Il dogma dell’Immacolata Concezione, il naturalismo e la Dottrina sociale della Chiesa

dal sito dell’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan

sulla Dottrina sociale della Chiesa

7 dicembre 2018

Silvio Brachetta

Naturalismo. Il vocabolo sembra innocuo. Non evoca nulla di particolare, nulla d’insidioso, né per il singolo, né tantomeno per la società. Se ne parla poco, anche in filosofia. I dizionari filosofici lo liquidano in poche righe. Se ne dovrebbe parlare, invece, più spesso. Il naturalismo è insidia antica e profonda, che va a colpire la possibilità stessa di una filosofia dell’essere, perché – a dispetto del nome – snatura le essenze, mortifica l’esistenza, allontana persino da quel mondo naturale che vorrebbe porre al centro.

Non è esente dal naturalismo la stessa filosofia greca, che pure ha posto il senso della natura al di là di questa, inaugurando la trascendenza per via di ragione, laddove la religione è trascendente per via di fede o di sentimento. Teodorico Moretti-Costanzi ha sostenuto che la «sapienza» dei Greci è «originariamente e irriducibilmente naturalistica» [1]. Anche l’anima, la psiché dei Greci, «non ha nulla a che vedere con ciò che noi chiamiamo spirito e anzi ne rappresenta tutto l’opposto» [2]. Da qui, a parere di Moretti-Costanzi, nasce l’incompatibilità del naturalismo ellenico col Cristianesimo, di cui al titolo del suo capitolo.

Di parere simile è Stefano Fontana, secondo cui «più che all’essere, i filosofi greci erano interessati al cosmo» [3]. I Greci, infatti, «riuscirono a capire molto dell’ordine delle cose che stavano dentro la scatola del cosmo», come pure ad «adombrare qualcosa che stava al di là della scatola [il mondo iperuranio, ndr]», ma non acquisirono «una consapevolezza vera della trascendenza» [4]. E, dunque, «il cosmo rimase sempre una scatola autosufficiente» [5].

Il problema dei naturalisti – o meglio – il motivo per cui il naturalismo costituisce un problema per la fede è proprio legato all’autosufficienza: il naturalista non ha bisogno di Dio per salvarsi dalla morte o dalla perdizione, ma si affida unicamente alla forza della sua ragione. Il naturalista non ha bisogno della fede: la pistis dei Greci (la credenza) è relegata, nella scala epistemica, al livello della doxa (opinione). Quando, allora, la filosofia greca ha dato motivi di ragione alla trascendenza e alla Rivelazione giudeo-cristiana, fu largamente assunta dalla teologia, quale criterio di verità logica e rigorosa, ma nella misura in cui non riconobbe la realtà di un Dio personale, creatore e trascendente, la stessa teologia ne ha sempre indicato i limiti umani.

Nascita e morte di una civiltà

Con il lento crollo dell’Impero romano e l’avvio del Medioevo l’uomo riesce in una sintesi speculativa epocale, che rende ragione alla fede con le categorie della filosofia classica. Fede e ragione si uniscono al punto da maturare una teologia assimilabile ad una «filosofia cristiana», sia per la vastità delle questioni affrontate, sia per l’uso abituale della logica e delle suggestioni filosofiche classiche. La natura, in tale operazione – che dura un millennio e che culmina nella Scolastica – non ne esce umiliata, ma raggiunge la dignità di “creazione”, per il suo rapportarsi con Dio.

Si comprende pure che la dipendenza da Dio non soffoca la creatura, ma è, allo stesso tempo, indipendenza, per la volontà liberante del Creatore. Con il Creatore al centro, in rapporto di analogia con la creatura, la natura non è soltanto nobilitata, ma anche studiata: la fondazione delle scholae e delle universitas – da parte della Chiesa clericale – innesca non solo la grande speculazione teologica, ma anche le prime ricerche sistematiche nei campi delle scienze naturali [6].

La Civiltà cristiana, scaturita appunto su tali fondamenti, entra però in crisi dal XIV secolo in avanti, con l’Umanesimo e il Rinascimento prima e, poi, con l’avvento della modernità, negli ultimi quattro secoli di storia. Non che manchino gli scienziati, né che manchi il genio, ma i dati che provengono dalle scienze non possono più entrare in armonia o in sintesi con quelli della fede, dopo la spaccatura tra fides et ratio, a seguito specialmente della filosofia spuria occamiana e dello scisma provocato dalla Riforma protestante.

