Abstract: Modernismo eresia del XX secolo. Covato verso la fine dell’800 in ambienti intellettuali di “avanguardia” sotto forme variegate e non sempre concordanti, il Modernismo voleva attuare profonde riforme nella dottrina e nella struttura della Chiesa, col pretesto di adattarla allo “spirito dei tempi”. L’adattamento voluto dai modernisti non era affatto né superficiale né salutare. Esso avrebbe toccato le fondamenta stesse della Chiesa, comportando in pratica la sua distruzione: “il vecchio edificio ecclesiastico dovrà crollare!”, predicava Loisy . La missione dei modernisti, secondo Tyrrel, era di “colpire e colpire la vecchia carcassa della Chiesa Romana”
Tradizione Famiglia Proprietà n.98 Giugno 2023
Il dramma della Chiesa nel secolo XX
di Julio Loredo
Trattando l’odierna crisi nella Chiesa, si suole fissare come inizio il Concilio Vaticano II, tanto che si parla a volte di crisi “post-conciliare”. Chi studia con attenzione questa crisi, però, non può non vedervi un risorgimento dell’eresia modernista dei primi del Novecento, attraverso vari passaggi di cui fanno parte Nouvellé Théologie e il “movimento liturgico”. E anche la reazione ha una storia assai più lunga. Di fronte alle nuove tendenze eterodosse che iniziavano a diffondersi nella Chiesa, la prima voce di allarme giunse dall’America Latina. con l’opera di Plinio Corrêa de Oliveira «In difesa dell’Azione Cattolica», pubblicata nel giugno 1943. Gli errori denunciati da Plinio Corrêa de Oliveira provenivano da due correnti distinte ma intrecciare: una corrente di attivismo socio-politico sinistrorsa che, nata come “cattolicesimo sociale”, diede vita al “cattolicesimo democratico” dal quale scaturì il “cristianesimo rivoluzionario”: e una corrente filosofica-teologica che, nata come “cattolicesimo liberale”, diede origine al “Modernismo” dal quale scaturì la cosiddetta “Nouvellé Théologie”, che contagiò l’Azione Cattolica.
“Guardandomi attorno sono costretto ad ammettere che l’ondata modernista è finita, le sue forze sono per adesso esaurite. Dobbiamo aspettare il tempo in cui, per mezzo di un lavoro silenzioso e segreto, saremo riusciti a trasbordare alla causa della libertà una più ampia porzione di fedeli”. Così si lamentava il gesuita inglese George Tyrrell (1861-1909) all’indomani della condanna de1l’ eresia modernista (1)
Il Modernismo
Covato verso la fine dell’800 in ambienti intellettuali di “avanguardia” sotto forme variegate e non sempre concordanti, il Modernismo voleva attuare profonde riforme nella dottrina e nella struttura della Chiesa, col pretesto di adattarla allo “spirito dei tempi”. secondo Alfred Loisy (1857-1940), principale esponente della corrente, “i modernisti formano un gruppo assai definito di uomini di pensiero, uniti dal comune desiderio di adattare il cattolicesimo ai bisogni intellettuali, morali e sociali dei nostri giorni” (2)
Specificando la portata di questo “adattamento”, egli affermava che lo scopo era “cambiare la Chiesa, la sua costituzione, le sue dottrine, e i suoi riti” (3)
L’adattamento voluto dai modernisti non era affatto né superficiale né salutare. Esso avrebbe toccato le fondamenta stesse della Chiesa, comportando in pratica la sua distruzione: “il vecchio edificio ecclesiastico dovrà crollare!”, predicava Loisy (5). La missione dei modernisti, secondo Tyrrel, era di “colpire e colpire la vecchia carcassa della Chiesa Romana” (6)
Ecco perché, nell’atto di condannarla, Papa san Pio X definì questa corrente “la sintesi di tutte le eresie”, specificando inoltre. “Se taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succio e il sangue di quanti errori circa la fede furono sinora asseriti, non avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che hanno fatto i modernisti. (…) [I modernisti] non pongono già la scure ai rami o ai germogli: ma alla radice medesima, cioè alla fede e alle fibre di lei più profonde” (7).
