“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”
[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].
di Rino Cammilleri
Intorno al 1900 in Cina correva la rivolta dei Boxers, una sanguinaria e xenofoba società segreta che l’imperatore manciù Tze-Hsi manovrava sottobanco per liberarsi dagli occidentali. Questi Boxers erano così chiamati (in inglese «pugili») per una errata traduzione del cinese I hê t’huan («società di giustizia e concordia»), scambiato per I hê ch’uan («pugni di giustizia e concordia»).
La «società dei pugni» aveva un concetto tutto suo di «giustizia e concordia», infatti massacrava senza misericordia tutti i cristiani, infierendo particolarmente su quelli cinesi, colpevoli di avere tradito le antiche tradizioni. Una società castale, semischiavistica,, chiusa in una miriade di superstizioni dove le donne erano comprate e vendute e la vita umana non valeva una presa di oppio, questo era il Celeste Impero.
Modest Andlauer, gesuita di Strasburgo, missionario da quelle parti, si lasciò convincere ad allontanarsi per un periodo, finché le acque non si fossero calmate. Ma più il tempo passava e meno le acque si calmavano, anzi culminarono nell’assassinio dell’ambasciatore tedesco e nell’assedio del quartiere delle legazioni. Il padre Andlauer sentì allora il richiamo di Pietro nel «Quo vadis?», e risolse di fare come Pietro.
Così tornò in Cina, al suo gregge. I Boxers trovarono lui e il confratello Remigio Gsoré in cappella che pregavano. Li infilzarono con le lance e li decapitarono. Le loro teste vennero appese alle porte della città. La rivolta fu poi soffocata nel sangue dalle potenze occidentali. Nel corpo di spedizione c’erano anche la Russia, il Giappone e gli Stati Uniti. Perfino l’Italia. Se qualcuno è curioso, si riveda il film «Cinquantacinque giorni a Pechino», film dove la parte eroica è sostenuta, ovviamente, da inglesi e americani.
Il Giornale 20/7/1995