L’Islam è stato sempre spietato sui rapporti omosessuali. Eppure in Italia c’è silenzio del mondo musulmano su coppie di fatto e omosessualità. C’è una manipolazione dell’islam da parte del progressismo liberal. Se Europa e America vogliono cambiare il concetto di “famiglia”, devono fare i conti anche con le tradizioni religiose universali. Secondo articolo di una serie sul multiculturalismo.
di Samir Khalil Samir, sj
I musulmani d’Italia e il dibattito sulle coppie di fatto
In Italia, proprio i fautori della tolleranza culturale ad oltranza stanno proponendo una legge sulle coppie di fatto, che prevede diritti anche per le coppie omosessuali. Sono stati preceduti da altri Paesi europei dove si può fare la stessa osservazione.
Curiosamente, su questo problema, le comunità musulmane – tanto difese dai progressisti liberal – non si sono pronunciate. L’Ucoii, ad esempio, – un’associazione di musulmani italiani che pretende di rappresentare la maggioranza dei musulmani perché controlla (spesso per motivi finanziari) gran parte delle moschee – parla solo quando gli conviene politicamente, quando si intravede la possibilità di ottenere un diritto, un privilegio, di avere una sala di preghiera, una moschea, una riduzione del tempo di lavoro durante il Ramadan, una vacanza per il pellegrinaggio alla Mecca, ecc.
Ma i membri dell’Ucoii non si impegnano nelle cause che si dibattono in Italia. Il problema del valore della famiglia o delle coppie omosessuali sembra non interessarli. Ciò è segno che essi non portano avanti un progetto di integrazione, ma di rivendicazione.
Diciamo subito che la questione delle coppie di fatti non è mai stata prospettata, né nel passato (come è ovvio), né oggigiorno. Più ancora che nel cristianesimo, l’islam mette l’accento nel matrimonio sulla procreazione, e in secondo luogo sul piacere sessuale, compreso esclusivamente nel quadro del legalità, sia quella del matrimonio, sia quella del concubinato. Fuori del matrimonio legale e del concubinato riconosciuto, qualunque atto sessuale è un peccato grave, e ciò in tutte le scuole giuridiche dell’islam, sunnita e sciita.
Vediamo dunque qual’è la posizione ufficiale dell’islam (nelle sue più importante scuole giuridiche) riguardo all’omosessualità, poi qual è la realtà del mondo musulmano (ieri e oggi) sulla questione dell’omosessualità, e infine qual è la legislazione odierna dei vari Paesi musulmani.
Il Corano e le Hadith sull’omosessualità
Nel Corano, il rapporto anale è considerato un peccato molto grave. La storia biblica di Lot (Genesi 19) è raccontata 6 volte nel Corano, caso eccezionale che ne mostra l’importanza, e sempre con una condanna assoluta: Corano 7, 80-84 ; 11, 77-82 ; 15, 58-79 ; 26, 160-174 ; 27, 54-58 ; e 29, 28-35. Secondo la tradizione musulmana, questi sei testi risalgono al periodo della Mecca (610-622), anzi a ciò che gli orientalisti chiamano «il terzo periodo meccano» che copre gli anni 619-622. Secondo le edizioni dell’Arabia Saudita, questi capitoli corrispondono, nell’ordine, ai capitoli 39, 52, 54, 47, 48 e 85.
La condanna dell’azione della gente di Sodoma è senza remissione. Per esempio Corano 29 (Il Ragno), 28-29: «E quando Lot disse al suo popolo: “Davvero commettete una turpitudine che mai nessuno al mondo ha commesso prima di voi. Concupite i maschi”».
Secondo la Tradizione di Muhammad (Sunnah), l’omosessualità, sia maschile che femminile, sia attiva che passiva, è equiparata all’adulterio, ed è dunque passibile di morte.