La Massoneria

Assieme all’Umanesimo e al Rinascimento risorge il naturalismo, che durante il Medioevo si era in gran parte attenuato. Per «naturalismo», in senso moderno e contemporaneo, si dovrebbero intendere essenzialmente due cose: la dottrina secondo cui «nulla esiste fuori della natura» e la dottrina secondo cui è negata «ogni distinzione tra natura e soprannatura» [7]. In generale, tuttavia, il naturalismo ha diversi altri significati. È particolarmente importante il significato di «naturalismo teologico», che è quello più insidioso per la fede e corrisponde alla dottrina «che, affermando la bontà della natura umana, nega o limita fortemente la necessità della grazia». In questo senso, il «suo opposto è il soprannaturalismo» [8].

Tutto sommato la virata della modernità verso il naturalismo razionalista – e verso la conseguente obsolescenza della fede – era inevitabile. Bacone, Cartesio, Galilei o Newton non sono stati gli attori centrali di questo squilibrio. Gli scienziati c’erano pure nel passato, fino e oltre il XIII secolo. Lo squilibrio è stato causato dalla rottura tra fides et ratio: una volta evaporato il fondamento, il pensiero umano ha eretto alla dignità di arché non qualcosa che avesse a che fare col Tutto, ma una qualche porzione della realtà. E, dunque, l’universo mondo è retto, secondo i nuovi filosofi, dalla porzione della ragione (razionalismo, illuminismo), o dalla porzione dell’idea (idealismo), o dalla porzione dei sensi (empirismo), o dalla porzione delle scienze (positivismo) o, addirittura, da nessuna porzione (relativismo). Un terrificante regionalismo ha contagiato la filosofia e una certa teologia, fino ad oggi, polverizzando la ragione e svalutando la fede.

Eppure, all’apice di ogni malinteso, sembra porsi proprio il naturalismo. Non è strano che il magistero pontificio abbia prodotto quasi seicento documenti di condanna della Massoneria [9]. Le associazioni dei Liberi Muratori hanno infatti costituito, almeno a partire dal XVIII secolo, la concrezione storica del naturalismo razionalista moderno. È anche vero, viceversa, che il naturalismo è una mentalità largamente diffusa nelle società occidentali, a prescindere dalla Massoneria. Lo scientismo – conseguente al naturalismo – è alla base dei programmi scolastici ed è sentimento diffuso ormai ovunque.

Se Maria è stata concepita senza peccato, l’uomo nasce invece con la colpa adamitica

A due riprese, nel 1854 e nel 1864, papa Pio IX si è pronunciato sulla verità circa il peccato originale dell’uomo e sugli errori del naturalismo. Con l’Ineffabilis Deus [10], Pio IX, proclama il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria e ribadisce, per converso, che l’uomo nasce con la macchia della colpa adamitica. Dieci anni dopo, il pontefice torna sul tema con la Quanta cura e il Sillabo [11], condannando più esplicitamente le posizioni del naturalismo e di altri errori della modernità.

Nel Sillabo, in particolare, è indicata come errore l’opinione secondo cui «la ragione umana è l’unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio» [12]. È altresì erronea, di conseguenza, l’opinione secondo cui «la ragione umana è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli». Non è quindi sufficiente la ragione umana – intende il pontefice – per orientare il singolo e la società verso il bene, poiché senza la grazia né si distingue nitidamente il bene e il male, né si ha la forza necessaria per attuarlo. Questo quanto al naturalismo teologico.

Quanto invece all’errore a monte del naturalismo – il quale è collegabile a una sorta di monismo filosofico – Pio IX indica la falsa opinione secondo cui «non esiste niun essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da quest’universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose», al punto che «Dio è una sola e stessa cosa col mondo» [13]. Da qui appare abbastanza chiara l’irrilevanza metafisica della proposizione e l’apertura verso il panteismo. Fu proprio Baruch Spinoza a coniare il concetto di «Deus sive Natura» [14].

