Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Non si dice un’invettiva che infiammasse il popolo di Dio e rinvigorisse i suoi pastori, ma qualcosa che desse almeno una riscaldatina al tiepidume cattolico di questi tempi ci poteva stare: invece, passate e ripassate al setaccio le 7.218 parole per 47.178 battute della Prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, di scintille non se ne trova neanche una.
Perciò, una volta tanto, gli adepti di quella setta di mestieranti che sono i giornalisti, hanno fatto il loro onesto lavoro estraendo la vera notizia dal discorso tanto atteso, che recita così: “Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni”.
Un nuovo partito dei cattolici? Con o senza il punto di domanda la questione posta dal cardinale Bagnasco è proprio questa. Ma, posta l’idea, segue un’articolata domanda: chi sono, quanti sono, cosa sono e quanto contano veramente i cattolici in Italia? Se ci si prende la briga di fare un giretto per parrocchie, oratori, associazioni, centri culturali e movimenti vari si scoprirebbe una galassia tenuta assieme da un’etichetta dietro la quale ciascuno scrive, e crede, ciò che vuole.
Forse, prima di pensare a un partito dei cattolici, i pastori dovrebbero pensare a formare i cattolici. E magari rendersi conto che la fede e il pensiero cattolico, oramai anche in Italia, sono minoritari da tempo.
Ora, di fronte alla constatazione di essere diventati minoranza all’interno della società pluralista, si può essere presi da una tentazione, che è poi stata la tragedia del cattolicesimo democratico e progressista: e la tentazione è quella di diluirsi e annacquarsi in una posizione compromissoria ed evanescente. Si tratta di una mossa esiziale, perché rende la minoranza di turno totalmente insignificante.
Ora, una presenza politica dei cattolici ha senso solo se è i grado di esprimere una visione chiara, netta ed esplicita. Scola direbbe che ha senso solo se è capace di farsi cultura. Sui grandi temi della vita, della famiglia e dell’educazione, non ci si può limitare a perseguire il male minore, o il compromesso al ribasso, o addirittura “la riduzione del danno”, come scriveva Avvenire l’altro giorno. Occorre formare politici pronti a testimoniare una posizione di bandiera rigorosa sulle grandi sfide dell’aborto, della fecondazione artificiale, del matrimonio naturale, dell’eutanasia.
La Conferenza episcopale italiana sembra ossessionata da un’ansia da risultato politico che fa torto al dovere dei vescovi di annunciare innanzitutto la verità: e cioè che fare figli in provetta è sbagliato, piuttosto che accontentarsi di difendere a oltranza la legge 40; e che il testamento biologico è l’anticamera dell’eutanasia, piuttosto che difendere la legge sulle Dat come buona e giusta.
Paradossalmente, i primi artefici della dissoluzione della presenza cattolica in politica rischiano di essere i pastori, se trasformano il loro messaggio in una strategia politica immiserita dalla logica del compromesso a tutti i costi. Alcuni osservatori hanno messo in evidenza che la scelta di Bagnasco è la messa in mora del progetto di Ruini. In realtà, può essere letta come l’inevitabile evoluzione della strategia ruiniana.
Il predecessore di Bagnasco aveva tentato di dettare la linea ai cattolici inseriti in vari luoghi degli schieramenti politici con risultato di vederli diventare sempre meno significativi e, quindi, sempre meno governabili o inutilmente governabili. Ora sembra che si avvii verso il tentativo di metterli tutti in un recinto e di governarli così.
Ma il problema è sempre lo stesso: che cosa sono questi cattolici? Risposta che Bagnasco non ha dato, visto che non ha citato in una sola riga i principi non negoziabili. Anzi, con la decisa sponsorizzazione della legge sul testamento biologico, pare abbia detto che la via maestra sia proprio quella negoziazione.
Insomma, un’altra Dcdi cui interessa soltanto se starà a destra, al centro o a sinistra. Si dirà che non è certo una Prolusione il luogo dove sparigliare le carte e stupire il mondo, a partire da quei mestieranti dei giornalisti, con qualche fiammata, si passi l’orrendo termine progressista, profetica. E se invece lo fosse? Se, il capo dei vescovi italiani dicesse qualcosa che sproni, non si dice a morire, ma a vivere per Gesù Cristo? Poi, magari, si fa anche della buona politica.