13 Dicembre 2019
Mario Di Giovanni
Voltaire si era recato in Inghilterra nel 1726 per restarvi due anni. Nel corso del suo soggiorno londinese scrisse Storia dell’affermazione del cristianesimo, pubblicata postuma nel 1785 e ristampata nel 1796. Da quella data l’opera non fu più stampata singolarmente e compare solo in tre edizioni delle Opere complete, l’ultima delle quali risale alla prima metà del 1800.
Da allora se ne persero le tracce, fino a che, trent’anni fa, l’editrice ufficiale del Grande Oriente d’Italia ha ristampato la “Storia” con una prefazione osannante (32). Un’annotazione del traduttore (pagina 47, nota 1) precisa che Voltaire compose l’opera durante il periodo inglese.
Non sfuggono i motivi che consigliarono ai contemporanei di Voltaire una pubblicazione postuma del libro, sette anni dopo la morte dell’autore: per questa collezione di bestemmie, Voltaire non sarebbe finito alla Bastiglia ma sulla forca, e la democrazia avrebbe perso uno dei suoi padri fondatori.
Si legge nel libro (33): “Se è vero che (Gesù) ha sempre chiamato i sacerdoti del suo tempo e i farisei ‘sepolcri imbiancati, razza di vipere’ e che ha predicato pubblicamente contro di loro al popolo, poté molto legittimamente esser considerato come un perturbatore della quiete pubblica”; “Gesù …scelse dodici idioti per essere ascoltato”; “Il Vangelo (…) superstizione oscura e fatale… Scienza degna di un pagliaccio…Orrendo caos di sciocchezze e abominazioni.. Il cristianesimo ha principi esecrabili”; “La culla della chiesa nascente è circondata da imposture. E’ una sequela ininterrotta di libri assurdi”.
Queste sono citazioni riferibili, ma nel testo vi sono passaggi che, per la loro trivialità blasfema, non è dato riportare. Infine, così Voltaire termina l’opera: “Aver scavato nelle antiche cloache di un piccolo popolo che inquinava, un tempo, un angolo della Siria, ed averne esposto le immondizie alla luce del giorno” (34).
Voltaire fu influenzato da qualcuno, per arrivare a tanto? Di maestri di anticristianesimo non aveva bisogno, ma di Gran Maestri sì. Va notato che la Storia mostra una conoscenza delle Scritture che non rientrava nel suo bagaglio culturale.
Questo rimanda a coadiutori, come il suo ospite inglese per esempio, Lord Bolingbroke, che Voltaire aveva conosciuto in Francia quattro anni prima, noto per essere uomo coltissimo e noto altresì, nell’Inghilterra del tempo, per essere un nemico giurato della Chiesa cattolica e del Cristianesimo stesso.
Nella Storia dell’affermazione del cristianesimo Voltaire lo definisce suo “protettore”, dichiara di condividerne il pensiero e riporta una sua dichiarazione: “L’albero della croce non ha potuto portare che frutti di morte” (35).
Verosimilmente fu Bolingbroke che introdusse Voltaire nella Gran Loggia di Londra. La modernità è nata in pozzanghere come queste, nelle quali gli odierni massoni continuano a sguazzare.
Nell’introduzione alla recente edizione massonica della Storia si legge che quest’opera è “la più criticamente illuministica”, nella quale “Voltaire ha smascherato l’infame”. Una lettura retrospettiva mostra che il soggiorno inglese non fruttò a Voltaire soltanto i buoni consigli di Lord Bolingbroke.
Già proprietario di una casa a Losanna e di una villa a Ginevra, nel 1758 il nostro acquista un castello a Tournay, in Francia, e l’anno successivo un altro castello a Ferney. I due edifici erano in territorio francese, ma vicini a Ginevra, a ridosso del confine (parte delle terre annesse a Fernay sconfinavano in territorio elvetico). Il motivo di questa scelta geografica è noto: la sicurezza.
Voltaire volle predisporre una via di fuga (dalle biografie emerge che il nostro non era un leone) in caso di contrasti sia con le autorità svizzere sia con quelle francesi. Risiedendo in territorio francese, da un lato Voltaire non avrebbe dovuto rispondere alla giurisdizione del clero ginevrino calvinista, dall’altro, in caso di conflitti con il clero cattolico francese, avrebbe avuto modo di espatriare immediatamente in Svizzera.
