di Claudio Finzi
Tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento l’Italia vive un processo politico che da una miriade di piccoli organismi conduce a una situazione ancorata a cinque Stati maggiori: Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, le «potentie grosse», come furono allora definite. Sia queste sia gli organismi minori ebbero bisogno di funzionari, di consiglieri, di giuristi, di dotti, di umanisti, tutti dotati di una cultura comune. Uomini che non esitano a muoversi da un capo all’altro d’Italia, secondo i loro interessi e secondo le possibilità di impiego offerte loro dai governanti. E basti ricordare tra i grandi protagonisti dell’epoca i calabresi Simonetta, che vanno a Milano a servire gli Sforza, e l’umbro Giovanni Fontano, che diventa primo ministro di Ferrante d’Aragona a Napoli.