In Italia il movimento modernista formò un gruppo ristretto fra intellettuali e sacerdoti quali Tommaso Gallarti Scotti, Stefano Jacini, Alessandro Casati, Antonio Fogazzaro, Giovanni Selva, Salvatore Minocchi, Giovanni Semeria e Giovanni Genocchi. Maggior interesse rivestirono Ernesto Bonaiuti (1881-1946), professore di storia della Chiesa nel Seminario dell’Apo1linare e poi, dal 1915 a11’Università la Sapienza di Roma, e Romolo Murri (1870-1944), uno dei principali animatori della Democrazia Cristiana.
A differenza di tante eresie del passato, il Modernismo non combatteva la Chiesa dall’esterno, ma lavorava anzi al suo interno, riuscendo a insinuarsi perfino in ambienti altolocati. È sempre S. Pio X a denunciare che “i fautori dell’errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati, ma, ció che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa”.
Una “frammassoneria cattolica”
Al cuore della corrente modernista, conferendole il suo dinamismo e coordinando le sue manifestazioni, vi era una vera e propria setta semi-segreta. Lo stesso Papa Sarto rilevava che “i modernisti sono tanto più perniciosi quanto meno sono in vista”, quanto più operano “di celato”.
L’idea di una setta segreta che congiura dall’interno la distruzione della Chiesa potrà forse far sollevare più d’un sopracciglio, come se si trattasse di un mediocre giallo poliziesco. Eppure erano gli stessi modernisti a vantarsene. “Dobbiamo iniziare una frammassoneria cattolica”, proponeva Antonio Fo- gazzaro per bocca di uno dei personaggi del romanzo Il Santo, “Massoneria Cattolica? Si, Massoneria delle Catacombe!”(8).
Il “cattolicesimo democratico”
I membri di questa “frammassoneria cattolica” modernista non erano gli unici a voler riformare la Chiesa. Parallelamente e in comunione con loro agivano anche gli esponenti della corrente detta “cattolica democratica”
A metà dell’800, come risposta ai disagi causati dalla rivoluzione industriale, era sorto il cosiddetto “cattolicesimo sociale” che, purtroppo, si era lasciato influenzare in alcuni suoi ambienti da dottrine e da atteggiamenti di matrice socialista. Dal desiderio, in sé lodevole ma forse un po’ troppo vago e romantico, di aiutare i poveri, si era passato in alcuni casi alla professione di idee ugualitarie. Dalla denuncia spesso giustificata, dello sfruttamento dei proletari da parte dei padroni non di rado si era passato al rifiuto del sistema di libero mercato e, per contrasto, all’accettazione d’una visione della società di tipo marxista. Questo cedimento a sinistra diede origine alla corrente nota come “cattolicesimo democratico”.
In Italia esisteva dal 1867 la Società della Gioventù Cattolica Italiana, cappeggiata da Giovanni Acquaderni. Nel giugno 1874 si tenne a Venezia un congresso cattolico intenzionato a formare un movimento a livello nazionale. Questo si concretizzò un anno dopo nel congresso di Firenze, dal quale sbocciò l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia. La presidenza fu affidata inizialmente allo stesso Acquaderni.
Con l’ascesa di Giovanni Battista Paganuzzi, però, cominciarono a manifestarsi i primi screzi. Egli rappresentava un orientamento assai diverso, più affine con le nuove tendenze. Larghe fasce dell’Opera cominciarono allora ad accusare una forte infiltrazione modernista e cattolica-democratica. Nel 1891, scavalcando lo stesso Paganuzzi, i settori più radicali del1’Opera, guidati da Romolo Murri, fondarono i Fasci Democratici, tanto spostati a sinistra da voler abbandonare l’etichetta “democratica” per quella “socialista” (9). Nel 1903, la corrente murriana la spuntò a1 congresso nazionale del1’Opera tenutosi a Bologna. La vecchia guardia ne uscì sconfitta.
Roma condanna, i modernisti si nascondono
Profondamente dispiaciuto con l’esito del congresso, nel dicembre 1903 S. Pio X pubblicò il motu proprio Fin dalla prima, nel quale tracciava un “ordinamento fondamentale per l’azione sociale dei cattolici”, in netto contrasto con le idee cattoliche-democratiche. Di fronte all’atteggiamento ostinato de1l’Opera, ormai in balia della corrente murriana, l’anno successivo il Papa sciolse ufficialmente l’associazione, lasciando aperta appena la Sezione guidata del conte Medolago Albani, di Bergamo (10).