I dotti (‘ulama’) si riferiscono di solito a 3 hadith, che parlano del liwât (parola derivata da Loth) cioè del rapporto tra due maschi (ma significa anche l’omosessualità in modo generico), o del sihâq cioè del rapporto tra due femmine. Il primo hadith dice: «Quando un maschio monta un altro maschio, il trono di Dio trema». Il secondo dice: «Uccidi la persona che lo sta facendo [cioè il partner attivo] e la persona che lo sta subendo [cioè il partner passivo]». Il terzo tratta delle lesbiche: «Il sihâq delle donne è una fornicazione (zinâ) ».
Inoltre, anche il rapporto anale con la propria moglie è condannato da un hadith: «Maledetto chi avvicina sua moglie dal di dietro» (Collezione dell’imam Ahmad 2/479).
L’omosessualità è spesso praticata, in tutta la storia araba e islamica, tra un adulto e un giovane ragazzo. Un hadith dice di «diffidare dei giovani imberbi, perché sono una fonte di danno più grande delle giovani vergini». Si dice dell’imam Sufyān al-Thawrī (morto nel 783) che sia scappato dalle terme un giorno, asserendo a proposito della tentazione sessuale che «se ogni donna ha un demone che l’accompagna, allora un bel giovane ne ha diciassette». Il famoso giurista hanbalita Ibn al-Jawzī (morto nel 1200) avrebbe detto: «Colui che afferma di non provare alcun desiderio quando guarda a bei ragazzi o bei giovani è un bugiardo, e se gli credessimo lo vedremmo come un animale, non un essere umano». Nella poesia araba classica i poemi sull’amore dei giovani abbondano, e addirittura molti andavano nei monasteri per contemplare i giovani novizi!
Un riflesso di quest’amore per i giovani fanciulli si trova pure nel Corano. Nella descrizione del Paradiso della sura 56, 12-19 si legge: «Nei Giardini delle Delizie, molti tra gli antichi, pochi tra i recenti, su divani rivestiti d’oro, sdraiati gli uni di fronte agli altri. Vagheranno tra loro fanciulli di eterna giovinezza, [recanti] coppe, brocche e calici di bevanda sorgiva, che non darà mal di testa né ebbrezza».
E ancora nella sura 52, 21-24: «Coloro che avranno creduto e che saranno stati seguiti nella fede dalla loro progenie, Noi li riuniremo ai loro figli. Non diminuiremo in nulla il merito delle loro azioni, poiché ognuno è pegno di quello che si sarà guadagnato. Provvederemo loro i frutti e le carni che desidereranno. Si scambieranno un calice immune da vanità o peccato. E per servirli circoleranno tra loro giovanetti simili a perle nascoste».
Il Corano condanna dunque in modo assoluto l’omosessualità e la pareggia con l’adulterio. La tradizione del Profeta dell’islam accettata dai dotti dice esplicitamente che merita la morte. La pratica dell’omosessualità era però frequente. L’islam ha autorizzato l’amore casto con i giovanotti, purché non ci sia rapporto fisico. E un detto (hadith) dice: «Colui che ama e rimane casto e nasconde il suo segreto e muore, muore da martire», cioè per aver resistito alla più forte delle tentazione.
Posizione ufficiale dell’islam sull’omosessualità, ieri e oggi
Oggi, nel mondo musulmano, ci sono cinque scuole giuridiche: 4 sunnite (hanafita, malikita, sciafeita e hanbalita) e la quinta sciita, chiamata gia‘farita. La hanafita non considera adulterio i rapporti omosessuali, ma lascia la pena a discrezione del giudice. Le quattro altre scuole le considerano adulterio e condannano a morte i due partner. Come per l’adulterio, c’è la necessità dei quattro testimoni maschi (o 8 testimoni femmine).
