13 Maggio 2021
I grandi siti di informazione ci hanno parlato delle stragi di api e di bambini migranti che dormono spesso, ma non di quattro cristiani cui hanno staccato la testa. La nostra tartuferia fa orrore
di Giulio Meotti
La notizia della barbara esecuzione di quattro cristiani in Indonesia, che io nella newsletter ho dato per primo riprendendo la denuncia di Open Doors, in italiano la possiamo leggere soltanto su Asia News, il sito dei missionari italiani del Pime: “Terroristi musulmani hanno ucciso quattro fedeli nell’area di Poso (Sulawesi centrale). Le autorità hanno attribuito l’attacco ai Mujaheddin dell’Indonesia orientale (Mit), gruppo fondamentalista legato allo Stato islamico (Isis). Marten Solo e sua madre Simson Susah sono stati trovati decapitati in un campo agricolo di loro proprietà. A due chilometri di distanza sono stati rinvenuti i corpi di Paulus Papa e Lukas Lesek”.
Nulla sui giornali italiani, che però avevano articoli su una strage di api o su un bambino migrante che dorme spesso, traumatizzato. Cercate la notizia dei quattro cristiani decapitati nei siti italiani… Non la troverete. Perché?
Mentre i cristiani venivano assassinati in Nigeria, i media hanno raccontato la storia di un maiale legato e spinto da una torre elastica in un nuovo parco a tema in Cina. La storia è diventata virale su BBC, The Independent, The New York Times, Sky News, Deutsche Welle e molti altri media mainstream.
Il maiale cinese ha ottenuto più copertura mediatica dei cristiani assassinati in Nigeria. L’uccisione di un gorilla in uno zoo di Cincinnati ha suscitato più copertura mediatica della decapitazione di 21 cristiani su una spiaggia in Libia mentre invocavano il nome di Gesù in arabo e sussurravano preghiere.
ABC, CBS e NBC hanno dedicato sei volte più servizi alla morte di un gorilla rispetto all’esecuzione di massa dei cristiani. “Il mondo preferisce preoccuparsi dei panda piuttosto che di noi”, ha detto Nicodemus Daoud Sharaf, arcivescovo siro-ortodosso di Mosul rifugiato a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, casa di molti cristiani fuggiti dai jihadisti.
Quando l’arcivescovo lo disse quattro anni fa, sembrava una provocazione per scioccare l’opinione pubblica occidentale. Ma l’arcivescovo aveva ragione. Anche scrittore franco-libanese Amin Maalouf ha detto che “le minacce ai panda provocano più emozioni” della morte dei cristiani.
In un’era di informazioni 24 ore su 24 sui nostri telefoni cellulari, computer, televisori e social media, l’abominio subito dai cristiani perseguitati deve rimanere non soltanto senza immagini, ma anche senza titoli, sospesi in un limbo, tra un Occidente debole e negazionista della loro sofferenza e un Islam radicale che li perseguita.
Non sembra esserci modo per spingere il mondo occidentale a prendere coscienza di questa tragedia di cui nessuno parla e che potrebbe avere conseguenze fatali per il futuro della nostra civiltà.
“Per stanchezza o per vergogna, o entrambi, chiudiamo gli occhi”, scrive su Le Point Franz-Olivier Giesbert. “La vita dei cristiani dell’Est, dell’Africa o dell’Asia non vale niente? Questa è una domanda che abbiamo il diritto di porci quando vediamo il posto che i nostri cari media danno alle uccisioni e alle discriminazioni a cui sono sottoposti cattolici e protestanti nel pianeta: niente o quasi niente, con poche felici eccezioni. È la nostra ipocrisia che alimenta lo scontro di civiltà”.