Da Ora pro Siria Mercoledì 23 Maggio
Nessuna forza si ritirerà dalla Siria: lo spettro di una guerra allargata contro l’Iran e Hezbollah in Medio Oriente è molto reale
Damasco –Elijah J. Magnier-
(Tradotto da: Alice Censi)
Incontrando il suo omologo siriano Bashar al-Assad, il presidente russo Vladimir Putin a Sochi ha espresso il proprio desiderio di un’uscita di tutte le forze militari straniere dalla Siria, tuttavia non è riuscito a chiarire come avrebbe potuto ottenere il ritiro delle forze d’occupazione americane e turche da circa il 50% del nord e dell’est del paese.
Queste forze hanno i loro piani espansionistici e i loro obbiettivi geopolitici che presuppongono una lunghissima occupazione, infatti, alla luce dell’esplosiva situazione in Medio Oriente, su vari fronti, si pensa che nessuna forza si ritirerà in tempi brevi. I mesi a venire potrebbero rivelare piani bellici che porterebbero il Medio Oriente verso una guerra molto più ampia, pertanto sia gli USA che la Turchia ritengono che sia necessario mantenere le loro forze sul campo, vicinissime al punto più caldo al mondo, pronte ad intervenire.
Il presidente Donald Trump annunciava mesi fa l’intenzione di ritirare le sue forze dalla Siria; in realtà non sta ordinando loro di attaccare e sconfiggere l’ISIS nelle province di al-Hasaka e a Deir-ezzour: sono passati molti mesi durante i quali c’è stata una minima attività contro lo “Stato Islamico” e non seria abbastanza da giustificare la presenza delle truppe americane con l’intenzione dichiarata di condurre la guerra soltanto al gruppo terroristico per sconfiggerlo.
Nel frattempo, Washington mantiene due importanti aeroporti militari e numerose basi che accolgono parecchi contingenti militari nel nord e inoltre comanda circa 35.000 militanti, curdi e arabi; le forze americane, britanniche e francesi nella zona settentrionale curda e a est, al valico di al-Tanaf, addestrano, riforniscono e mantengono sotto il loro comando altri 30.000 militanti.
Ma gli Usa non sono l’unica forza di occupazione nella zona: la Turchia ha preso il controllo di Afrin e Idlib, dove si trovano tra i 70.000 e 100.000 militanti, inclusi quelli di al-Qaeda (prima era Hayat Tahrir al-Sham, cioè Jabhat al Nusra) adesso nella variante più radicale Horras al-Deen (i Guardiani della Religione). La Turchia ha impiantato scuole, imposto la lingua turca e considera questo territorio siriano come parte della Turchia.
La Siria non è solo minacciata nel nord, Israele nel sud sta cercando di imporsi nello scenario siriano: durante gli anni della guerra Tel Aviv ha bombardato le posizioni siriane e iraniane più di 100 volte.
L’esplosiva situazione nel Levante si è estesa anche alla Palestina dove Trump ha dichiarato la Capitale della Palestina (Gerusalemme est e ovest) come Capitale di Israele e ha inaugurato la nuova ambasciata americana proprio a Gerusalemme innescando grandi rivolte tra la popolazione locale.
Come se tutto ciò non fosse sufficiente, Trump, illegalmente, si è ritirato dal trattato nucleare con l’Iran, senza lasciare alcun margine ai suoi partners europei, ha infatti minacciato di colpire la collaborazione economica tra Usa ed Europa e le compagnie europee intenzionate a trattare con l’Iran se non revocano i contratti.
Quasi ogni giorno Trump impone delle nuove sanzioni all’Iran e ha rinnovato le sanzioni a Hezbollah, il principale alleato dell’Iran, per ricordare continuamente chi è il “nemico del mondo” e quindi il prossimo obbiettivo su cui si dirigerà ( e dove molto probabilmente si dirigeranno le sue armi).
Secondo fonti ben informate, infatti, avvengono incontri regolari a livello politico e militare in Medio Oriente allo scopo di discutere e pianificare le prossime azioni militari e studiare gli scenari di guerra contro l’Iran e i suoi alleati. Questi scenari vanno ben oltre le decine di missili da crociera: si parla di una guerra molto più diffusa che colpisca l’Iran prima e poi Damasco: tutto questo perché gli appassionati del “cambio di regime” rifiutano di accettare la realtà dei fatti e di “mollare” il Levante alla Russia e all’”asse della resistenza”.
Come è stato detto prima, ci sono oltre 150.000 militanti, armati, nel nord e nell’est della Siria pronti a entrare di nuovo in combattimento quando l’Iran –e molto probabilmente il suo alleato Hezbollah – saranno sotto attacco diretto, senza la possibilità di difendere il loro alleato siriano (questa è la valutazione delle menti del piano). Potrebbe succedere che le forze sotto il controllo turco preparino un attacco ai curdi o espandano il loro perimetro di controllo per raggiungere Aleppo. Nulla è scontato nel Levante tranne una cosa: non è ancora finita.
Questo è lo scenario più pessimista in cui si possono trovare il Libano, la Siria e l’Iran a causa della volontà di imporre un “nuovo Medio Oriente” e indirettamente sconfiggere la Russia. Gli USA sarebbero i maggiori protagonisti con la loro macchina militare, insieme ad Israele, mentre i paesi mediorientali sarebbero felici di finanziare questa campagna.
Le recenti decisioni di Trump contro l’Iran, infatti, hanno alzato il prezzo del petrolio che sta raggiungendo il suo livello più alto negli ultimi quattro anni: questo garantisce maggiori entrate finanziarie a tutti i paesi pronti a impegnarsi in una nuova guerra anche se sia l’Iran che la Russia traggono beneficio dall’aumento.
Comunque, questo possibile scenario di guerra avrebbe una pesante ricaduta sulle popolazioni mediorientali (incluso l’Iran) e anche europee perché la guerra includerebbe senz’altro – in questo caso- blocchi aerei e marittimi e sarebbe colpito lo stretto di Hormuz (o sequestrate le navi) dove passa oltre il 20% del petrolio . Nel 1988, nel 2007 e nel 2008 lo stretto era stato spettatore di uno scontro tra Iran e Stati Uniti. Ogni chiusura dello stretto andrebbe ad incidere su tutti i commerci e i prezzi delle merci nel mondo.
No! Si prevede che nessuna forza militare se ne andrà dalla Siria. Il presidente Putin può soltanto esprimere i suoi desideri con la volontà di imbarcare tutte le parti in una soluzione politica ma sapendo che non ha il controllo sui protagonisti. Putin non ha intenzione di farsi trascinare in una guerra più estesa con nessuno dei paesi che stanno occupando dei territori della Siria, pertanto non ha nessuna influenza per convincerli ad andarsene.
Damasco e Tehran conoscono entrambe la realtà delle regole del gioco, mentre i desideri di Putin non sono realistici e sono lontani ,al momento, dall’essere praticabili.
Il “gioco delle nazioni” si sta scaldando, i colloqui di pace sono per ora irraggiungibili, il rullo dei tamburi di guerra si sente in tutto il medio oriente… e forse al di là.