I cristiani democratici risposero insolentemente convocando un congresso a Bologna, nel quale fu fondata la Lega Democratica Nazionale, di ispirazione socialista. Per chiarire in modo definitivo la situazione, S. Pio X pubblicò allora l’enciclica Il fermo proposito, condannando la corrente cristiana democratica. Don Murri fu dapprima sospeso a divinis e, successivamente, scomunicato. Abbandonata la talare, Murri si sposò nel 1912
L’audacia dei modernisti richiamò da parte del Pontefice interventi altrettanto decisi.
Dopo ripetuti e inutili avvertimenti — ricordiamo particolarmente 1’enciclica Pieni l’animo (1906) e l’Allocuzione concistoriale del 17 aprile 1907 — san Pio X fu costretto a condannare il Modemismo col decreto Lamentabili sane exitu (luglio 1907) e l’enciclica Pascendi Dominici gregis (settembre 1907), nella quale definì questa corrente quale “sintesi di tutte le eresie”. Nel testo latino originale, l’accusa suona ancor più forte: omnium haeresum collettaneum, la cloaca dove sfociano tutte le eresie.
Condannati in questo modo, i modernisti si sarebbero sottomessi? Niente affatto! Abituati a lavorare nella semi-clandestinità, essi si mascherarono ancor di più. ”Io non vi consiglierei di legarsi con un vincolo sensibile”, ingiungeva Fogazzaro, “Poi pensate certo di poter navigare sicuri sott’acqua come pesci cauti, e non pensate che un occhio acuto di Sommo Pescatore o vice-Pescatore vi puó scoprire benissimo e un buon colpo di fiocina cogliere. Ora io non consiglierei mai ai pesci. più fini, più saporiti, più ricercati, di legarsi insieme. Voi capite come puó succedere quando uno è colto e tirato su. E, voi lo sapete bene, il grande Pescatore di Galilea metteva i pesciolini nel suo vivaio, ma il grande Pescatore di Roma li frigge” (11).
Ma l‘ “occhio acuto di Sommo Pescatore” vegliava. Nel motu proprio Sacrorum Antistitum, S. Pio X denunciava che i modernisti st stavano raggruppando in una “lega clandestina” (clandestinum foedus) avvertendo inoltre che essi “non hanno abbandonato i loro disegni di perturbare la pace della Chiesa” (12)
Risorge il Modernismo
Negli anni successivi, dai recessi di questa lega clandestina, la cricca modernista portò avanti il “lavoro silenzioso e secreto” proposto da George Tyrrell, stabilendo così le fondamenta di quello che Pio XII poi chiamerà “Nouvelle Théologie”, successivamente condannata in vari documenti, particolarmente nelI’ enciclica Humani genesis (1950) (13). È questa la sorgente inquinata della maggior parte degli errori teologici contemporanei.
“Costretti ad una sorta di vita clandestina”, spiega P. Albert Besnard, O.P., ”i modernisti continuarono ad operare in modo segreto, ispirando successivamente la maggior parte delle contestazioni religiose che oggi vediamo nella Chiesa” (14). Il prof. Germano Pattaro, del Seminario Patriarcale di Venezia, precisa ugualmente che “Il cambiamento di prospettiva operatosi dolorosamente e tragicamente con il modernismo fu ripreso e riproposto dalla Nouvelle Théologie” (15)
Nel frattempo, però, era intervenuto un nuovo fattore che avrebbe cambiato sostanzialmente la situazione. Oltre alla facondia dei suoi mentori, ciò che aveva portato alla rovina l’eresia modernista era stata la sua scarsa penetrazione tra il pubblico. II modernismo restò un fenomeno di élites intellettuali. Inizialmente, anche i nuovi teologi si risentirono di questo problema. Mancava loro un movimento di massa che permettesse la diffusione su larga scala delle nuove idee. L’occasione si presentò a metà degli anni 1920.
L’ Azione Cattolica
Nel 1924 Papa Pio XI intraprese la riorganizzazione del laicato, dando vita alla moderna Azione Cattolica. Nell’intenzione del Sommo Pontefice, questa doveva costituire un vasto movimento atto a coordinare l’impegno apostolico dei laici, sotto la guida della gerarchia (15). Donde la sua definizione: partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa.
