La benedizione di alcuni preti e la loro sfilata nel movimento di protesta contro la Torino-Lione è l’ultimo atto di quel «cattolicesimo di tipo non cattolico» profetizzato da papa Paolo VI. E in via di estinzione. Cartoline dalla Val Susa
di Marco Margrita
Al giornalismo simpatizzante, il prete in marcia col movimento serve a fare un po’ di colore. Magari a “giustificare” l’essere pacifico del gruppo, quando non bastino i bimbi in passeggino, le famigliole e gli anziani commossi e battaglieri. Ma per comprendere appieno la centralità della “questione cattolica” all’interno del movimento No Tav, occorre fare qualche passo indietro e mettere in rilievo qualche passaggio.
Sullo scadere del millennio scorso, Pietro Prini scrisse un saggio che riuscì a scatenare un po’ di dibattito: Lo scisma sommerso. Il riferimento era alla distanza “pratica” tra la predicazione della Chiesa e la “prassi di vita” dei cattolici. Non c’è qui lo spazio per chiarire oltre; il concetto, però, è prezioso. Recensendo il testo, in un sapido articolo sul Giornale, Gianni Baget Bozzo si chiese senza mezze misure: «Esiste ancora nel pensiero cattolico la distinzione tra ortodossia ed eresia?». Una domanda da tenere a mente.
Era di lì a venire la mobilitazione contro il G8 genovese e la sostanziale adesione delle organizzazioni cattoliche, con tanto di manifesto maritainiano, alle tesi no-global. Già, però, nelle sacrestie e nel mondo cattolico “chiacchiere e distintivo” la confusione era notevole. D’altronde, i problemi avevano radici lontane.
Senza giungere al modernismo, non si possono fuggire le amare parole che Paolo VI consegnava a Jean Guitton, guardando alla Chiesa “egemonizzata” dai custodi del fantomatico ” spirito del Concilio Vaticano II “: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa».
Parole che suonano profetiche, lette (anche) in Val di Susa. Una confusione, figlia della volontà di secolarizzare il messaggio cristiano e della predicazione della scelta religiosa, che ha portato a minare il concetto stesso di autorità.
La forza ideologica
II “professionismo cattolico” dei Consigli pastorali ha smarrito la consapevolezza che, per citare Giovanni Paolo II, «una fede che non diventa cultura non è una fede pienamente accolta». Ci si è progressivamente inchinati alle “egemonie culturali” (prima quella marxista, poi dopo “il suicidio della rivoluzione” a quella relativista), smarrendo l’originalità di giudizio.
La proposta No Tav, in Val Susa, con la sua forza ideologica ha avuto una capacità invasiva e pervasiva nel mondo cattolico. Per dire: si racconta che a margine di un momento di preghiera della componente popolare del Pd, al santuario di Avigliana. il segretario regionale dei democratici, Gianfranco Morgano, si sia sentito dire da un autorevole amministratore valligiano: «Ma come fai tu, da cattolico, a essere favorevole al Tav? Un cattolico non può accettare una simile violenza». E la violenza sarebbe la Torino-Lione in sé.
L’opposizione a “questo modello di sviluppo” fa scomparire l’imbarazzo Dell’accostarsi di “beghini” e squatters. Impedisce di confrontarsi con le tante (almeno 14, secondo il governo Monti) buone ragioni per non demonizzare la grande opera. Il movimento No Tav, d’altronde, porta scritta, anche nella biografia di molti suoi leader, un’origine nel “cattolicesimo del dissenso”.
Il primo nucleo dell’opposizione al treno veloce nasce da quanti animarono la rivista Dialogo in Valle e il Gruppo non-violento valsusino. Una realtà sicuramente di nicchia, ma capace di produrre una cultura. Molto più del moderatismo democristiano della Val di Susa.
Il mondo cattolico diocesano, dove è ancora molto forte almeno formalmente l’Azione cattolica, ha sicuramente subito una fascinazione scoppoliana. Molti suoi esponenti, alla fine dell’avventura democristiana, hanno aderito ai Popolari con accenti pesantemente antiberlusconiani.
Il movimento No Tav ha rappresentato uno spazio in cui il cattolicesimo di base e il progressismo ecclesiale hanno trovato una sintesi. Il gruppo “Cattolici per la vita della Valle”, che è parte organica del movimento e partecipa a tutte le manifestazioni con un proprio striscione, è uno dei prodotti di questa fusione. Il gruppo ha anche eretto nei pressi della baita-presidio a Chiomonte un pilone dove si è spesso riunito in preghiera.