Dottrina sociale della Chiesa e naturalismo

Sarebbe del tutto fuorviante pensare che Pio IX si sia limitato a definire una verità dogmatica solo dal punto di vista formale. Ogni pronunciamento del magistero ha pure una rilevanza sociale, nel senso che l’errore non si limita a danneggiare il singolo, ma danneggia la società. L’uomo del XIX secolo, in particolare, vive sotto una spinta secolarizzatrice senza precedenti, in intensità e durata. L’iper-tecnologismo ha fatto scoppiare la “questione sociale”, mentre il cattolicesimo conosce un momento di forte persecuzione. Durante il secolo XIX, i popoli dell’Europa sono, in genere, disorientati e spesso ingannati dalle promesse di felicità terrena. S’impongono soluzioni ideologiche alla miseria: socialismo, anarchismo, ottimismo positivista, liberalismo.

Con Pio IX non esiste ancora una disciplina con il nome di Dottrina sociale della Chiesa, ma la definizione dogmatica mariana va a toccare in modo diretto l’autosufficienza umana predicata dalle nuove linee della filosofia e dal moderno entusiasmo per le macchine. Con papa Leone XIII si ha un ulteriore chiarimento di quanto il naturalismo incida negativamente sul corpo sociale. Nella Humanum Genus [15] Leone XIII sostituisce spesso il termine «Massoni», con «Naturalisti». Come, allora, i naturalisti corrompono la società?

Ad esempio, con la proposta del laicismo, contrario al principio di laicità. I naturalisti – scrive il papa – «con lungo ed ostinato proposito» fanno in modo che «nella società non abbia alcuna influenza, né il magistero né l’autorità della Chiesa», sostenendo in tal modo «la piena separazione della Chiesa dallo Stato» [16]. Così predicando, essi si sottraggono al «governo alla virtù», uno dei capisaldi della Dottrina sociale. Negando poi il peccato originale, il naturalismo non concepisce l’inclinazione al male del libero arbitrio: ne conseguono sommosse e disordine pubblico, arginati a fatica mediante «sforzi continui e somma costanza» [17].

Quanto alla famiglia, viene svilito dalla Massoneria il «consorzio domestico», con la concessione del divorzio, poiché «il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato». Non solo, ma «nell’educare i figli» non si dovrebbe imporre «religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada» [18]. La società è, quindi, danneggiata dalle fondamenta (famiglia) fino allo Stato, che «dev’essere ateo».

Ad errori si aggiungono errori: «gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, e sono di condizione perfettamente eguali; nessuno ha diritto di comandare agli altri; chi comanda non ha l’autorità di comandare se non per mandato o concessione del popolo; l’origine di tutti i diritti e doveri civili è nel popolo […] che si regga per altro secondo i nuovi principi di libertà; tra le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna» [19]. Nel naturalismo, dunque, vi è il progetto di negare la regalità sociale di Cristo, di rendere la società priva di ogni riferimento sicuro, di fondare il potere sull’arbitrio, di negare le differenze e di contrastare l’ordine delle cose.

Conclusione

Una delle intuizioni di San Giovanni Bosco fu quella di curare la formazione e l’istruzione dei giovani, unica difesa per le generazioni future dalla deriva nichilista dell’ateismo. In fondo – diceva don Bosco – la causa di molti mali personali e sociali «è una sola, essa sta tutta nell’educazione pagana che si dà generalmente nelle scuole» [20]. Ho combattuto tutta la mia vita – continua – «contro questa perversa educazione» e «a questo fine ho intrapreso la stampa riveduta e corretta dei classici latini profani che più corrono per le scuole». Tutto questo allo scopo di «render vani possibilmente gli effetti distruttori del naturalismo pagano e riporre nell’antico dovuto onore quanto anche nelle lettere produsse di grande il Cristianesimo» [21].

E alle derive nichiliste provvede, da secoli, anche il dogma stesso. Mons. Giampaolo Crepaldi, ebbe a dire qualcosa sul dogma dell’Immacolata Concezione di Maria: «Niente di più lontano dalla Dottrina sociale della Chiesa, sembrerebbe. E invece no. La proclamazione di questo dogma ha definitivamente escluso ogni forma di naturalismo, ossia ritenere che la natura umana possa darsi la salvezza da sé. Anche oggi l’uomo pensa di fare a meno di Dio e nega di avere una natura corrotta dal peccato originale. Così pensando, diventa inutile la Dottrina sociale della Chiesa, dato che l’uomo sa salvarsi con le sole sue forze. Ma l’Immacolata Concezione afferma che lo scopo del mondo è la Gloria di Dio, la vittoria sul peccato e sul male, al cui scopo è indirizzata anche la Dottrina sociale della Chiesa» [22].

