C’è tutto un vasto schieramento ecologista e politically correct che è energicamente schierato contro la vivisezione degli animali e contro gli esperimenti dei laboratori scientifici e farmaceutici. E che accorderebbe tutela, con tutta probabilità, agli embrioni di scimpanzé. Ma a quelli dell’uomo proprio no
Antonio Socci
Qualcuno ha avuto un sussulto di coscienza. Non per la parificazione degli esseri umani a mosche e pidocchi. E neanche per la disinvoltura con cui oggi, tramite referendum, si pretende di sopprimere embrioni umani come le zanzare o di usarli come cavie. No, il sussulto di coscienza è venuto a taluni per il fatto che si possano schiacciare con un certo godimento – come ha scritto Sartori – mosche, zanzare e pidocchi.
Così il Corriere, che nell’epoca Mieli è di animo particolarmente sensibile, ha voluto dar voce a chi difende i diritti delle bestie. E domenica scorsa ha dato eccezionale spazio al professor Umberto Veronesi (già ministro della Sanità) che – intervistato sui referendum radicali (relativi alla legge 40) – ha dichiarato che lui essendo «animalista e vegetariano» contesta la «visione antropocèntrica» della Chiesa (che pare sia fissata con gli esseri umani).
Veronesi, che nega ogni tutela agli embrioni umani, chiede invece la tutela degli embrioni di scimpanzé. Certamente il suo appello animalista avrebbe trovato grandissimo consenso nella mentalità comune, se l’ex ministro non avesse avuto l’improvvida idea di aggiungere una folgorante rivelazione. Ha chiesto infatti di «tutelare gli embrioni dello scimpanzé» perché «anch’essi sono progetti di esseri umani». Ha detto testualmente così: «Anche gli embrioni dello scimpanzé sono progetti di esseri umani». Ora, questa sensazionale rivelazione (da Nobel, perché non si era mai sentita) compromette seriamente la battaglia animalista del Veronesi.
Infatti c’è tutto un vasto schieramento ecologista e politically correct che è energicamente schierato contro la vivisezione degli animali e contro gli esperimenti dei laboratori scientifici e farmaceutici. E che accorderebbe tutela, con tutta probabilità, agli embrioni di scimpanzé. Ma a quelli dell’uomo proprio no. Addirittura la Regione Emilia Romagna ha già sfornato una legge che vieta (o comunque limita molto severamente) gli esperimenti sugli animali (anche se impugnata dall’ attuale governo e fermata dalla Corte Costituzionale è indubbio che, nella prossima legislatura, tale normativa troverà il modo per essere varata).
Ma la maggioranza che ha voluto questa legge regionale e si batte per impedire gli esperimenti sugli animali, è quella oggi attivamente impegnata nei referendum per trasformare gli embrioni umani in cavie da esperimenti. Cosicché, ora, se si dice che gli embrioni dello scimpanzé non sono animali, ma «progetti di esseri umani» (come «rivela» Veronesi), rischiano di perdere l’ appoggio eco-animalista-progressista-emiliano, e – in futuro – potrebbero perdere la tutela doverosamente riconosciuta alle bestiole di ogni genere. Insomma se Veronesi insiste a definire gli «embrioni degli scimpanzé» come «progetti di esseri umani» la loro causa sarà disperata: finiranno come cavie (il trattamento che, se passano i referendum- sarà riservato ai piccoli dell’essere umano).
Oggi è sconsigliabile venire al mondo come essere umano. Quantomeno è bene camuffarsi da rospo, da cagnolino,da gatto o da tafano, per avere qualche seria tutela. Anche in Europa. Gianluca Arigoni su Tempi ha riferito una casistica illuminante. Una corte d’appello francese, dovendo giudicare un tizio che, in auto, aveva”provocato la morte di una donna incinta di sei mesi e del figlio che aveva in seno, non ha voluto riconoscere il bambino come vittima.
Nonostante le proteste del padre e il vivace dibattito scatenatosi sui giornali, un bambino che già vive nel seno della madre è considerato dalla legge francese un «nulla». Jerry Sainte-Rose, avvocato generale presso la corte di Cassazione, sul Figaro, ha sottolineato il paradosso: «L’animale che deve nascere è penalmente protetto» dunque «perché rifiutare al feto umano quello che è applicato a delle uova o a dei feti animali?».
Infatti: «Se passeggiando distruggete involontariamente il “progetto parentale” di un rospo verde, una gazza, un serpente o una farfalla particolari, rischiate sei mesi di prigione. Una manifesta ineguaglianza di trattamento tra l’uomo e l’animale».
Arrigoni c’informa che la famiglia della donna e del bambino vuole andare fino in fondo, ma che le speranze sono poche visti i precedenti. Infatti «nel luglio del 2004 la Corte europea dei diritti dell’ uomo ha dato ragione alla giustizia francese, che non aveva riconosciuto il danno provocato a una giovane donna che aveva perso il suo bambino al sesto mese di gravidanza a causa dell’errore di alcuni medici». Meglio nascere rospo verde o gazza che piccolo essere umano nella vecchia e stanca Europa dei «diritti dell’ uomo».