Padre Pavel Florenskij brilla nella storia della cultura russa di questo secolo come uno dei pensatori più attenti ai segni dei tempi e alle novità, e brilla ancora, con la sua mente di matematico, per l’incredibile attenzione all’ordine della forma. Potrà sembrare strano allora che all’inizio degli anni Venti, in un momento così tragico per la Chiesa russa e per tutto il paese, abbia voluto dedicare un articolo al tema della cultura e abbia poi dato in esso ampio spazio al problema ecumenico: un tema apparentemente astratto e teorico, sviluppato con un fuori tema ancor più teorico, quale potrebbe sembrare appunto il discorso sull’ecumenismo. Ma padre Florenskij era anche un mistico, cioè un maestro di quella suprema esperienza di unità e di integrazione che è la vita con Dio, e questa esperienza lo rendeva capace di apprendere e poi di comunicare nessi a prima vista sfuggenti e inessenziali, in realtà però concreti ed essenziali, come concreto ed essenziale è per il cristiano quel rapporto con Dio che la tradizione chiama vita mistica.
In un tempo tragico e decisivo per il destino dell’uomo, Florenskij sembra allora suggerire che il problema dell’uomo è il problema culturale, perché come è stato ripetuto più volte in questi anni «l’uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura» e «la cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo» (Giovanni Paolo II, Allocuzione all’Unesco del 2 giugno 1980). Ma se è vero, come ci insegna tutta la tradizione cristiana d’Oriente e d’Occidente, che l’uomo non ha senso nel mondo se non come immagine e somiglianza di Dio, sarà evidente anche che il problema della cultura, il problema della capacità di dare un senso unitario alle cose, è il problema dell’unità di quel Corpo — la Chiesa — che di quell’immagine vive in maniera privilegiata.
Scritto più di sessant’anni fa, l’articolo di Florenskij giunge dunque all’essenziale così da poter sembrare «scritto soltanto oggi», come ricorda in una sua fine nota lo ieromonaco Andronik, che ha curato l’edizione russa (Zurnal Moskovskoj Patriarchii, 1983, n. 4, pp. 52-57) del testo di Florenskij, già pubblicato in inglese nel 1924 e qui tradotto per la prima volta da Adriano Dell’Asta.
La divisione in paragrafi è dell’originale russo, i sottotitoli sono invece redazionali.