La Nuova Bussola quotidiana 3 Ottobre 2020
Andati per curare e arginare l’epidemia di Ebola, si sono macchiati di crimini di violenza carnale ai danni delle donne del Congo. Un nuovo scandalo sessuale coinvolge operatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Implicati anche l’Unicef, l’Oim e tre Ong. Spesso le vittime venivano ricattate: o facevano sesso con i loro violentatori o perdevano il lavoro.
di Anna Bono
“È straziante pensare che degli operatori umanitari abbiano inflitto abusi sessuali a delle donne mentre erano impegnati a combattere l’epidemia di Ebola nella Repubblica democratica del Congo”. Con queste parole il direttore per l’Africa dell’Oms, Matshidiso Moeti, ha commentato la notizia delle violenze sessuali scoperte e denunciate a conclusione di una indagine condotta nel corso di quasi un anno dall’agenzia di stampa The New Humanitarian e dalla Thomson Reuters Foundation.
Non è certo la prima volta che le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative devono fare i conti con degli scandali sessuali. Tra i più gravi, c’è quello scoppiato nella Repubblica Centrafricana dove decine di ragazzine e di donne, persino delle bambine, sono state abusate sessualmente dai militari della missione Onu di peacekeeping Minusca, istituita nel 2014 per proteggere la popolazione e vigilare sul rispetto dei diritti umani minacciati durante la guerra civile scoppiata nel 2012.
Questa volta sono già più di 50 le donne che affermano di aver subito molestie e violenze sessuali tra l’agosto del 2018 e lo scorso marzo nell’est del Congo, colpito da una epidemia di Ebola che ha ucciso 2.299 persone ed è terminata a fine giugno 2020. Molte vittime lavoravano nelle strutture sanitarie allestite per contrastare l’epidemia come cuoche, donne delle pulizie, addette al collegamento, spesso problematico in Africa, tra le equipe mediche e le comunità locali. La minaccia di perdere il lavoro è stata usata in certi casi per costringerle ad avere rapporti sessuali; in altri casi è stata l’offerta di essere assunte a indurle a subire un rapporto sessuale indesiderato.
Alcune donne hanno raccontato di essere state ubriacate, altre di essere state aggredite negli uffici e negli ospedali, altre ancora di essere state chiuse in una stanza e violentate. Una ragazza addetta alle pulizie ha raccontato, ad esempio, che un medico le ha chiesto di andare a casa sua per parlare di una sua promozione. Ma appena entrata l’uomo le ha detto che avrebbe ottenuto un aumento di stipendio a condizione che avesse un rapporto sessuale con lui. Al suo rifiuto l’uomo l’ha aggredita, ha iniziato a spogliarla nonostante le sue proteste. Fortunatamente è riuscita a raggiungere la porta di casa e a scappare via.
Tra gli indagati al momento figurano uomini di diverse nazionalità: Belgio, Burkina Faso, Canada, Francia, Guinea-Conakry, Costa d’Avorio. La maggior parte dei casi riguardano il personale incaricato dall’Oms di affiancare i medici locali. Ma lo scandalo coinvolge anche altri organismi tra cui l’agenzia Onu per l’infanzia, Unicef, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, Oim, e tre organizzazioni non governative: Medici senza frontiere, l’associazione di medici Alima, e World Vision, che si occupa di adozioni a distanza. Un dettaglio suscita ulteriore indignazione. Le donne raccontano che gli uomini evitavano di usare il condom proprio mentre, come sottolinea The New Humanitarian, raccomandavano alla popolazione di evitare il più possibile i contatti fisici per fermare la diffusione di Ebola.
Molte donne hanno esitato a parlare temendo di subire ritorsioni o di perdere il lavoro. Quasi tutte si vergognavano di raccontare che cosa era capitato loro. Chi ha acconsentito a parlare lo ha fatto sotto garanzia dell’anonimato. Adesso che in tante hanno avuto il coraggio di denunciare, non è escluso che se ne presentino altre e che il fenomeno si riveli di portata ancora più ampia, tanto più che le indagini svolte riguardano solo la città di Beni, nel Nord Kivu, mentre l’epidemia ha interessato l’intera provincia e quella confinante dell’Ituri.
L’Oms ha dichiarato che verranno avviate indagini accurate per accertare le responsabilità. “Tradire le persone che siamo tenuti ad assistere è deplorevole. Chiunque risulti implicato in simili atti – assicurano i vertici dell’agenzia Onu – sarà chiamato a rispondere delle proprie azioni e subirà serie conseguenze, incluso l’immediato licenziamento. “Non siamo disposti a tollerare comportamenti del genere da parte del nostro personale, dei nostri fornitori e dei nostri partner” ha dichiarato il portavoce dell’Oms Fadéla Chaib, ribadendo la politica di “tolleranza zero” dell’agenzia. Ma le Nazioni Unite, così come le organizzazioni non governative, lo dicono tutte le volte che scoppia uno scandalo. Eppure gli scandali continuano e molti la fanno franca o se la cavano con poco, magari con il trasferimento a un’altra missione dopo un periodo di sospensione.
Già diverse Ong contattate e lo stesso governo congolese sostengono di non essere a conoscenza di casi di abusi, di non aver mai ricevuto lamentele nei due anni dell’epidemia. Ma le donne forniscono dettagli che rendono attendibili le loro storie. Molti degli incontri sessuali avvenivano in alberghi sede di uffici Onu e di Ong, in particolare l’Okapi Palace e l’Hotel Beni dove le agenzie umanitarie spesso prenotavano interi blocchi di camere.
Gli autisti al servizio dell’Oms e delle Ong confermano. Medici, personale sanitario e amministratori li usavano per portare le donne negli alberghi, a casa loro o negli uffici per gli incontri a scopo sessuale. “La maggior parte di noi lo faceva – ha confessato un autista – era normale come comprare cibo al supermercato”; e una donna ricorda che un uomo che ha abusato di lei guidava un automezzo con la scritta “Organizzazione mondiale della sanità”.