“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”
[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
Rino Cammilleri
L’amico Guido Verna mi ha inviato un articolo da lui scritto per il «Settimanale di Padre Pio» l’1 maggio 2005. E’ la storia, contenuta in un libretto di p. Jozo Zovko (quello di Medjugorje), dei trenta francescani uccisi dai partigiani titini il 7 febbraio 1945 (quest’anno cade il sessantennale) alle 15.00, l’ora della morte di Cristo.
L’episodio è richiamato anche nel libro di Antonio Socci Mistero Medjugorje (Piemme). Nel 1846, durante la dominazione turca dell’Erzegovina, dodici francescani edificarono a Široki Brijeg una chiesa dedicata all’Assunta, col tempo diventata santuario con annessi convento, seminario, ginnasio, una enorme biblioteca (centocinquantamila volumi): insomma, un centro di fede e cultura cattolica.
Quel giorno arrivarono i «rossi», buttarono a terra il crocifisso e imposero ai trenta frati di calpestarlo. Naturalmente, quelli, invece, lo baciarono. Così, vennero uccisi uno alla volta, cosparsi di benzina e arsi. Sei di loro erano ventenni, quasi ottantenne il più anziano. Molti i laureati in università europee.
Uno dei loro uccisori oggi è convertito ed ha un figlio prete e una figlia suora.
Ecco i trenta martiri: Bruno Adamčik (37 anni), laureato in filosofia e musica a Bratislava; Marko Barbarić (80 anni); Jozo Bencun (76 anni); Mario Dragićević (43 anni) laureato in storia, greco e latino in Francia e a Friburgo; Miljenko Ivanković (21 anni; suo fratello e suo nipote sono oggi francescani); Andrija Jelčić (41 anni), studi a Mostar e Breslavia; Rudo Jurić (20 anni), chierico con semplici voti; Fabijan Kordić (55 anni), sarto; Viktor Kosir (21 anni: causa il pericolo era stato rimandato a casa, a pochi chilometri, ma preferì tornare a morire; un fratello, nato dopo il suo martirio, è frate con lo stesso nome); Tadija Kožul (36 anni) professore di filosofia, greco e latino, studi a Mostar, Friburgo e Zagabria; Krsto Kraljević (50 anni) studi a Zagabria, Vienna e Friburgo; Stanko Kraljević (74 anni) catechista, predicatore e professore; Žarko Leventić (26 anni: confessava i malati; contagiato di tifo, fu preso dal letto e ucciso); Bonifacije Majić (62 anni), studi a Mostar, Paderborn, Dusseldorf e Cracovia; Stjepan Majić (20 anni: aveva appena finito il noviziato); Arckandeo Nuić (49 anni), insegnava greco, latino, tedesco e francese, studi a Vienna e laurea alla Sorbona; Borislav Pandžić (35 anni) guidava il seminario; Kresimir Pandžić (53 anni) plurilaureato, studi a Mostar, Graz e Zagabria; Fabijan Paponja (48 anni) studi a Mostar, Innsbruk e Lubiana; Nenad Venancije Pehar (35 anni), studi a Mostar e Zagabria; Melhior Prlić (53 anni) falegname, non sacerdote; Ludovik Radoš (20 anni: aveva appena pronunciato i voti temporanei; Leonard Rupčić (38 anni), insegnava francese, studi a Mostar, Lilla, Friburgo, Parigi; Mariofil Sivrić (32 anni), cappellano; Ivo Slišković (68 anni); Kornelije Sušac (20 anni: aveva pronunciato solo i primi voti); Dobroslav Šimović (38 anni), laurea alla Sorbona; Radoslav Vukšić (51 anni), professore di matematica e fisica, studi a Vienna; Roland Zlopaša (33 anni), laureato in filosofia, studi a Mostar, Friburgo e Zagabria; Leopold Augustin Zubac (55 anni), professore ed assistente all’idrocentrale.
Solo con il crollo dei «muri» è tornata a galla la loro storia.
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