La Croce quotidiano 18 maggio 2017
Di lui, scomparso il 12 maggio scorso, è stato scritto già di tutto in questi giorni. Guarda caso meno una cosa…
di Giuseppe Brienza
Il giornalista, saggista e conduttore radio-televisivo Oliviero Beha è morto sabato sera a Roma. Ad annunciarlo la figlia Germana: «È stato un male molto veloce. Papà se n’è andato abbracciato da tutta la sua grande famiglia allargata di parenti e amici».
Beha aveva 68 anni, nato a Firenze nel 1949, dove si era laureato in Lettere (Storia medioevale), per poi conseguire in Spagna un’altra laurea in Filosofia (Storia d’America). Dal 1976 al 1985 aveva lavorato come inviato sportivo per “La Repubblica”. La prima grande notorietà gli arrivò dapprima nel 1987, quando iniziò la sua attività televisiva con Andrea Barbato conducendo “Va’ pensiero”, un contenitore culturale in onda su Raitre tutte le domeniche e, in un secondo momento, nel 1992 con la conduzione del programma di servizio Radio Rai più premiato negli ultimi anni, “Radio Zorro”. Nel ’95 questa trasmissione si fonde con lo storico “3131”, trasformandosi così in “Radio Zorro 3131″, diventando il caso radiofonico dell’anno, con oltre 100 mila richieste di intervento arrivate nel corso della sua programmazione da tutta Italia e, nel corso dell’ora e mezza di singola diretta, in media 300 telefonate che arrivano in redazione.
Nonostante la malattia, Beha ha aggiornato fino all’ultimo giorno il suo “Blog Civico” intervenendo sui temi dell’attualità a lui congeniali. Commenti di poche righe, ma sempre chiari, polemici quanto basta e incisivi. «E ahimè oggi, mi presento… sono una delle figlie – si legge nel post pubblicato lunedì scorso su www.olivierobeha.it -. Nelle ultime settimane mi è capitato di essere le mani di papà che hanno trasferito in parole scritte su un monitor quello che lui velocemente mi dettava. Sì perché, gli articoli lui, li aveva in testa, non seguiva appunti, non doveva cambiare o correggere delle frasi… lui parlava ed io scrivevo […] sono convinta che papà lascerà un vuoto profondo nel mondo dell’informazione perché a dispetto del suo carattere burrascoso, a volte irriverente, spesso ironico, dispotico e a tratti per alcuni arrogante, è stato, è, e rimarrà un giornalista libero. La “libertà è un lusso di pochi”, mi ripeteva…».
In effetti questo ce l’ha fatto sempre apprezzare sin da quando lo seguivamo nei commenti calcistici, che dispensava senza guardare in faccia nessuno. Virtù rara nel mondo del giornalismo se, non a caso, da sabato scorso di Beha è stato scritto già tutto meno una cosa… Il toscanaccio aveva infatti osato infrangere il politicamente corretto su un argomento tabù, quello dell’utero in affitto.
Evenienza che ha disturbato gli ambienti Lgbt o filo-Lgbt che gestiscono la grande informazione, tanto più che Beha, per il resto, aveva una visione politico-culturale molto liberal e di sinistra (era stato commentatore anche politico per la rivista comunista “Rinascita” e fino al 2008, aveva scritto per l’Unità). Prima, durante e dopo l’approvazione del ddl Cirinnà, si era ad esempio espresso favorevolmente sulle unioni civili e in favore di tutti i “diritti civili” degli omosessuali, compresa la possibilità per loro di adottare bambini. Si è sempre detto invece «decisamente contrario, e spaventato, alla maternità surrogata, a quell’utero in affitto di cui trattano le sentenze […], il caso Vendola e più in generale la storia e la cronaca» (Oliviero Beha, Il diritto di vivere e quello di morire con dignità, in “Il Fatto Quotidiano”, 23 marzo 2016). Vedeva in questa barbara pratica, giustamente, la possibilità «di scivolare lungo la china dell’acquisto e della selezione del neonato: la storia del figlio come diritto è un boomerang impietoso così come la giustificazione del “si è sempre fatto” o della legge “che in altri Paesi esiste”» (art. cit.).
«Si ciancia – concludeva Beha in un editoriale nel quale paradossalmente si dichiarava a favore del testamento biologico e dell’eutanasia – di diritti, al figlio, alla vita del figlio» (O. Beha, Il diritto di vivere e quello di morire con dignità, art. cit.). Ci mancheranno di lui queste critiche che, senza riguardo a nessuno, cercano di risvegliare (almeno sotto questo profilo) una società sulla via della dissoluzione. Di Beha acuto e caustico, critico feroce dei vizi del nostro Paese, ce ne vorrebbero di giornalisti. Irriverenti verso il potere e, quindi, logicamente diretti a prendere la difesa dei più deboli.