di Christian Rocca
L’umoralista di Repubblica, Michele Serra, ieri ha scritto che i quattromila morti americani in Iraq sono “quasi tutti poveri”, perpetuando uno dei più diffusi luoghi comuni sull’esercito americano che la vetero sinistra italiana istruita a pane e Michael Moore continua a sostenere a dispetto di cifre e statistiche reali.
Gli intellettuali engagé non possono sopportare l’idea che in America, cioè in un paese libero, ci siano migliaia di giovani che si arruolano liberamente nell’esercito del proprio paese, magari per contribuire a difenderlo. Ai loro occhi non è possibile, anche perché l’America è un paese vile, imperialista e guerrafondaio. Questo non è un paese per eroi, ma per vittime.
E le prime vittime sono i soldati, carne da macello per i figli di papà di Washington e del complesso militare-industriale. E quindi chi si arruola non può che essere povero, poco istruito, sfigato. Vittima, non eroe.
Peccato che non sia vero, secondo nessuna ricerca demografica seria sulla composizione dell’esercito.
Gli studi della Heritage Foundation e il più recente dell’indipendente Congressional Budget Office del Congresso a guida democratica dimostrano che il livello di istruzione degli arruolati è ben superiore alla media della popolazione civile: dal 1985 oltre il 90 per cento delle reclute è diplomato, contro il 70 per cento del 1973.
Non è vero, inoltre, che il numero di nuove reclute aumenta con la crescita del tasso di disoccupazione. Anzi la correlazione tra disoccupazione e tasso di arruolamento è negativa. Quanto alla povertà dei soldati, le fasce più povere della società americana nell’esercito sono le meno rappresentate e per giunta in calo (il 14 per cento, contro il 18 per cento del 1999), così come quelle più ricche (anche se per la Heritage sono sovrarapresentate).
In generale, tutti gli studi sostengono che nell’esercito americano a essere sovrarapresentati sono gli appartenenti alla classe media.
(A.C. Valdera)