di Claudio Finzi
Il popolo è sovrano, e di chi? A prima vista di se stesso. Il popolo è dunque soggetto. Qui c’è sicuramente qualche equivoco se non un errore, perché il popolo che comanda, non è il popolo che obbedisce. E sufficiente dunque enunciare la proposizione generale: il popolo è sovrano, per comprendere che questa ha bisogno di un commento»
Nei suoi scritti affronta tutta una serie di problemi politici: dalla rivoluzione francese alla sovranità, dal rapporto fra religione e politica alla funzione del papato e del papa. La sua riflessione lascia una traccia profonda nel pensiero tradizionalista e controrivoluzionario, dando occasione e inizio a una serie infinita di studi. Non mancano peraltro zone d’ombra: poco studiata è la sua notevole influenza sul pensiero russo dell’Ottocento e del primo Novecento.
La frase, dalla quale siamo partiti, apre lo Studio sulla sovranità, iniziato nel 1794, rimasto incompiuto e pubblicato postumo. Giuseppe de Maistre vi analizza definizioni, contraddizioni, problemi. difficoltà delle tre classiche forme di governo: monarchia, aristocrazia, democrazia, utilizzando con estrema attenzione e abilità sia obiezioni antiche sia le suggestioni e le riflessioni provocate dalle distruzioni e dai guasti della rivoluzione francese.
La presunzione più disastrosa dei rivoluzionari è quella di credere di poter costruire il mondo politico sulle basi della pura razionalità, trascurando tutto quanto è legato al carattere degli uomini e dei popoli, alla loro storia, alle tradizioni giuridiche e politiche, ai sentimenti religiosi. La pretesa insomma di poter cancellare interamente il passato per dar vita a una società geometricamente razionale Ma l’uomo è più complicato di quanto non abbiano mai creduto i “filosofi” dell’illuminismo: è un essere storico ed intimamente religioso, perché soltanto nella religione l’uomo stesso e la sua società possono trovare un fondamento reale. Cancellare tutto questo significa distruggere le fondamenta di ogni convivenza civile.
Subito dopo ecco l’altra follia rivoluzionaria: dare alla democrazia la preminenza fra le forme di governo, facendone l’unica forma legittima. Con conseguenti contraddizioni insuperabili, posto che persino un Gian Giacomo Rousseau, fanatico assertore della democrazia, deve poi riconoscere che questa è adatta soltanto a Stati di dimensioni minuscole, perché soltanto in una società piccola è possibile ottenere quella identità di governanti e governati, che segna la vera democrazia. In una società ampia la democrazia diventa fittizia, consegnando il governo reale ad una oligarchia, solitamente avida, rapace, oppressiva, che usa gli organi elettivi come paravento.
Gli uomini e i popoli sentono invece di avere bisogno di autorità, quella autorità ragionevole e non “razionalistica”, che meglio che in ogni altro luogo si concreta e si mostra nella monarchia. Tutti i poteri in ogni Stato sono sempre assoluti, scrive de Maistre, ma proprio nella monarchia, come dimostra la storia, essi sono molto meno arbitrari che nella democrazia.
Fermiamoci qui, lasciando al lettore del libro il piacere di cogliere tutte le sfumature delle critiche, che Giuseppe De Maistre, scrittore tanto preciso quanto brillante, formula agli aspetti particolari della democrazia e della pretesa di attuarla nei grandi Stati. Ne segnaliamo una soltanto: in democrazia è impossibile una buona amministrazione della giustizia. Vista la situazione italiana, sarebbe bene riflettere sulle parole di Giuseppe De Maistre.
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Il libro
Joseph de Maistre, Scritti politici: saggio sul principio generazionale delle costituzioni politiche; studio sulla sovranità, Introduzione Francio Cardini, Presentazione di Luigi Negri – Edizioni Cantagalli, Siena. Pagg. 336, Lire 32.000