Prendiamo un uomo giovane, intelligente, colto e attratto dalle grandi utopie. Facciamone un comunista convinto, anzi di più, un agente segreto del Komintern, un inviato speciale in tutto il mondo del potere sovietico. Diamogli un nome: Jacques Rossi, francese di nascita, poi emigrato con la madre a Varsavia e più tardi iscritto al partito polacco.
Fissiamo una data, il 1937, quella delle grandi purghe staliniane, e spediamo in quell’anno il nostro eroe, dopo un processo sommario istruito sulla base di false accuse, a fare la conoscenza dei gulag, i campi di concentramento sovietici. Lasciamolo a marcire là per vent’anni (più altri quattro di residenza coatta) in modo che sperimenti gelo e percosse, fame e minacce, torture e celle d’isolamento. E adesso consentiamogli, per un caso fortunato, di uscire vivo dall’inferno: ovvio che si presenterà a noi un personaggio del tutto diverso dall’inizio, fisicamente ridotto a una larva però mentalmente una specie di eroe.