______________________

[1] Teodorico Moretti-Costanzi, “La terrenità edenica del Cristianesimo e la contaminazione spiritualistica” (1955), c. V: “Il naturalismo ellenico incompatibile col Cristianesimo”, in Opere, Bompiani, 2009, p. 263. I corsivi sono del Moretti-Costanzi.

[2] Ivi.

[3] Stefano Fontana, Filosofia per tutti. Una breve storia del pensiero da Socrate e Ratzinger, Fede & Cultura, 2016, p. 15.

[4] Ivi.

[5] Ivi

[6] Nel XIII secolo, soprattutto, sono sviluppate le discipline matematiche, fisiche, mediche, farmacologiche, astronomiche e logiche. È il secolo dei primi scienziati, tra i quali Fibonacci, Atratus, Campano, Sacrobosco, Lullo, Buridano.

[7] Nicola Abbagnano, «Naturalismo», in Dizionario di filosofia, Utet, 2001(III), p. 745.

[8] s. a., «Naturalismo», in Treccani (online), Istituto della Enciclopedia Italiana.

[9] Cf. p. es. Giovanni Cantoni, “La massoneria nei documenti del Magistero della Chiesa cattolica”, Cristianità, n. 370, 2013.

[10] Pio IX, Costituzione apostolica Ineffabilis Deus, 08/12/1854.

[11] Pio IX, Lettera enciclica Quanta cura (con allegato il Syllabus), 08/12/1864.

[12] Syllabus, cit., I-III.

[13] Ibidem, I-I.

[14] «Dio ossia la Natura», Baruch Spinoza, Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, IV, p4d.

[15] Leone XIII, Lettera enciclica Humanum genus, “Condanna del relativismo filosofico e morale della massoneria”, 20 aprile 1884.

[16] Ivi.

[17] Ivi.

[18] Ivi.

[19] Ivi.

[20] Francesco Cerruti, Le idee di Don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento e la missione attuale della scuola  Lettere due, Tip. e Libr. Salesiana, S. Benigno Canavese, 1886, pp. 10-11.

[21] Ivi.

[22]Stefano Fontana, “La Dottrina sociale non è separabile da Chiesa e fede”, La Nuova Bussola Quotidiana, 18/03/2015.

 

Guardini, La fine dell’epoca moderna e il nazionalsocialismo

Romano Guardini

da Cultura&Identità — Anno II, n° 5, maggio – giugno 2010

Ermanno Pavesi

Romano Guardini (1885-1968) è nato a Verona ma è cresciuto a Magonza in Germania. Sacerdote e professore di filosofia della religione e della visione del mondo cristiana, ha insegnato a Berlino dal 1923 fino al 1939, quando fu esonerato dall’insegnamento dalle autorità nazionalsocialiste. Ha ripreso l’insegnamento nel 1945 all’Università di Tubinga e dal 1948 a Monaco di Baviera. In alcune lezioni tenute negli anni 1947-1948 all’Università di Tubinga, e pubblicate esattamente sessant’anni fa in un volume con il titolo: La fine dell’epoca moderna (1), Guardini ha analizzato con acume la crisi dell’epoca moderna, pronosticandone la fine e aprendo quindi la discussione sulla postmodernità.

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I poveri del Libano

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Notiziario di un gruppo di volontari di “Oui pour la vie”, un’associazione di volontariato con sede a Damour in Libano, legalmente riconosciuta impegnata in favore dei più poveri http://www.ouipourlavielb.com/it/ Facebook: Damiano Puccini /newsletter@ouipourlavielb.com

di padre Damiano Puccini

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In altri casi il Magistero viene volutamente dimenticato quando non nascosto.

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  • la democrazia moderna è buona?
  • Cristo Re è una espressione di sola liturgia?
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  • quali sono le condizioni  per un retto e sano ordinamento democratico?
  • si deve sempre tollerare il male nella legislazione?
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