L’estate scorsa si sono visti negare dal vescovo di Susa, Alfonso Badini Gonfalonieri, la cattedrale di San Giusto per una veglia di preghiera. Scelta bollata come «cesaropapismo» da Gigi Richetto, che a corredo ha spiegato: «Non so se definirmi ancora cattolico o semplicemente battezzato».
La “colpa” del vescovo, agli occhi dei Catto-No Tav, è di aver in più occasioni detto che la Chiesa non è chiamata a un impegno diretto prò o contro l’opera, piuttosto a formare la ragione con dei criteri. Una posizione che solo uno sparuto “resto d’Israele” ha accolto positivamente con una lettera aperta al giornale diocesano.
L’Azione cattolica locale ha scelto un profilo più defilato continuando a sostenere le ragioni del dialogo. Posizione certo legittima e prudente, ma anche figlia dell’estrema simpatia che al suo interno il movimento gode. Gli attacchi al vescovo sono segno di una crisi profonda del concetto di autorità, propria per altro di tutte le sfumature del progressismo ecclesiale. Nel 2005, all’indomani dello sgombero del presidio di Venaus, ci fu addirittura chi immaginò di autoconvocare il Consiglio pastorale diocesano (compito che spetta, come noto, al vescovo) per far approvare un documento di condanna dell’azione della polizia.
«Nonostante il Vaticano»
II movimento No Tav diventa di fatto la realizzazione, almeno immaginaria, di quella Chiesa-popolo vagheggiata dalla Teologia della Liberazione. Una Chiesa che unisce motivi spiritualisti a una riduzione sociale del suo messaggio. Una Chiesa dell’impegno e dell’emozione, della parola e del dialogo. Una Chiesa «nonostante il Vaticano», per citare una canzone di Jovanotti. E infatti, in Valle sono sfilati tutti i preti che piacciono alla gente che piace: don Vitaliano Della Sala, don Andrea Gallo, padre Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti.
Jean Guitton ne II Cristo dilacerato ha affermato che l’eresia è amare la propria opinione più che la verità. La propria specifica prospettiva, assolutizzata, diventa la verità. Una verità rivendicata in forza di una purezza.
Il cristiano è tale non dicendolo. Interpretando in modo parossistico la parabola del lievito, annullandosi in una affermata non-violenza assoluta (ma identità e presenza diventano, in questa lettura, violenza). Si potrebbe scomodare, riconfermando la tesi che il “movimento treno crociato” è in qualche modo “scisma sommerso”, il De Lubac de Gli eredi spirituali dì Gioacchino da Fiore. L’appartenenza al movimento diventa lo spazio in cui attendere il cristianesimo, tutto spiritualista, dell’età dello spirito. Come a Genova, più di Genova. Non a caso anche Vittorio Agnoletto è un habitué delle manifestazioni in Valle.
Come accade anche a livello nazionale, ciò che rimane del cattolicesimo democratico, storicamente incapace di avere nemici a sinistra, anche in Val di Susa, sposta l’asse del Partito democratico verso le posizioni più anti-sistema. In Valle il partito -saldamente nelle mani di molti ex-dc e di qualcuno che non ha remore a definirsi ancora catta-comunista – non ha mai sposato, se non minoritariamente, la posizione a favore della Torino-Lione. Portando l’ex-democristiano Sandro Plano alla presidenza della Comunità montana, con l’accordo organico delle liste civiche No Tav.
Una “Vandea al contrario”
I democristiani che non seppero leggere il fenomeno di Primalinea, che ebbe un avversario tenace e produttivo più nel Pci che tra i moderati, trovano epigoni in questo Pd che non imbocca la via riformista e persevera in una strada frontista spesso giustificata con toni millenaristici. Scherza uno dei pochi esponenti Sì Tav del Pd: «Negli anni Ottanta il Pci portava in valle Tullio Regge a spiegare il vantaggio di politiche ecologiche; se oggi il Pd volesse fare altrettanto dovrebbe militarizzare la valle per far parlare il fisico nuclearista convinto».
La Val di Susa, in sintesi, è diventata una sorta di “Vandea al contrario”. Una terra dove combattere una battaglia vitalista e, per tanta parte del mondo cattolico, anti-ratzingeriana. Una Vandea con una sua bandiera – le effige della Madonna del Rocciamelo e qualche crocifisso a corredo – le sue repubbliche e come religione civile il “cattolicesimo adulto”.