La Nuova Bussola quotidiana
4 Agosto 2017
di Stefano Fontana
Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, è tornato sul tema dei cattolici in politica in una intervista a Repubblica del 30 luglio scorso. Egli, tra l’altro, ha detto: “Oggi tra molti cattolici si percepisce un bisogno, che a volte è un’aspettativa, di una nuova rappresentanza del mondo cattolico”.
La constatazione è condivisibile, il prosieguo della riflessione sul tema è auspicabile, quello che non è chiaro è il contenuto di questa eventuale nuova rappresentanza. Nuova rappresentanza per fare cosa? Nuova presenza per fare cosa? Nuova generazione di cattolici in politica per fare cosa? E’ questo che manca oggi e non è chiaro come i vescovi italiani intendano risolvere il problema, anziché complicarlo.
L’unità nella fede è data dalla comune confessione delle stesse verità di fede. Così l’unità possibile in politica è data dalla comune confessione di alcune verità concernenti la politica. Oggi questa comune confessione non c’è, mentre aumenta anche il pluralismo per quanto riguarda la comune confessione delle verità di fede. Se per decenni si è proclamato il pluralismo filosofico, teologico e dottrinale, perché mai ci dovremmo ritrovare in mano la convergenza su alcune verità concernenti la politica? Oggi questa convergenza non c’è, e con riguardo non solo a cose marginali ma sostanziali.
A meno che i cattolici convergenti in politica non nascano come i funghi, non è chiaro come i vescovi italiani vogliano ricostruire la loro convergenza. Con una maggiore collaborazione tra vescovi? Ma per fare cosa? Con una maggiore valorizzazione dei laici? Ma per fare cosa? Con una Settimana sociale o un nuovo convegno ecclesiale? Ma per fare cosa? La Chiesa italiana è bloccata sui contenuti. I principi non negoziabili non sono più considerati da nessuno dei punti di convergenza degni di questo nome. Oggi a parlarne si rischia grosso.
Perfino sui temi chiari della biopolitica si parlano lingue diverse. A proposito di Charlie Gard sono apparse evidenti a tutti le reticenze, i ritardi, i distinguo, la revisione di precedenti atteggiamenti, i dubbi e le domande. Sembrava che l’unico risultato ottenuto dal piccolo Charlie fosse di averci fatto riflettere. Del resto, se si propongono come contenuti il lavoro e i migranti – come il cardinale Bassetti propone – si vede subito che non sono temi aggreganti; per loro natura: offrono molte soluzioni tutte legittime. Si rinuncia a fondare la convergenza dei cattolici su alcuni “non possumus” e la si pretende di costruire sulle questioni che, come diceva Aristotele, possono stare anche altrimenti, ossia contingenti.
Il cardinale Bassetti ha fatto appello alla Dottrina sociale della Chiesa. Ma quale dottrina sociale della Chiesa? Tutti i deputati cattolici che hanno votato la legge Cirinnà dicono di averlo fatto ispirandosi alla Dottrina sociale della Chiesa e qualcuno di loro ha anche citato la Evangelium vitae di Giovanni Paolo II e nessun vescovo – o quasi – li ha smentiti. Molti teologi che parlano di Dottrina sociale della Chiesa sposano visioni teologiche che non permettono ad essa nessuna forma di esistenza.
Una statistica ha rivelato che la maggior parte degli appartenenti a congregazioni religiose vota per il PD che certamente non può dire di ispirarsi alla Dottrina sociale della Chiesa. Moltissimi cattolici laici – ma anche preti e vescovi – sono per il riconoscimento delle coppie omosessuali, per l’adozione di minori da parte loro e per l’eutanasia: non si creda che il caso Biella sia isolato. Che senso ha, in questo contesto, richiamarsi alla Dottrina sociale della Chiesa? E’ uno sterile e ingannevole nominalismo.
La convergenza la si vuole fare non sui contenuti, ma sulla partecipazione e la presenza. Ma partecipazione e presenza, se a servizio di contenuti sbagliati, meglio che non ci sia. Meglio che i cattolici non si impegnino in politica se, impegnandosi, fanno approvare leggi come la Cirinnà senza che i vescovi dicano niente in merito.
Solo la verità unisce. La convergenza in politica non sarà mai data dall’esserci, ma dai contenuti di questo esserci. E questi contenuti, in Italia, oggi sono lasciati volutamente incerti, quando non se ne indichino di secondari e inadatti, lasciando da parte quelli veramente importanti.
Non è possibile, d’altro canto, fondare la convergenza sui temi amati dal mondo, evitando, per non compromettere il dialogo, i temi veramente scabrosi ma veri dal punto di vista cattolico. Se la CEI lancia la campagna “parrocchie ecosostenibili” ma non dice più una parola veramente significativa sull’aborto di Stato, otterrà consensi ed applausi dal mondo e i teologi ne apprezzeranno la capacità di leggere i segni dei tempi, ma non creerà una vera unità dei cattolici. Si può essere in tanti, ma senza volto non si è nessuno.
Bisogna osservare che la tendenza a passare sopra ai contenuti è piuttosto diffusa nella chiesa di oggi. Stiamo diventano una Chiesa atematica, come per Karl Rahner Dio era atematico. No a verità che dividono, ricerca di un con-venire indipendente dai contenuti ma sufficiente in se stesso, grandi assemblee ma di persone che la pensano in modo uguale solo sulla bellezza di trovarsi insieme in assemblea, superficiale confidenza nello Spirto, come se quello.
Santo potesse ispirarci cose diverse dai contenuti dogmatici della nostra fede, tendere ponti smussando la dottrina, aprire le parrocchie ad atei, abortisti, buddisti. Prima ci si incontra e poi si decide perché ci si è incontrati. I contenuti vengono ormai sempre dopo e su questo qualcosa che viene dopo si vorrebbe costruire una convergenza politica prima? Dobbiamo dire che è impossibile. I vescovi ricomincino a fare chiarezza sui contenuti. Il resto verrà.