Purtroppo, quasi sin dall’inizio vi fu all’interno della novella associazione una cospicua presenza delle correnti cattolica-democratica e neo-modernista. Spinti da pensatori come Jacques Maritain (1882-1972) ed Emanuel Mounier (1904-1950), nonché da teologi come Marie Dominique Chenu (1895- 1989) e Henri de Lubac (1896-1991), nuclei di attivisti si insinuarono in settori dell’Azione Cattolica, servendosene per la diffusione dei loro errori e spingendoli verso indirizzi opposti da quelli voluti dal Papa.
Gli anni 1930, per dirla con 1o storico Adríen Dansette, “segnarono un deciso cambio di indirizzo nel cattolicesimo” (16). Ne fu protagonista l’Azione Cattolica, o meglio i suoi settori più dinamici che, guarda caso, erano proprio quelli che risentivano di più di questa infiltrazione. II cambio d’indirizzo si realizzò in due modi.
Dapprìma, le vecchie associazioni cattoliche fedeli all’orientamento di S. Pio X, furono assorbite e quindi neutralizzate, a volte con metodi piuttosto ambigui. Riferendosi, per esempio, al modo come l’Azione Cattolica fu introdotta negli Stati Uniti padre Andrew Greeley, un protagonista della vicenda, rivela che “furono fondate nuove associazioni, quelle vecchie furono infiltrate e riorganizzate” (17)
Inoltre, l’Azione Cattolica innescò in molti dei suoi militanti un processo che potremmo chiamare di trasbordo ideologico, tendente a smantellare la loro mentalità tradizionale sostituendola con le nuove idee e inducendo i più radicali ad assumere posizioni francamente rivoluzionarie.
La deriva sinistrorsa in seno all’Azione Cattolica non fu uniforme in tutti i suoi settori, né si manifestò in maniera ugualmente virulenta in tutti ì paesi. É innegabile, per esempio, che sotto la presidenza di Luigi Gedda, spalleggiato da Pio XII, vasti settori dell’Azíone Cattolica italiana se ne mantennero largamente immuni (18). Ma purtroppo non fu così ovunque. In Francia, forse la principale fucina delle nuove idee, la deriva fu così acuta da indurre interi settori ad aderire al socialismo e perfino al comunismo (19). Quando, agli inizi degli anni 1970, fu fondato in Francia Chrêtiens pour le Socialisme, cinque gruppi di Azione Cattolica vi aderirono
Il caso dell’Azione Cattolica brasiliana costituisce nella fattispecie un esempio paradigmatico. La deriva era soprattutto visibile all’interno della JUC (Gioventù Universitaria Cattolica). Ispirandosi a Maritain, Mounier, Theilhard de Chardin ed altri pensatori, per lo più francesi, la JUC “prese una piega sempre più socialista” come spiega Luiz Alberto Gomez de Souza (20). Nel 1959 la JUC salutò con entusiasmo la rivoluzione comunista di Fidel Castro. Dalla JUC nacque Açào Popular (Azione Popolare), che nel 1962 si definì “socialista” e nel 1972 divenne Açào Popular Marxista-Leninista, finendo per essere incorporata nel Partito Comunista. Non pochi militanti di Azione Cattolica giunsero a partecipare alla lotta armata durante gli anni di piombo.
Dalla sinistra dell’Azione Cattolica nasce la teologia della liberazione
In campo teologico, il cedimento non fu meno vistoso.
Per dame un esempio, la famigerata Teologia della liberazione nacque proprio in questi ambienti dell’Azione Cattolica. Gustavo Gutiérrez, ritenuto il “padre fondatore” della corrente, era cappellano dell’UNEC (Unione Nazionale degli Studenti Cattolici), l’equivalente peruviano della JUC. Il “vescovo rosso”, Dom Helder Camara, era pure cappellano dell’Azione Cattolica. P. Ronaldo Muñoz, mentore dei Cristiani per il Socíalismo, era leader della JUC cilena. Frei Betto, attualmente assessore del governo Lula in Brasile, era presidente della IEC (Gioventù Studentesca Cattolica). L’elenco potrebbe continuare quasi ab infinito. É da notarsi che la prima casa editrice a diffondere i libri della teologia della libera- zione fu MIEC-JECI (Movimiento Internacional Estudiantil Católico – Juventud Estudiantil Católica Internacional), vale a dire l’Azione Cattolica.