L’imam Yûsuf al Qaradâwi, lo studioso più ascoltato dell’Islam sunnita moderno, scrive: «I giuristi dell’Islam hanno avuto opinioni divergenti riguardo la pena per questa pratica abominevole. Dovrebbe essere la stessa pena prevista per lo zina (fornicazione), o andrebbero uccisi sia il partecipante attivo che quello passivo? Anche se questa pena può sembrare crudele, è stato consigliato di mantenere la purezza della società islamica, e di mondarla dagli elementi pervertiti». (Al-halâl w-al-harâm fî l-Islâm – Il lecito e l’illecito nell’islam).
Come viene applicata oggi la shari’ah, la legge islamica, nel mondo islamico? In sette nazioni, i rapporti omosessuali portano ufficialmente alla pena di morte, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Somalia, Somaliland, Yemen e l’Afghanistan all’epoca dei Talibani. In molte nazioni l’omosessualità è punita con il carcere, o pene corporali, per esempio in Bahrain, Qatar, Algeria, Maldive, ecc. In alcuni nazioni (Turchia, Giordania, Egitto, Mali, ecc.), l’omosessualità non è proibita come tale, ma i gay possono essere condannati per offesa alla moralità pubblica; com’è successo al Cairo l’11 maggio 2001, quando 52 uomini sono stati arrestati a bordo del nightclub gay galleggiante Queen Boat, ancorato sul Nilo. E’ in Iran che la situazione è la più ingiusta: dalla rivoluzione islamica, il governo iraniano ha mandato a morte più di 4000 persone accusate di rapporti omosessuali.
Su questo come in tanti altri punti l’Islam è in contraddizione con la carta universale dei diritti umani. Il motivo è il confondere l’etica con il diritto. Una religione può considerare un atto come un’offesa grave a Dio (un peccato), e nessuno può impedire a qualcuno di affermarlo – come è successo in modo vergognoso nel parlamento europeo con l’onorevole Buttiglione –. Ma la legge non può corrispondere sempre con l’etica. L’etica mira alla perfezione del comportamento, e deve proporre un ideale che sarà sempre difficile da raggiungere, ma che serve da faro per guidare l’uomo.
La legge indica qual è il minimo al di sotto del quale c’è delitto. Inoltre, ed è un altro crimine, i media esercitano una pressione inaccettabile e immorale sugli omosessuali: nel caso dei 52 gay del Cairo, la stampa ha diffuso i loro nomi, indirizzi e telefoni, e pubblicato le loro foto: questo, e non l’omosessualità, avrebbe meritato il carcere.
Vi è poi un’incoerenza: la morale islamica reprime l’omosessualità, ma la gente di solito la tollera. In Egitto, ad esempio, non è rara tra un adulto e un giovane. È talmente diffusa che in arabo abbiamo addirittura due parole per definire la parte attiva e passiva (‘ars e khawal) della coppia omosessuale. L’unica differenza con l’Europa è che nel mondo arabo nessuno vuole legalizzare questo tipo di unione. In molti paesi musulmani, finché è una cosa privata, l’omosessualità è abbastanza tollerata, considerata addirittura banale. In Libano ad esempio si sa tutto di tutti: chi va con chi, purché essi non pretendano una legittimità.
Conclusione: difendere la famiglia per dialogare con l’Islam
Sul problema dell’omosessualità e sul valore della famiglia come unione di maschio e femmina non trovo molto dibattito fra i musulmani in Europa. A favore della famiglia ho trovato solo una dichiarazione interreligiosa diffusa in Francia, a Lione. Partita dal vescovo cattolico di Lione, questa lettera aperta è stata firmata da ebrei, cristiani (all’eccezione dei calvinisti) e musulmani. Senza violenza o omofobia, essi mettono in dubbio che lo stato possa autorizzare il matrimonio fra due persone dello stesso sesso.
