Intervista al prof. Massimo de Leonardis. Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, è uno dei più acuti osservatori della politica internazionale contemporanea. L’Europa sembra votata al suicidio, dagli Usa giungono i fenomeni peggiori, nella Chiesa occorre fare un po’ di ordine… Eppure c’è spazio per la speranza. Come le Marce per la Vita di Washington e di Roma – ma non solo – dimostrano…
a cura di Luigi Bertoldi
Per capire se si sia o meno di fronte ad un cambiamento epocale, identificatale con una crisi, un declino dell’Occidente e con la conseguente ascesa di altre civiltà. In un contesto, quello attuale, in cui nessuno Stato — tanto meno quelli dell’Unione Europea – può più dirsi completamente autonomo ed in cui le stesse tendenze dell’opinione pubblica, la società, la comunicazione vengono pesantemente influenzate dalle grandi correnti a livello globale: «C’è un politologo americano, Fareed Zakaria, che ha sintetizzato tale concetto con una formula, chiedendosi cioè se dopo secoli di rise of the West, ascesa dell’Occidente, non si sia oggi di fronte a the rise of the rest, l’ascesa del resto ovvero di ciò che Occidente non sia, a cominciare per esempio dalla Cina».
Lo stesso Giovanni Paolo II già parlava nel 2003, nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in Europa, di «vaste aree di scristianizzazione nel Continente europeo» (n. 67), «di una profonda crisi di valori» (n. 108), di un «offuscamento della speranza», di «smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane», di «segnali preoccupanti», di «agnosticismo e indifferentismo religioso» (n. 7)…
Io sono assolutamente convinto – e non sono certo il solo — che l’espressione di questo declino non sia solo il fattore economico. Il problema è innanzi tutto di tipo etico, di tipo identitario, discende da una caduta dei modelli tradizionali e Benedetto XVI lo identificò molto bene – ancora quand’era Cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede -, dicendo che l’Europa sembrava odiare se stessa, nel senso di odiare tutto ciò che nel passato — in primo luogo, le sue radici cristiane – l’avesse caratterizzata.
Nel suo discorso alla Curia Romana del 20 dicembre 2010, il Papa paragonò proprio la crisi del nostro tempo a quella che vide il tramonto dell’Impero Romano, parlando di «disfacimento degli ordinamenti portanti del diritto e degli atteggiamenti morali di fondo». Di contro, altre culture, altre civiltà stanno affermando con forza la loro identità, anche in maniera aggressiva: è chiaro come immediatamente il pensiero vada in primo luogo al mondo islamico.
Ma perché e come l’Europa è giunta sino a questo punto?
Se uno pensa in un’ottica storica il processo di integrazione europea, è veramente sorprendente il ribaltamento totale registrato. Se noi pensiamo alle tre figure, che dell’integrazione sono state considerate i Padri — il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer e l’italiano Alcide De Gasperi -, di ben due di questi, De Gasperi e Schuman, è stata introdotta la causa di beatificazione.
Tutti e tre erano in ogni caso dei convinti cattolici. Oggi viceversa l’Unione Europea promuove un modello assolutamente relativistico, di fatto anticristiano. Lo vediamo da tante piccole, grandi notizie come la querelle sulla versione slovacca dell’euro, riportante il simbolo religioso della Croce dei santi Cirillo e Metodio; ma più in generale anche da tutta una serie di risoluzioni approvate dal Parlamento Europeo, nonché di direttive dell’Unione, distruttive della famiglia e del diritto naturale.
E’, questo, un processo iniziato diversi decenni fa, in particolare agli inizi degli Anni Settanta, in concomitanza con una crisi della religiosità e della Chiesa. Negli ultimi secoli dell’Impero Romano vi fu un’enorme degradazione morale delle classi alte, che vivevano nel lusso e nell’ozio. Divorzio, prostituzione maschile e femminile, omosessualità e denatalità erano diffuse ovunque. È incredibile leggere una frase del Vescovo di Lione dell’epoca, s. Eucherio, che definì quello come un mondo «dai capelli bianchi». E questo è uno dei problemi anche dell’Europa di oggi, dell’Italia in particolare.