Voltaire risiede brevemente a Tournay e nel 1759 si stabilisce poi, definitivamente, a Ferney, dove ritiene di essere abbastanza sicuro per aprire le valvole della sua blasfemia letteraria. Dal 1760 che sigilla i suoi scritti con quell’Ecr.inf., lanciando questo messaggio all’intera classe colta del tempo: Voltaire era unanimemente considerato il più autorevole intellettuale di Francia e tra i primi in Europa.
Da Ferney la sua produzione anticlericale si fa frenetica, ma egli va anche oltre lo scritto. In due occasioni, nel 1768 e l’anno seguente, riceve la Santa Comunione (nel complesso di Fernay era compresa anche una chiesetta). La prima volta con un intento dissacratorio soltanto sottinteso, la seconda volta con un aperto spirito di farsa sacrilega che mandò in visibilio i Philosophes di Parigi (36).
Il suo castello diventa meta di pellegrinaggi da parte di intellettuali, gentiluomini e semplici curiosi provenienti da tutta Europa, Russia compresa, e dall’America. Ai suoi ospiti Voltaire offriva caffè, cene di gruppo e bestemmie.
Il suo maggior biografo moderno riferisce dei suoi comportamenti con i visitatori di Ferney: “Generalmente la conversazione verteva su argomenti blasfemi soprattutto se erano presenti ministri del clero. Preti, santi, tutto fu oggetto di insulti davanti ad alcuni ospiti inglesi. (…) I visitatori generalmente si mantenevano sulla difensiva quando li scandalizzava con le sue parole blasfeme. Sir James MacDonald confessò di aver avuto la tentazione di tapparsi le orecchie col cotone per non udire quelle cose orripilanti” (37).
Voltaire tornò a Parigi per l’ultima volta nel febbraio 1778. A causa dei suoi scritti, Luigi XVI si rifiutò di riceverlo, ma il mondo delle lettere lo accolse come la meraviglia del genere umano. Il 30 marzo presenziò alla rappresentazione della sua ultima tragedia: Irène. Alla fine dello spettacolo, il suo busto, al centro del palcoscenico, fu incoronato di alloro di fronte a una platea osannante.
Per capire in quali condizioni fosse ridotta la Francia dopo mezzo secolo di propaganda illuminista valga un’osservazione dello stesso Voltaire che, raccontando la serata, scrive in una lettera che il pubblico aveva applaudito, a scena aperta, alcuni versi della tragedia in cui era detto che Costantino e Teodosio erano “tiranni superstiziosi” (38).
Voltaire si compiaceva del fatto che trent’anni prima essi sarebbero stati considerati santi, e governanti ideali. Ricordiamo che l’imperatore Costantino dette inizio alla storia cristiana con la concessione della libertà di culto (editto di Milano del 313), dopo tre secoli di persecuzioni. L’imperatore Teodosio con l’editto di Tessalonica del 380 proclamò il cristianesimo, religione ufficiale dell’impero romano. Per il nostro massone stipendiato dagli Inglesi, essi furono “tiranni superstiziosi”.
Voltaire non volle lasciare questo mondo senza aver reso pubblico onore al sodalizio che aveva servito per tutta la vita, e ricevette ufficialmente l’iniziazione massonica durante il soggiorno parigino, un mese dopo la rappresentazione di Irène. Il rito ebbe luogo il 7 aprile 1778 presso la prestigiosa loggia parigina “Le nove sorelle”.
Si trattò di una semplice formalità: in realtà egli era massone da cinquant’anni. Gli stessi autori massonici ammettono che si trattò di una operazione di facciata. Ernesto Nys scrive: “Si è fatto rilevare che, all’epoca della sua accettazione nella loggia ‘Le nove sorelle’, egli fu trattato come uno che avesse già ricevuto l’iniziazione” (39).
L’affiliazione “post-datata” di Voltaire non è una curiosità storica, ma una chiave di lettura dell’azione massonica nella società. La massoneria non volle compromettere Voltaire, uomo-chiave dell’Illuminismo in Francia, con la notizia ufficiale della sua affiliazione, e preferì renderla manifesta a missione ormai conclusa: Voltaire morì il 30 maggio 1778, due mesi dopo.
