La Nuova Bussola quotidiana
22 Luglio 2018
Come ultimo derivato delle tecniche di meditazione buddiste, di cui in Occidente ammiriamo praticamente solo una caricatura, si diffonde la mode del Mindfulness. Consigliata e praticata a tutti i livelli, dalle scuole alla Massoneria, induce alla fuga dalla realtà e all’autoinganno.
di Valerio Pece
Non c’è giornale che non abbia dedicato pagine allo “stato di benessere” con cui i ragazzi thailandesi intrappolati nella grotta hanno accolto i soccorritori. Quasi fosse stata la meditazione insegnata loro dall’allenatore e non l’azione dei poveri soccorritori (di cui uno ha anche perso la vita) a salvarli da morte certa. Una narrazione insistita e sospetta, non c’è che dire, chiaramente indirizzata a solleticare un interesse.
Del resto anche il cardinal Ratzinger ha sostenuto che, del buddismo, l’occidente scristianizzato ama la caricatura. Dovendo tornare sulla sua celebre e fragorosa definizione di buddismo come “autoerotismo spirituale”, l’allora Prefetto della Dottrina della Fede spiegò all’intervistatore che quel giudizio valeva proprio per l’«uso consumistico» del buddismo, ed era indirizzato ad «un certo “mercato” che falsifica le grandi religioni adattandole al gusto e alle mode del moderno mondo occidentale».
Da qui la domanda. Che volto ha assunto, nel tempo, quella “moda”, quella “falsificazione”, quella caricatura dell’esperienza buddista? A giudicare dalla mole enorme di manuali, di congressi, di corsi, non ci sono dubbi nell’indicare nella «mindfulness» (o «piena consapevolezza» o “piena attenzione”) la risposta al quesito. Parliamo di una tecnica di rilassamento usata come mezzo per sconfiggere lo stress e l’ansia, diffusasi anche in non poche comunità cristiane. Persino i bambini non vengono risparmiati, tanto che titoli come “Attento e calmo come una ranocchia”, “Io e te sulla nuvoletta”, “Respira con l’orso. Calma, concentrazione ed energia positiva” riempiono le vetrine delle librerie.
Ma a cosa mira questa tecnica di concentrazione? A suscitare uno stato di attenzione sul presente, in cui – senza minimamente sottoporli a giudizio – si possano osservare, oltre alla respirazione, anche i propri pensieri, i sentimenti (non a caso Bhikkhu Bodhi, Presidente della Buddhist Association of the United States, afferma che ciò che si pratica in Occidente sarebbe non “piena attenzione” bensì “attenzione nuda”, proprio perché non esiste alcuna componente etica). La medesima assenza di valutazione che si vive nella meditazione si dovrà poi mutuare nella vita quotidiana.
Qui si apre il primo grande problema, perfettamente centrato da Giovanni Paolo II nel libro-intervista Varcare la soglia della speranza. «L’“illuminazione” sperimentata da Budda – scriveva il Pontefice polacco – si riduce alla convinzione che il mondo è fonte di sofferenza per l’uomo», e che «per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal mondo». In questa visione, quindi, risulterà obbligatorio «spezzare i legami che ci uniscono con la realtà esterna [..], presenti nella nostra psiche e nel nostro corpo». Più ci liberiamo dai legami razionali, più ci rendiamo indifferenti alla sofferenza che è nel mondo. La sintesi di Papa Wojtyla coincide esattamente con ciò che cerca di fare la tecnica meditativa della “piena consapevolezza”.
A confermare l’analisi, aggiungendo un inquietante dato, è proprio Jon Kabat-Zinn, professore di Medicina presso l’Università del Massachusetts, creatore del programma MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) e unanimemente considerato lo scopritore della tecnica meditativa. In Mindfulness per principianti (Mimesis, 2018) Kabat-Zinn scrive testualmente che la tecnica «ha l’obiettivo di farci scoprire il valore del “non sapere” (sic), e il valore di imparare a stare con noi stessi, senza giudicare e senza pensare troppo».
