
di Vittorio Messori
Credo che una certa emozione mi sarà perdonata. Scrivo a caldo, in effetti (televisore spento,telefono e telefonini staccati) subito dopo avere appreso di essere stato coautore di un libro con il Pontefice defunto e di un altro con quello appena eletto. Cose che sembrano troppo grosse e impegnative; per uno che da molti anni ha abbandonato Milano per vivere tranquillo sul lago di Garda, che va di rado a Roma e ancor più di rado in Vaticano, che più che di attualità ecclesiale ama occuparsi, seppur da divulgatore, di storia della Chiesa e di esegesi biblica.
Eppure, non so come, ma è andata così. l’invito a pranzo a Castelgandolfo, la scoperta che Giovanni Paolo II leggeva i miei libri (sin dal primo, “Ipotesi su Gesù”, che volle egli stesso far tradurre in polacco) e poi la domanda imprevista, che mi mise in crisi e mi fece esitare ben più che esultare: «Perché non mi fa qualche domanda?».