Vatican insider (la Stampa) 5 febbraio 2014
Solo negli ultimi anni i riconoscimenti arrivati a uno degli scrittori cattolici italiani più letti nel XX secolo
Giuseppe Brienza
È morto ieri sera, nella sua abitazione di Besana Brianza, Eugenio Corti, scrittore cattolico noto per i suoi romanzi storici, tra i quali “Il cavallo rosso”, tradotto in nove lingue e giunto alla 28ma ristampa per le Edizioni Ares (Milano 2012, pp. 1280, € 24). Corti era nato nella stessa cittadina, in provincia di Monza, il 21 gennaio 1921, primo di dieci figli.
Ne “Il cavallo rosso”, pubblicato per la prima volta nel 1983, lo scrittore brianzolo rievoca la storia, parzialmente autobiografica (è stato sottotenente nell’“Armir”, l’armata italiana in Russia, prestando servizio in quel fronte fra il 1942 e il ‘43), della generazione sopravvissuta alla seconda guerra mondiale e del suo tentativo di ricostruirsi, fra mille difficoltà e persecuzioni, una vita sullo sfondo dei grandi avvenimenti d’epoca.
Negli ultimi anni si era visto riconoscere i suoi meriti da parte del mondo culturale e cattolico italiano che, nel 2011, a seguito dell’approvazione di una mozione da parte del Consiglio della Regione Lombardia, lo aveva candidato al Premio Nobel per la letteratura. Un comitato promotore, diretto fra gli altri dall’allora vescovo di san Marino-Montefeltro monsignor Luigi Negri, aveva infatti consegnato agli Accademici di Svezia oltre 8mila firme che, però, non gli bastarono per ricevere il riconoscimento internazionale, assegnato in quell’anno allo scrittore svedese Tomas Tranströmer.
Una dolorosa mancanza di attenzione al suo lavoro culturale e civico Corti l’ha comunque subita per decenni nel suo Paese, come ha rievocato lo stesso Arcivescovo di Ferrara che, recentemente, ha ricordato come lo scrittore sia stato «con altri, tenuto rigorosamente ai margini di tanto mondo cattolico: per esempio non fu inserito insieme al grande filosofo Augusto Del Noce e ad altri, nel novero degli invitati al convegno “Evangelizzazione e promozione umana” che si tenne a Roma nel 1976». (Monsignor Luigi Negri , “Un amico, un maestro”, in “Studi Cattolici”, n. 556, Milano giugno 2007, p. 445).
Negli ultimi tempi Corti, che lo scorso anno aveva ricevuto dal presidente della Repubblica Italiana la “Medaglia d’oro per la cultura e l’arte”, stava lavorando a una revisione del saggio, pubblicato sempre da “Ares”, sulla crisi del post-Concilio Vaticano II, intitolato “Il fumo nel tempio”, riprendendo il noto discorso di Paolo VI del 1972, nel quale il Papa denunciava «Il fumo di Satana» «entrato nel tempio di Dio», credendosi «che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa», mentre «è venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio».
Fra le tante fonti di ambiguità politico-culturale del post-Concilio, Corti ne ha individuate anche nel pensiero del filosofo cattolico Jacques Maritain (1882-1973), a partire soprattutto da alcune sue molto discutibili valutazioni circa funzione e valore storico del marxismo e relativo rapporto col cristianesimo contenute nell’opera più nota, “Umanesimo integrale” (1a ed. italiana: “Studium”, Roma 1946). Tali giudizi hanno meritato al pensatore francese la definizione di «traghettatore di tanta parte della cultura cattolica dalla precedente posizione antimodernista all’incontro, e infine alla confusione, col laicismo, soprattutto comunista e radicale» (Eugenio Corti, “Maritain e l’Europa unita”, in Il Timone, anno IX, n. 62, Milano aprile 2007, p. 32).
Tra le opere di saggistica di Corti si possono menzionare “I più non ritornano” del 1947, “I poveri cristi” del 1951, ripubblicato nel 1994 con il titolo “Gli ultimi soldati del re”, la tragedia “Processo e morte di Stalin” del 1962, “La terra dell’indio” del 1988, “L’isola del paradiso” del 2000, “Catone l’antico” del 2005 e, infine, “Il Medioevo e altri racconti”, del 2008, dove si rivaluta quel periodo storico sul quale, ad avviso dello scrittore, è più diffusa la disinformazione e la manipolazione ideologica.
Nel periodo da lui definito della “cristianità romano-germanica” (V-XV secolo), invece, dopo i secoli di orrore e miseria prodotti dalle invasioni barbariche, si registra piuttosto lo «splendido ritorno dei popoli europei alla civiltà» (p. 8). Ai giorni nostri, invece, il Medioevo continua a essere presentato «in blocco come un millennio di barbarie e oscurantismo», scrive.
Tutt’altro, secondo Corti, «l’attuale economia di mercato fu introdotta dai grandi banchieri medievali, e la scienza e la tecnica sono state recuperate e portate avanti ben prima dell’età moderna dai costruttori medievali, a cui si devono già nel XII secolo le costruzioni arditissime in altezza, oltre che in bellezza, delle cattedrali, con tecniche ignote al tempo più antico» (pp. 9-10).
Di contro alla figura del soldato senza scrupoli di quella guerra contro l’umano e il cristiano che era nella società occidentale inaugurata con il secolo XX, Corti esalta la figura del cavaliere medievale che, «al di sopra di tutto poneva Dio, e dopo di lui poneva la propria donna, aveva come princìpi ispiratori la lealtà e la fedeltà, e […] non uccideva l’avversario atterrato, ma gli porgeva la mano per risollevarlo» (p. 22).