Il teologo Pablo Richard é chiaro nel dire che “la JUC degli anni 1960 viveva già l’effervescenza del cristianesimo rivoluzionario” che avrebbe prodotto la Teologia della liberazione (21). Piú esplicito, Luiz Alberto Gómez de Souza il quale spiega che “fu in Brasile, e piú concretamente nell’Azione Cattolica che cominciarono a prendere forma le intuizioni che in seguito avrebbero dato vita alla teologia della liberazione” (22).
Ricapitolando il processo, lo storico Samuel Silva Gotay afferma che la Teologia della liberazione “é sorta dalla radicalizzazione delle dottrine e delle pratiche del cattolicesimo sociale (…) dal passaggio dal dal cattolicesimo sociale al cristianesimo rivoluzionario” (23).
L’infiltrazione denunciata da Plinio Corrêa de Oliveira nel ormai lontano 1943 aveva purtroppo raggiunto il suo scopo.
Note
1) Citato in E. Rivière, “Modemisme”, Dictionaire de Théologie Catholique, Vol. XX, col. 2042.
2) Alfred Loisy, Simples Rèflexions sur le Decret du Saint Ofice Lamentabili Sane Exitu, et sur l’Encyclopedia Pascendi Dominici Gregis, p. 13. Citato in Arthur Vermeersch, “Mo- dernisin”, Catll elic Ericyclopedia, Caxton Publishing Company, Londra, 1911, Vol. X, p. 416.
3) Alfred Loisy, citato in Vincent Maumus, kes Modemisles, Beauchesne, Parigi 1909, p. 9.
4) Lettera a P. Marcel Hébert, citata in Alec Vidler, The Modernist Movement in the Roman Church. Its origins and outcome, Gordon Press, New York, j 576, p. 78.
5) Lettera del 28 novembre 1907, citata in ibid., p. 78.
6) S. Pio X, Pascendi Dominici Gregis, settembre 1907.
7) Antonio Fogazzaro, // Santo, Milano, senza editore, 1907, pp. 44, 48.
8) Luigi Civardi, Compendio di storia dell’Azione Cattolica italiana, Coletti, Roma, 1956, p. 54.
9) Per una storia dell’Opera, vide Ernesto Verchesi, // movimento cattolico in Italia, Società Editrice La Voce, Firenze, 1923.
10) Antonio Fogazzaro, Il Santo, p. 44.
11) Acta Apostolicae Sedis, 9 settembre 1910, Num. 17.
12) Cfr. le encicliche Mystici corporis Christi (1943) e Mediator Dei (1947). nonché le allocuzioni ai Padri Gesuiti del 17 settembre 1946 e ai Padri Domenicani del 22 settembre.
13) Albert Besnard, O.P., “Modemisme”, in Les Religions. Les dictionnaires du savoir moderne, a cura di Jean Chevalier, Centre d’Etude et de Promotion de la Lecture, Parigi, 1972, p. 306.
14) Germano Pattaro, Corso di teologia dell ’ecumenismo, Editrice Queriniana, Brescia, 1985, p. 344.
15) Giacomo de Antonellis, Storia dell’Azione Cattolica, Rizzoli, 1987, pp. 153ss.
16) E Adrien Dansette, Destin du cattolicisme francais 1920-1956, Flammarion, Parigi, 1957, p. 5.
17) Andrew Greeley, The Catholic Experience, Doubleday & Company, New York, 1967, p. 257.
18) Luigi Gedda, 18 aprile. Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del Fronte Popolare, Milano, Mondadori, 1998.
19) Cfr. Georges Suffert, Les Catholiques et la Gauche, Paris, Maspero, 1960; Jean-François Kesler, De la gauche dissidente an nouveau Parti Socialista. Les minorités qui ont rénové Ie P.S., Toulouse, Bibliotéque Hlistorique Privat, 1990; A. Latreille, J.R. Palanque, E. Delaruelle, R. Rémond, Histoire du Catholicisme en France, Parigi, Spes, 1962, Vol.
20) Luiz Alberto Gomez de Souza, AJUC. Os estudantes catòlicos e a politica, Petropolis, Editora Vozes, 1984, p. 156
21) Citato in ibid, p. 10.
22) Ibid., p. 9.
23) Samuel Silva Gotay, “Origem e desenvolvimento do pensamento cristao revoluzionário a partir da radicalizaçao da doutrina social cristanas décadas de 1960 e 1970”, in CEHILLA Història da teología na América Latina, Edições Paulonas, San Paolo, 1981, p.139-