Tra l’altro le pressioni europee giungono da organismi non democraticamente eletti, e proprio su quelle tematiche, nel cui merito viceversa — stando agli accordi a suo tempo assunti – Bruxelles non avrebbe dovuto neanche entrare…
Certo, qui c’è un grande inganno: per anni ci hanno ripetuto che il processo di integrazione europea avrebbe riguardato soprattutto l’economia, ma non è stato così. Sono prevalse le opinioni e le correnti dominanti nei Paesi protestanti e nordici, che hanno tradito così altri Stati membri formalmente cattolici, come la Francia (benché di fatto laicista già da oltre un secolo). Con la signora Merkel abbiamo per la prima volta una protestante a capo del partito cristiano-democratico ed anche questo non va sottovalutato.
Né pare che le veementi denunce di Giovanni Paolo II ed anche di Benedetto XVI abbiano trovato una rispondenza egualmente forte da parte degli Episcopati nazionali e dei movimenti cattolici. Per vedere una nota positiva, bisogna pensare però che, per esempio, c’è tutto un mondo, quello ortodosso, la Cristianità orientale (Russia, Grecia ed altri Stati), dove questo tipo di discorso, che dissolve il diritto naturale, non viene ancora accettato, anzi è vivamente osteggiato.
Vi sono stati gesti che hanno provocato evidente sconcerto, come la S. Comunione data dal Card. Bagnasco ad un noto “transgender” Vladimiro Guadagno, più noto come Vladimir Luxuria, Ritiene sia giunto il momento di fare un po’ di ordine anche nella Chiesa Cattolica?
Sì, Lei evidentemente sfonda una porta aperta. Che sia in corso dalla fine del Concilio Vaticano II una profonda crisi della Chiesa Cattolica e che al suo interno vi sia la necessità appunto di riportarvi ordine, non c’è dubbio. I casi di scandalo si moltiplicano. Ma se il Pontificato di Benedetto XVI fu visto e interpretato — secondo me correttamente – come un tentativo di prestare un’attenzione privilegiata all’Europa, per richiamarla alle sue radici ed alla sua identità cristiana, purtroppo un’interpretazione che speriamo infondata, ma che certamente ha le proprie ragioni, vede nella rinuncia innanzi tutto di Benedetto XVI e nell’elezione di Papa Francesco poi, quasi un gettare la spugna da questo punto di vista, ponendo fine alla predetta attenzione ed aprendosi piuttosto ad altri mondi.
Il che non è necessariamente sbagliato (anche perché si dice sempre che l’America Latina è il Continente con più cattolici al mondo, benché sia anche quello dove migliaia di fedeli ogni anno abbandonano la Chiesa per aderire a sette più o meno fai-da-te). Certamente c’è però il problema del recupero di una dottrina sicura, mai venuto meno a livello di vertice, purtroppo con episodi – come quello da Lei citato -, ai livelli intermedi ed inferiori, che lasciano indubbiamente perplessi e che possono ingenerare nei fedeli comuni un’impressione negativa, al di là di quella che possa essere l’intenzione di chi li ha compiuti.
Nel quadro internazionale, come leggere la situazione statunitense, dopo l’avvento dell’amministrazione Obama, pesantemente filo-abortista e filo-gay?
Mentre in Europa v’è una specie di acquiescenza pressoché generale a questo andazzo, nonché un atteggiamento molto “soft” — diciamo così — da parte di chi dovrebbe opporsi a questa tendenza, gli Stati Uniti sono da sempre un contesto di grandi polarizzazioni, dove il male è combattuto apertamente. Da questo punto di vista la situazione è migliore che in Europa, dove invece non si reagisce in maniera sufficiente.
Così, da un lato purtroppo quasi tutti i fenomeni peggiori partono dagli Usa per arrivare da noi, dall’altro è negli Usa che tuttavia troviamo le reazioni più forti. Quando mai abbiamo visto in Italia, ad esempio, gli Ordinari Diocesani dichiarare che vada negata la Comunione a chi in qualunque modo promuova, approvi o voti leggi favorevoli all’aborto? Questo negli Stati Uniti è successo.
Certo, purtroppo anche lì dobbiamo constatare come la recente sentenza della Corte Suprema sulle cosiddette “nozze gay” sia passata, perché uno dei giudici, un cattolico evidentemente progressista, ha dato il suo voto favorevole. Anche qui vorrei far notare tuttavia la reazione molto forte giunta dal Presidente della Conferenza Episcopale americana, l’Arcivescovo Timothy Dolan. La grande Marcia annuale per la Vita, che si svolge ormai da moltissimi anni a Washington, raccoglie un milione di persone.
