di Giuseppe Brienza
Molti si chiedono in questi giorni quali saranno i punti fermi e le specificità della teologia, spiritualità e pastorale che Francesco I, il gesuita argentino d’origine italiana Jorge Mario Bergoglio appena eletto da uno dei più veloci Conclave degli ultimi tempi (26 ore dall’“extra omnes”), darà da pontefice e vescovo di Roma.
Prima della sua elezione, da cardinale arcivescovo di Buenos Aires e Primate d’Argentina, Bergoglio si è mostrato assai sensibile verso la povertà materiale, evidenziando nel suo carattere e comportamento allo stesso tempo umiltà d’animo e spirito forte. Si sa per esempio che a Buenos Aires, come arcivescovo viaggiava in autobus e metropolitana, ma sempre con l’abito talare, mai in clergyman, ed impersonando autorevolezza di padre.
Sempre da Arcivescovo, ad esempio, ha raccomandato spesso ai suoi sacerdoti, catechisti e religiosi quella che ha definito una «dedizione silenziosa e impegnata nel ministero della catechesi». Questo passaggio è tratto da uno dei suoi ultimi discorsi da presidente della Conferenza Episcopale Argentina, incarico che ha ceduto il 10 novembre 2011 all’arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz monsignor José María Arancedo.
Poco prima della proclamazione dell’Anno della Fede, l’allora cardinal Bergoglio tenne infatti un intervento in occasione della celebrazione nell’arcidiocesi di Buenos Aires della Giornata del Catechista, da lui fatta proclamare il 31 agosto 2010. In tale intervento, dopo aver chiesto a Dio di “ringiovanire” i catechisti con la sua grazia, l’attuale Papa ricordava, citando il Documento di Aparecida dei vescovi latino-americani, che «il rinnovamento della pastorale e della catechesi non dipenderà da grandi programmi e strutture, ma da uomini e donne nuovi che incarnino questa tradizione e novità, come discepoli di Gesù Cristo e missionari del suo Regno».
«Nel nostro compito evangelizzatore, Dio ci chiede di accompagnare un popolo che cammina nella fede», affermava poi Bergoglio in una lettera indirizzata ai catechisti per la stessa Giornata diocesana loro dedicata.
In questo “cammino”, spiegava precedentemente in una intervista rilasciata alla rivista “30 Giorni” (dicembre 2007), ogni catechista per restare con Dio deve letteralmente uscire da sé stesso: «Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita – affermava rispondendo ad una domanda l’allora cardinal Bergoglio –. Il Signore opera un cambiamento in colui che gli è fedele».
Fra le reazioni registrate fin dalla sera del 13 marzo, appena dopo l’elezione di Francesco I, segnaliamo quella di un sacerdote americano che ha seguito direttamente i lavori del Conclave rimanendo per tutto il tempo dell’elezione a Roma, cioè padre Robert Sirico, presidente dell’Acton Institute.
Ad avviso di Sirico, che è un noto commentatore economico negli Stati Uniti (pubblica note, sempre profondamente ispirate alla Dottrina sociale della Chiesa, su testate del calibro del New York Times, Wall Street Journal e London Financial Times), il cardinal Bergoglio «è uomo di profonda spiritualità, conosciuto per il suo impegno in difesa dell’Ortodossia dottrinale così come per la sua semplicità di vita. Come Benedetto XVI, ha sempre associato una profonda premura per i poveri con una pari insistenza affinché si eviti che la Chiesa assuma direttamente responsabilità politiche o prescriva ricette per la soluzione dei problemi economici. Da questo punto di vista, il nuovo Papa è davvero un modello per tutti i vescovi ed il clero cattolico di tutto il mondo» (cfr. Press Release: Acton Institute’s Rev. Robert Sirico comments on election of Pope Francis, Vatican City 13 March 2013).
Il nuovo Papa quindi, è sicuramente un pastore d’anime molto vicino ai poveri e fermo contro l’arroganza dei ricchi senza però indulgere, come implicitamente sottolinea p. Sirico, verso quella Teologia della liberazione che è stata più volte condannata dallo stesso Ratzinger sia da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (si pensi alla Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione”, Libertatis nuntius, da lui fortemente voluta nel 1984) sia come Pontefice.
Nessuno pensi, quindi, ad un Francesco I Papa pauperista o “progressista”! E non è un caso, a esempio, che fra le prime parole da Pontefice appena eletto Bergoglio abbia ricordato ed assicurato preghiere per Benedetto XVI, smontando così certi schemi che lo volevano concorrente di Ratzinger nel Conclave del 2005 (ignorando anche che allora Bergoglio, al terzo scrutinio, fece vertere i suoi voti sul futuro Benedetto XVI, divenendo così “garante” della sua successiva votazione).
E’ legittimo quindi vedere nell’elezione di Francesco I un segno provvidenziale di continuità con il precedente pontificato, sia pure mediante modalità diverse inerenti alla personalità del nuovo Papa. Sarà probabilmente un incisivo riformatore della Curia, alleggerendone le strutture, ma fermo nel conservare lo spirito millenario di sapienza organizzativa del governo della Chiesa, assieme al suo patrimonio dogmatico e liturgico.
In questa sua impegnativa missione, come ha sottolineato monsignor Javier Echevarría, Vescovo Prelato dell’Opus Dei, «non dimentichiamo che il Papa conta sull’aiuto di Dio, sull’assistenza dello Spirito Santo e sull’affetto e la preghiera dei cattolici, e di milioni di persone di buona volontà». Come consigliava quindi il fondatore dell’Opera di Dio San Josemaría Escrivá, chiediamo tutti oggi al Signore che i cristiani abbiamo «”una sola volontà, un solo cuore, un solo spirito: perché «omnes cum Petro ad Iesum per Mariam!» — tutti, ben uniti al Papa, andiamo a Gesù, per mezzo di Maria” (Forgia, 647)» (Parole del Prelato dell’Opus Dei per l’elezione del Romano Pontefice Francesco, Roma 13 marzo 2013).