumi.
Quali sono le finalità della Fondazione che lei presiede?
Dette in maniera distinta sono tre: far conoscere Maria Valtorta, far conoscere le sue opere e sostenere le radici cristiano-giudaiche nelle quali la vita e l’opera di Maria Valtorta si sono realizzate. L’impegno è dunque vasto, ma il fuoco è su lei: Maria Valtorta. Noi della Fondazione crediamo alle sue virtù eroiche e già per questo meriterebbe una conoscenza approfondita.
Ci sono poi gli scritti e noi riteniamo che rappresentino un’opportunità spirituale anche per oggi. Faccio un esempio: nel 1948 la nostra scrittrice profetizzava una futura “nuova evangelizzazione”, una “piena nuova evangelizzazione” con “nuovi evangelizzatori” e una successiva “estrema evangelizzazione”. Ma anche le descrizioni geografiche della Palestina di duemila anni fa hanno una precisa e sorprendente rilevanza storica e scientifica.
È ipotizzabile in un futuro prossimo l’apertura di un processo di beatificazione?
Il tema è molto complesso. È stato tentato, ma per vari motivi tutto si è fermato. È convinzione dei componenti della Fondazione che solo dopo studi seri e accademici sarà possibile riprendere l’itinerario della beatificazione. Questo tuttavia non tocca la personale e soggettiva convinzione di ciascuno sia sulla santità personale di Maria Valtorta sia sul valore e sulla provenienza degli scritti valtortiani.
Qual’è l’effettiva conoscenza di Maria Valtorta nel mondo cattolico?
Bastano i dati certi per indicarne la propagazione. Attualmente è tradotta in ventuno lingue e, approssimativamente, le sue opere sono vendute intorno alle cinquantamila copie annue in tutto il mondo (il numero reale non è stato mai diffuso). Direi che sono numeri di assoluto rilievo. Ma questi numeri non bastano. Ribadisco la necessità di studi accademici per definirne i contorni ed evitare fraintendimenti. Se le devozioni sono buone è certo invece che il devozionismo, di sua natura irrazionale, è cattivo.
I suoi libri furono messi all’Indice: qual’è la posizione attuale della Chiesa?
Questo è l’aspetto più duro. Maria Valtorta prevedeva grossi problemi da tutti i punti di vista per la sua opera. Voleva fosse chiaro il suo intendimento cattolico e la sua sottomissione alla Chiesa. Per questo arrivò per due volte a diffidare, tramite lettere d’avvocato, i Servi di Maria, inizialmente potenziali eredi degli scritti, da usare i suoi stessi scritti senza il permesso della Chiesa o contro la sua dottrina.
I Servi di Maria, per diverse ragioni, rifiutarono l’eredità valtortiana. Tuttavia, già precedentemente a questa posizione, Pio XII dispose di pubblicare gli scritti così com’erano. Ma alla fine del 1959 la Chiesa mise all’indice, per motivi di ubbidienza, la prima edizione in quattro volumi. La Santa Sede si sentì toccata dalla prima pubblicazione anonima.
Il Vaticano chiedeva di attendere una consultazione più approfondita. Le apparenti necessità spirituali di persone semplici indussero però all’immediata pubblicazione sulla parola detta privatamente da Pio XII. Nel 1959, poi, questo Papa era morto da un anno e la sua autorevole parola non bastava più. Per cercare di capire bisogna però tenere anche presente la notevole quantità di pseudo-apparizioni mariane. In quegli anni ne sono state contate oltre duecento.
Oggi la Santa Sede e la CEI si mantengono sulla linea della messa all’indice, affermando che non sembra ci sia nulla di soprannaturale negli scritti. Tuttavia nulla è stato detto o scritto sulla persona di Maria Valtorta e nulla vieta di studiare i suoi scritti o di pregare per la sua beatificazione. Approfondimenti e preghiera, pur nel rispetto delle dichiarazioni ecclesiali, possono far cambiare molte cose. In passato è già accaduto varie volte.
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