Vita Nuova 31 ottobre 2014
Intervista a Benigno Blanco, presidente del Foro Español de la Famiglia
di Giuseppe Brienza–Santiago Perez Del Camino
Benigno Blanco Rodríguez, nato a Olloniego, nelle Asturias (Spagna), classe 1957, oltre che avvocato, è presidente del Foro Español de la Familia, la federazione delle famiglie che coinvolge la quasi totalità delle associazioni pro vita e pro famiglia in Spagna. Laureato in Giurisprudenza nell’Università di Oviedo, è stato per 8 anni Segretario di Stato nei Governi di Jose María Aznar, prima nel Ministero dell’Ambiente e poi occupandosi di infrastrutture pubbliche in quello dello Sviluppo. È coniugato ed ha 3 figli. Per Vita Nuova gli abbiamo rivolto in esclusiva alcune domande sulla situazione della battaglia contro l’aborto in Spagna e, in particolare, sulla grande manifestazione promossa dal Foro spagnolo della Famiglia il 22 novembre prossimo.
Partendo dalla sua vasta esperienza ed attività sociale, dove si sta incamminando la Spagna nell’ambito della difesa della vita
La Spagna è l’unico paese europeo (oltre l’Irlanda) nel quale il tema della difesa della vita fin dal suo concepimento non è mai sparito dal dibattito politico perché il movimento sociale pro-vita è rimasto vivo fin dalla prima approvazione di una legge sull’aborto, nel 1985. Questo perché, uno dei grandi partiti nazionali, il Partito Popolare (PP), finora ha conservato in qualche modo qualche impegno pubblico e programmatico nella difesa della vita.
Così, quando nel 2009-2010 Zapatero ha provocato la radicalizzazione di questo dibattito con la proposta di una nuova legge, c’è stata una reazione di rigetto di grandi proporzioni (si veda la dimostrazione del 17 ottobre 2009 a Madrid). Questa fece sì che il PP inserisse nel suo programma elettorale del 2011 la promessa di abrogare la legge Zapatero. Speravamo di essere il primo paese d’Europa occidentale che avrebbe fatto scattare una inversione di rotta sull’aborto, alla stregua del fenomeno che sta accadendo negli Stati Uniti e in diversi paesi europei come la Polonia, o l’Ungheria.
Anche se ora il PP ha tradito i suoi impegni in questo settore, la società civile spagnola non abbandona questa causa e ci stiamo mobilitando per costringere i partiti politici a far avanzare questo sforzo collettivo per porre fine all’aborto. Se il Partito Popolare non ci ascolta, altre forze politiche emergeranno che saranno in grado di accogliere questo crescente modo di sentire. Le persone a favore della vita sono ormai così tante in Spagna, che siamo ormai in procinto di venire del tutto “allo scoperto”: ci faremo sentire! Spero che la Spagna apra la strada in Europa per proclamare lo “stop” all’aborto.
Qual è secondo lei il ruolo dell’Unione Europea per quanto riguarda la difesa dei “principi non negoziabili”?
Le istituzioni dell’Unione Europea si sono ormai votate all’agenda dello pseudo progressismo laicista, filo-gender, come lo sono la grande maggioranza dei grandi partiti classici. I governi attuali sono eredi della generazione del maggio ‘68, che è oggi al culmine della sua potenza politica e culturale… Ma le cose, nelle loro basi almeno, stanno cambiando.
Culturalmente e politicamente i poteri istituzionali in Europa hanno ceduto all’anti-umanesimo di tipo anti-famiglia e filo-aborto. Ma la società comincia a reagire con forza contro questo monopolio ideologico: le manifestazioni del Foro Spagnolo della Famiglia, come quella che si avrà il prossimo 22 novembre, e quelle del movimento della Manif Pour Tous in Francia, sono l’espressione di un qualcosa che sta cambiando. Ovviamente questo cambiamento si sente di più nei paesi di tradizione cattolica e in quelli che escono dalla triste esperienza comunista più di quelli influenzati dalla riforma protestante.
Il fenomeno, comunque, piano piano comincia a generalizzarsi. Ora la battaglia in prima linea è quella delle idee e della cultura ma, presto, farà il “salto di qualità” alla politica e, in pochi anni, si avrà un effetto a macchia di leopardo in tutta Europa.
Perché sulla famiglia, come ha scritto in un suo recente libro, negli ultimi decenni “non abbiamo avuto dibattiti”?
Perché sia con l’aborto negli anni 1970, sia con quello che ora viene chiamato il “matrimonio gay”, i discorsi sono impostati in Europa solo sulla base di slogan e di campagne mediatiche prive di qualsiasi seria analisi intellettuale. Si dice che questi fenomeni sono il frutto della modernità e, chi vi resiste, non è progressista.
S’insulta poi e si squalifica chi difende la vita e la famiglia e, queste, sono le maggioranze attuali che impongono leggi ingiuste senza un serio dibattito culturale. Poi arrivano il dolore e le vite frustrate, del milione di aborti all’anno in Europa, delle famiglie spezzate, del divorzio che è una delle principali cause di povertà femminile nell’UE, una crisi demografica che ormai assomiglia a un suicidio collettivo, ecc… Ma di questo non si parla perché non è politicamente corretto.
L’Europa ha bisogno invece di dibattiti seri e senza pregiudizi, che possano analizzare seriamente gli effetti di questa crisi famigliare diffusa dalle leggi ingiuste sul matrimonio e sul diritto di famiglia, con le terribili conseguenze della banalizzazione del dibattito sull’aborto. In Spagna si sta cercando di suscitare questi dibattiti promovendo la formazione delle coscienze in tali delicate materie. Questo è il primo passo nella rivoluzione umanistica della quale il nostro continente ha bisogno.
Può spiegare le motivazioni dell’iniziativa del movimento spagnolo di difesa della vita umana e della famiglia del prossimo 22 novembre?
Il 22 novembre saremo per le strade di Madrid con centinaia di migliaia di persone a urlare — con un sorriso, ma con forza — a tutti gli spagnoli che siamo in molti a non essere disposti ad abituarci all’aborto. Ed a una società che abbandona con le sue leggi ingiuste la difesa della vita e della maternità. Con questo grido allegro vogliamo far arrivare ai nostri politici un messaggio: se loro abbandonano la donna ed il nascituro, noi li abbandoneremo, per difendere ogni concepito ed ogni madre.
E vogliamo dire anche a tutte le mamme in gravidanza che si sentono sole e tentate di abortire che possono contare su di noi e sul nostro sostegno per continuare con la loro gravidanza. La ragione specifica della nostra mobilitazione viene dall’abbandono da parte del presidente del Consiglio e del PP del suo impegno a riformare la legislazione esistente in materia di aborto. Non consentiremo questo dietro front.
L’epoca in cui la società civile seguiva i politici come pecore è passata; ora i cittadini detteranno ai politici il programma anche per quanto riguarda i principi “non negoziabili”.