Da Settimo Cielo blog di Sandro Magister 7 aprile 2015
Da “Avvenire” on line del 7 aprile 2015:
Di questa chiesa è rimasta solo la foto. In Siria, nel giorno di Pasqua, i jihadisti del Califfato hanno completamente raso al suolo la chiesa della Vergine Maria nel villaggio cristiano di Tel Nasri. Lo riferisce l’AINA, l’agenzia dei cristiani siriaci. Tel Nasri, con Tel Tamar, Tel Hafian, Tel Maghas, fa parte del gruppo di villaggi dei cristiani siriani attaccati e occupati dall’ISIS il 23 febbraio scorso. In quell’occasione furono uccisi 21 cristiani e altri 373 rapiti.
L’edificio, con i suoi due campanili in stile orientale con la punta a cipolla, la volta tondeggiante ricoperta di mattoni rossi, era il simbolo di una forte comunità cristiana radicata da quasi due millenni nella provincia di Hasada, sulla sponda nord del fiume Khabur. Era una delle più frequentate e amate della Siria. L’averla ridotta a un cumulo di macerie proprio il giorno di Pasqua aggiunge oltraggio ad oltraggio, rimarca l’agenzia AINA.
Da “Avvenire” del 7 aprile 2015
nota di Mauro Armanino:
Protezione militare delle Chiese per la Pasqua a Niamey, in Ciad. Ci sarebbe da interrogarsi sul senso da dare all’umiliazione di essere protetti, scortati e difesi dalle armi, per chi ha scelto di essere indifeso. A Bobiel di Niamey la chiesa di Saint Augustin è stata bruciata. Saint Paul di Haro Banda distrutta. Saint Gabriel di Garbado ridotta in cenere. Sainte Thérèse di Bani Fandou carbonizzata. Tutte lo scorso 17 gennaio. Per la Pasqua di quest’anno c’era nelle chiese la polizia armata.
Da “Il Foglio” del 7 aprile 2015
reportage di Daniele Raineri:
Messa di Pasqua nella chiesa dell’Alleanza, nel centro di Baghdad. Tutto è quasi come in una messa normale, ci sono due chitarre e una tastiera molto postconciliari, i bambini giocano sul sagrato. Ma la chiesa è circondata dai t-wall, i muri di cemento a forma di T rovesciata, un’invenzione degli americani che un tempo dividevano e fortificavano tutti i quartieri della capitale irachena per decine di chilometri: oggi proteggono soltanto gli obiettivi sensibili, come le basi militari e, appunto, le chiese. Le campane non suonano, anzi, non c’è proprio campanile.
Arrivano in chiesa i rappresentanti in mimetica dei gruppi paramilitari di Hashd al Shaabi, la “mobilitazione del popolo”, i volontari che vanno a fare la guerra ailo Stato islamico, quasi tutti sciiti. Ai capi sono riservate le prime due file centrali di panche della chiesa. La presenza è altamente simbolica, gli sciiti sono lì per dire che i cristiani d’Iraq sono sotto la loro ala protettiva, il prete durante la predica li ringrazia per quello che stanno facendo nella guerra contro gli estremisti sunniti.
A messa cominciata arriva pure Abu Azrael, l’idolo dei media iracheni, un combattente dei gruppi paramilitari che è considerato il Chuck Norris della guerra sciita contro l’ISIS di Abu Bakr al Baghdadi. Il suo motto è: “Li polverizzeremo”, anzi, a voler essere precisi: “Ne faremo farina”. Entra in chiesa vestito uguale a come quando è sul fronte: cappellino a visiera nera, granate, otto caricatori per fucile d’assalto nelle giberne, una fasciatura nera su una ferita rimediata di recente a Tikrit, e si mette in seconda panca.
Dopo di lui arriva il ministro dell’interno iracheno, lo sciita Mohammed al Ghabban. Anche la sua presenza nella chiesa dell’Alleanza rafforza il messaggio: il governo di Baghdad e i gruppi paramilitari sono in maggioranza sciiti e tollerano e difendono le minoranze, al contrario di quegli altri, che le chiese le fanno saltare. È l’ecumenismo iracheno: se hai un fucile e combatti contro lo Stato islamico va tutto bene, i fedeli a messa cantano e ti fanno sentire apprezzato.