Iniziativa, che solo da tre anni è stata replicata in Italia, peraltro con crescente successo. Ancora: è stato proprio un Cardinale americano, il card. Francis George, a dire «io morirò nel mio letto, il mio successore probabilmente morirà in prigione, il successivo morirà martire sulla pubblica piazza», una frase documentata, molto forte, che dimostra comunque come anche negli Usa si debba stare molto attenti, affinchè non spadroneggi anche qui, come già avviene in Europa, quella che Benedetto XVI chiamò la «dittatura del relativismo».
Oggi siamo di fronte ad un vero e proprio totalitarismo militante, che impedisce sempre più e progressivamente di esprimere qualsiasi opinione non allineata su posizioni assolutamente libertarie e relatìvistiche della vita e dei rapporti sociali. In alcuni Paesi, come in Francia, ex-figlia primogenita della Chiesa, si finisce già in galera, si è sanzionati o si perde il lavoro.
Ciò ha determinato certo una reazione, una polarizzazione, poiché questa è anche la Nazione, ove, per esempio, i gruppi tradizionalisti cattolici e le congregazioni religiose tradizionaliste sono più forti ed il numero di Messe tradizionali qui celebrate è altissimo ed in crescita, a fronte viceversa della contrazione registrata nel numero di fedeli, che si recano nelle parrocchie cosiddette “normali”. In Italia, per ora, si è costretti magari a dimettersi da cariche pubbliche o viene impedito di accedervi: ma occorrerà verificare l’evolversi della situazione.
Conte affrontare, secondo Lei, correttamente la questione islam, oggi?
Le cosiddette “primavere arabe” si sono rivelate un inganno o meglio un’auto-illusione degli osservatori occidentali, che si sono fatti incantare da queste cosiddette rivoluzioni con gente che usava Twitter, Facebook, i nuovi social media. In realtà, si è visto poi come in tutti i casi ove si sia votato, abbiano prevalso le forze dell’integralismo islamico con un effetto in molti casi destabilizzante e con la creazione di aree di assoluta anarchia: pensiamo alla Libia.
Quindi, più che di “primavere arabe” si dovrebbe parlare di “inverno islamico”. Di tutto questo le vittime predestinate sono stati i cristiani, che hanno la sfortuna di vivere in questi Paesi: per loro l’alternativa al martirio consiste nell’abbandonare le loro case, ciò che in Irak è stato fatto in maniera massiccia. Su questi temi purtroppo dobbiamo constatare come la presenza – non possiamo minimamente parlare di intervento – dell’Unione Europea sia stato assolutamente nulla, dimostrando la sua impotenza. Fino a qualche anno fa si riteneva potesse vantare per lo meno il successo della moneta unica, ma la crisi economica degli ultimi quattro anni ha dimostrato come anche questo giudizio debba essere rivisto.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: che fare? Che fare per non adeguarsi all’andazzo idealmente suicida verso cui l’Occidente, l’Europa sembrano tendere?
Certamente c’è stato un degrado continuo, ma ci sono state anche diverse iniziative a favore della Verità negli ultimi decenni in Italia, che ad esempio negli Anni Sessanta sarebbero state impensabili. Ci sono case editaci, libri, associazioni, riviste come Radici Cristiane o l’agenzia Corrispondenza Romana, sul piano scientifico Nova Historica, ci sono volumi, si può discutere ormai quasi liberamente del Concilio Vaticano II -vorrei ricordare qui il volume del Prof. Roberto de Mattei sul Concilio, ma non è l’unico —.
Le occasioni, le possibilità di impegno ci sono, non è difficile trovarle. Al primo posto c’è la preghiera, con cui chiedere che il Papato ritrovi la forza di Magistero e di guida morale e intellettuale dell’Europa, che fu propria dei secoli di s. Gregorio Magno.
Ma non dobbiamo nemmeno ridurci a pensare di essere sentinelle isolate. Un esempio concreto: già da diversi anni gli Assistenti Ecclesiastici Generali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno autorizzato in base al Motu Proprio Summorum Ponbfiaon di Benedetto XVI la celebrazione regolare della Messa tradizionale all’interno dell’Ateneo milanese, qualcosa di assolutamente impensabile solo dieci anni fa. E questo è un altro segnale decisamente confortante.