La Commissione Onu per i diritti umani ha condannato la Polonia perché ha una legislazione troppo restrittiva sull’aborto (previsto in caso di stupro o di rischi per la vita della madre). La Commissione Onu esorta dunque il governo polacco a “liberalizzare la sua legislazione e la pratica dell’aborto” (Osservazioni conclusive, 5 novembre 2004, no.8).
Inoltre condanna l’obiezione di coscienza dei medici, invitando (forse sarebbe più corretto “minacciando”) il governo polacco a fornire spiegazioni sull’uso effettivo di questa clausola.
“La direttiva della Commissione Onu sui diritti umani è di una gravità inaudita -dichiara il Cespas (Centro Europeo di Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo)-. Anzitutto perché interferisce in materie che, secondo la Carta dell’Onu, fanno parte della giurisdizione propria di ogni Paese.
In secondo luogo perché eleva l’aborto a diritto umano fondamentale, il che non trova alcun riscontro nei documenti ufficiali dell’Onu. Anzi, l’Accordo Internazionale sui Diritti civili e politici stabilisce all’articolo 6 il ‘diritto alla vita’ di ogni essere umano”.
E’ dunque evidente che singole Commissioni e Agenzie dell’Onu sono ormai in mano a delle lobby che tentano di forzare gli accordi internazionali e di inserire nuovi concetti che nulla hanno a che fare con la volontà dei popoli.
“E’ ora – afferma il Cespas – che i governi, a cominciare da quello italiano, chiedano conto del loro operato a chi li rappresenta in queste istituzioni; e che denuncino Agenzie e Commissioni Onu ogni volta che violano gli accordi internazionali”.