«Non si tratta – essi dicono – di un dibattito sulla società, ma di una scelta superiore senza precedenti nella storia dell’umanità, dato che la famiglia come unione dell’uomo e della donna è un dono che si deve fare alle generazioni future». La lettera continua dicendo che oggi la famiglia è molto fragile, perché gli adulti non riescono ad aiutare i giovani a costruire la loro vita. «Come potranno acquisire una formazione solida, affrontare il futuro con fiducia, rispettare i doveri di una professione e costruire nell’equilibrio la propria famiglia se si relativizza l’istituzione del matrimonio?».
In conclusione:
1. Le religioni e le filosofie hanno il diritto di avere una loro scala di valori, di considerare che tale atto è morale o immorale, virtuoso o peccaminoso. Ogni uomo ha questo diritto. A condizione però che questo giudizio morale non influisca sul giudizio portato sulle persone e sul comportamento a loro riguardo. Un conto è l’atto, un conto la persona.
2. Le religioni hanno il dovere, se vogliono essere di aiuto alla società umana, di riesaminare periodicamente, costantemente, le loro posizioni, alla luce sia dei testi fondatori che della riflessione contemporanea. Per dirlo con il papa Benedetto: fede e ragione devono essere armonizzate e sono indissociabile l’una dall’altra.
3. L’islam in particolare passa attraverso una fase di ritorno alle origini, per proteggersi contro l’occidente da esso giudicato irreligioso e ateo. Facilmente rischia di cadere nella regressione. Per poter realizzare l’armonia tra fede e ragione, è indispensabile che la fede non sia spiegata solo dagli “uomini di religione” come si dice nel nostro gergo (rigiâl al-dîn), ma anche da studiosi delle discipline scientifiche e umane. Il dramma dell’islam contemporaneo è la dicotomia dentro la comunità, la umma: chi guida (o dovrebbe guidare) la comunità studia solo le scienze religiose e ciò che le spiega; chi fa altri studi non interferisce sull’intelligenza della fede.
4. Il concetto di famiglia ha un significato quasi unanime riconosciuto dacché esiste l’uomo, e cioè come nucleo composto da un uomo e da una donna con i loro figli. Il concetto può allargarsi ai parenti di vari gradi, ma il nucleo è quello. Il fatto dell’omosessualità è sempre esistito nella storia dell’umanità, la quale l’ha tollerato senza mai legittimarlo. L’occidente propone un nuovo approccio del concetto della famiglia, presentandolo come un “progresso”. Trattandosi di un punto così fondamentale, sarebbe necessario tener conto non solo dell’opinione nazionale, ma dell’approccio che ne ha tutta l’umanità. L’Europa o l’America (o parti di esse) non possono considerarsi come il motore dell’umanità e del suo progresso: questo può essere vero al livello tecnologico e scientifico, non al livello etico e filosofico.
5. L’atteggiamento occidentale sui punti che riguardano la famiglia e il sesso confermano i musulmani nell’idea che la civiltà occidentale è decadente, e attribuiscono questa decadenza alla perdita della fede e della pratica religiosa. I più decisi reagiscono anche con violenza contro questo male. Come spiegare ai musulmani tradizionali (la maggioranza di loro) che la modernità è carica di valori (anche se ci sono delle deficienze come in ogni realtà umana), se ciò che appare di questa civiltà è contrario a certi valori riconosciuti? La lotta dell’islam contro l’Occidente, visto come depravato, continuerà, prendendo anche forme violente, perché l’atteggiamento occidentale violenta in punti importanti la coscienza del mondo musulmano.
6. Aggiungerei infine una domanda. Come mai, quando si è trattato di togliere alcuni segni visibili della tradizione cristiana (il crocifisso, il presepio, ecc…) parecchie voci hanno utilizzato l’argomento dei musulmani da non offendere (come se il presepio fosse un offesa per loro!), e quando si tratta di questioni così fondamentali per loro non se ne parla? Non sarà che il mondo liberal li sta strumentalizzando, utilizzandoli per confortare una sua opinione solo quando fa comodo? Questo non è rispetto, ma manipolazione … e i musulmani (o anche gli Arabi) non sono così stupidi per crederci!