4 Aprile 2019
di Renzo Puccetti
Tra le varie amenità ascoltate a commento dei lavori del Congresso Mondiale della Famiglia appena conclusosi a Verona, ve n’è una che vorrei che non fosse lasciata passare senza un commento.
Agli organizzatori è stato domandato in conferenza stampa se intendessero mettere in discussione i diritti acquisiti, in primis il diritto d’aborto. Si tratta di una domanda nonsense, ma tesa a cercare di rendere la risposta una pretesa assurda e a spingere l’interlocutore ad auto-censurarsi.
Ma certo, ogni pro-life dell’Universo non si limita a mettere in discussione l’aborto, ma ha l’obiettivo di abrogare le leggi abortiste, perché sa che così facendo un numero enorme di bambini vengono strappati alla morte. Non è un caso che 4 ginecologi su 5, in Italia, così come negli USA, non praticano l’aborto.
Diritti? Acquisiti? Vediamo di esaminare entrambi gli aspetti. Ogni persona aperta alla ragione e alla scienza riconosce nell’aborto non un diritto, ma un delitto, anzi, un abominevole delitto, per usare l’espressione adottata dai padri conciliari. Una legge intrinsecamente ingiusta come quella che priva della vita e del diritto ad esistere un essere umano, non obbliga, perché non è legge, ma sua corruzione.
Dunque di quale diritto stiamo parlando? Del diritto di autodeterminazione realizzato mediante l’eterodeterminazione del bambino a morire? Del diritto sul proprio corpo, attuato mettendo le mani sul corpo altrui, quello del bambino? Il diritto alla salute? Beh, non è che il bambino abortito goda di molta salute.
Allora non rimane che un solo diritto: il diritto del più forte sul più debole. La legge però non è fatta per fornire copertura all’arbitrio, ma per garantire la giustizia anche al più debole. La legge sull’aborto non è più diritto di quanto lo fosse il diritto a sterminare gli ebrei rivendicato dai nazisti, o di possedere schiavi nelle piantagioni degli Stati del sud degli Stati Uniti invocato dai grandi latifondisti.
Sì sono stati acquisiti, ma questo non significa che non siano revocabili. Parafrasando Giovanni Falcone, l’aborto “è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.
Sì, è stato acquisito, ma le misure legislative negli Stati del Mississippi, Kentucky e Georgia e quelle simili che si profilano in altri Stati, come Florida, Missouri, Ohio, Tennessee e Texas, dove le nuove leggi approvate dichiarano illegale abortire quando inizia il battito cardiaco (rendendo di fatto illegale l’aborto), mostrano che tornare indietro è possibile.
È stato fatto in Polonia, in Cile, in Salvador, le numerose leggi limitative dell’aborto approvate nel corso degli anni dai repubblicani americani sotto la spinta del movimento pro-live, indicano che il delitto è revocabile.
Dobbiamo seguire questo movimento, dobbiamo dare il via ad una finestra di Overton rovesciata: ciò che oggi è impensabile, l’abrogazione della legge abortista, diventi progressivamente un’istanza prima accettabile poi sensata, poi ancora diffusa ed infine la nuova legge che vieta l’aborto.
Siamo all’inizio del percorso, ma il primo passo, il più difficile, è stato compiuto. Le marce per la vita, i manifesti cubitali dei bambini concepiti, il provvidenziale Congresso di Verona e la marcia finale sono la prima tappa. I nemici della vita lo sanno, per questo sono impazziti e ricolmi di odio.
Ora il prossimo passo sarà il premere affinché l’abrogazione della legge sia inserita nella piattaforma programmatica dei partiti storicamente amici.
Ci vorrà tempo, ci saranno resistenze fortissime, ma ciò che hanno fatto i pro-life americani col partito repubblicano è replicabile in Italia. Moltiplichiamo gli sforzi, un giorno, a Dio piacendo, saremo ricordati dalla storia come i cavalieri che fecero l’impresa.