Se siamo davvero arrivati all’apologia del “non sapere”, ecco che assurge a gigantesco paradosso il fatto che oltre 200 scuole spagnole (anche cattoliche, come in Andalusia) abbiano inserito la mindfulness nell’orario scolastico. Del resto, imbattersi in alunni con gli occhi chiusi, in posizione del Loto, intenti a praticare la “piena consapevolezza” oggi non è raro neanche nelle scuole italiane.
Attenzione però. C’è un elemento che dovrebbe far aprire ulteriormente gli occhi su questa tecnica meditativa: tra gli adepti delle Logge massoniche, gli inviti espliciti ad adottare la mindfulness sono all’ordine del giorno. La Rispettabile Loggia Hermes nº13 di Madrid, ad esempio, arriva addirittura mettere «a disposizione di tutti i massoni i materiali di sostegno alla pratica meditativa». Sul loro sito spiegano l’operazione di divulgazione degli esercizi, «coscienti dell’importanza della pratica dell’attenzione pura come mezzo di realizzazione interiore».
La potente Loggia madrilena, infine, non potrebbe davvero essere più chiara (e inquietante) quando spiega che tali pratiche meditative sono «uno degli strumenti più potenti per passare dall’iniziazione virtuale comunicata nella loggia a un’iniziazione effettiva, cioè a un’esperienza della sacralità o della trascendenza». Ai tanti “normalisti” alla Alberto Pellai, per i quali «non c’è alcuna controindicazione alla pratica della mindfulness», consigliamo di meditare sull’ “l’esperienza di trascendenza” che a loro parere si può vivere in una loggia massonica.
Giovanni Paolo II aveva previsto tutto, quando nel già citato libro-intervista con Vittorio Messori metteva «sull’avviso quei cristiani che con entusiasmo si aprono a certe di tecniche di meditazione e di ascesi» (senza contare quel Catechismo della Chiesa Cattolica che al nº 2726 mette in guardia proprio dallo «sforzo di concentrazione per arrivare al vuoto mentale»).
Manca un ultimo dato sul fenomeno mindfulness, forse il più importante. La statunitense Susan Brinkmann, ex femminista proveniente dalla New Age e oggi premiata scrittrice cattolica, nel suo documentatissimo A Catholic Guide to Mindfulness, ha fatto rivelazioni importanti, raccontando innanzitutto della crescente preoccupazione del mondo scientifico per la spropositata pubblicità che i media hanno dato circa i benefici della mindfulness. Ciò ha come effetto psicologico il cosiddetto “bypass spirituale”: il ricorrere, cioè, a pratiche spirituali per evadere dai problemi concreti, auto-ingannandosi, e soprattutto smettendo di risolvere i conflitti attraverso canali e metodi scientifici riconosciuti, quali, ad esempio, la Psicoterapia.
Ma c’è di più. La Brinkmann, dati alla mano, rivela che è una solenne bufala quella delle evidenze scientifiche relative alla bontà della tecnica meditativa. In una recente intervista al National Catholic Register la scrittrice chiarisce che «un’analisi su 18.000 studi di mindfulness, condotti da ricercatori della Johns Hopkins University, ha trovato metodologicamente validi solo 47 lavori, cioè lo 0,0026%».
Mentre la stessa ricerca – e questo è il dato completamente taciuto dai media mainstream – «ha portato a scoperte più allarmanti sugli effetti negativi della “piena consapevolezza”». Portando alla luce la letteratura scientifica nascosta, l’apologista cattolica (oggi terziaria carmelitana) afferma che queste pratiche meditative, attraverso «l’uso di tecniche progettate per svuotare o gestire la mente», inducono a «stati di coscienza alterati», tanto che in alcuni casi si è arrivati «fino al punto di richiedere l’esorcismo».
Questo insomma sembra il prezzo da pagare per una pratica “gentile”, che non crea problemi di coscienza, e che, a differenza del lascito giudeo-cristiano, non esige nulla perché “non giudica”.