LA REGIA MASSONICA DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
In quegli anni qualcuno stabilì fosse maturo il tempo per trarre le conclusioni delle premesse gettate dall’Illuminismo e gli ambienti massonici francesi ricevettero un nuovo impulso. L’attività era stata fino allora diretta dalla Gran Loggia di Francia, fondata nel 1736, che mostrava però d’essere inadeguata in vista degli eventi che stavano maturando.
Per non esporsi a censure ufficiali, la Gran Loggia in materia religiosa aveva mantenuto una certa moderazione e una parvenza esterna di cattolicesimo. Questo favorì l’afflusso dell’aristocrazia nelle logge, ma ne depotenziò la carica eversiva.
In vista degli eventi che stavano maturando, la massoneria voltò quindi pagina con la creazione del Grande Oriente il 24 maggio 1773, massonicamente più “coerente”, che avrebbe poi chiuso i battenti nel luglio 1791 a missione compiuta, cioè a Rivoluzione compiuta. In questo nuovo scenario nasce a Parigi la già citata loggia “Delle nove sorelle” (le nove Muse), atea e razionalista, apertamente ostile al Cristianesimo.
Dice Sergio Moravia: “Molti affiliati, soprattutto molti philosophes, sentivano che occorreva modificare profondamente la situazione (…). In primo luogo un’eccessiva acquiescenza all’ordine costituito, e un troppo limitato impegno intellettuale e culturale. La celebre “Loge des IX soeurs” nacque in quel clima inquieto” (40). “L’iniziativa sembra risalire ad Helvetius il quale, di ritorno dal viaggio in Inghilterra del 1764, volle fondare insieme all’astronomo Lalande una nuova loggia capace di riunire una élite qualificata” (41).
Helvetius fondò allora la loggia “Les Sciences” che nelle sue intenzioni (e dei massoni inglesi) avrebbe dovuto essere cosmopolita, radunando membri da tutto il mondo: come già osservato, la vocazione mondialista della massoneria non è un fatto recente. Helvetius morì nel 1771.
Quando, nel 1776, fu fondata la loggia “Delle nove sorelle”, la vedova offrì la sua villa vicino Parigi per le riunioni. La loggia saldava il vecchio ambiente filosofico con il nuovo ambiente politico, che si preparava all’azione. L’elenco degli affiliati è impressionante: un governo-ombra. Tra aristocratici, intellettuali e politici, la loggia riuniva la classe dirigente francese.
Dalle “Nove sorelle” sorsero i quadri della Rivoluzione: Sieyes, Danton, Demoulins, Bailly, Brissot, Romme, Lepellettier, Petion. (42). Ernesto Nys: “La maggior parte dei rivoluzionari erano affiliata alle società segrete della Massoneria” (43). André Combes: “A partire dal 1785 (…) la borghesia, che nella massoneria aveva appreso la tecnica della discussione, vi cercò nuovi mezzi di comunicazione, più adatti ai bisogni della propaganda” (44).
Ernesto Nys: “Si deve proclamare che, senza la massoneria, la Rivoluzione Francese non avrebbe potuto compiersi. Bisognava in effetti che l’opinione pubblica fosse acquisita alle idee nuove e che il programma riformatore incontrasse adesione e appoggio. Questo lento lavoro preliminare fu condotto a buon fine dalle logge: grazie a loro, su tutti i punti del territorio le teorie progressive (sta per “progressiste” n.d.A.) erano esposte ed acclamate e dove, punto più importante di quel che si pensi. si formavano uomini atti a discutere e a votare” (45).
NOTE
32) Cfr.Voltaire Storia dell’affermazione del Cristianesimo, Bastogi 1987. Titolo originale: Histoire de l’établissement du christianisme.
33) Ibid. Le citazioni, in successione: p.43, p.117, p.105, p.103, p.113, idem, p.64
34) Ibid., p.10
35) Ibid., p.99
36) Cfr.Haydin Mason, op.cit., pp.150-151.
37) Ibid., p.172 38) Ibid., p.186
39) Ernesto Nys, op.cit., pp.82-83
40) Cfr. Sergio Moravia, op,cit., p.56
41) Id.
42) Ibid, p.58.
43) Cfr. Ernesto Nys, op.cit., p.107
44) Cfr. André Combes, La Massoneria in Francia – dalle origini ad oggi”, Edizioni Bastogi, Foggia 1986, p.45
45) Cfr. Ernesto Nys, op.cit., p.105
(continua)
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(1) Liberté, Egalité… Modernité
(2) Dagli illuminati all’illuminismo