Con i soldi dello Stato in Svezia in quarant’anni è stata distrutta la famiglia: l’85% delle donne va a lavorare invece che fare la casalinga, ma l’83% vorrebbe stare a casa con i propri figli e non può più farlo
di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
Si dice che tutto questo dipenda dall’incertezza economica, ma ne siamo proprio sicuri?
Anche tu pensi veramente che basterebbe un tesoretto da mille o duemila euro l’anno per convincere gli italiani a fare più figli, a essere più famiglia? Perché pare questo il succo del dibattito di questi anni e, secondo gli esperti, la famiglia se la vedrebbe male, nell’ordine, a causa della crisi degli alloggi, dei tassi sui mutui, dei contratti di lavoro a termine, della tassazione elevata, del costo degli asili nido, del costo dei libri scolastici, del costo dei pannolini, dell’esosità delle badanti e via discorrendo.
Ci piacerebbe sapere quanti giovani, potendo contare su un tesoretto che mettesse rimedio a questa debacle economica, deciderebbero di sposarsi, di mettere al mondo dei figli e di rimanere insieme per tutta la vita. Come ben sai, noi non siamo dei pauperisti che non tengono nel giusto conto le questioni economiche. Abbiamo famiglia, abbiamo moglie e figli e sappiamo bene che cosa significhi anche sul piano delle finanze. Ma sappiamo che metter su famiglia richiede anche altro: ben altro.
Purtroppo, l’idea che basta un poco di soldi e la voglia di famiglia riprenderà quota è diventata merce comune anche tra molti cattolici secondo i quali deve pensare a tutto lo Stato. Ben vengano gli aiuti alle famiglie, specialmente quelle giovani, ben vengano le politiche sociali che sostengono il legittimo matrimonio tra un uomo e una donna che intendono avere figli.
Ma, lo chiediamo anche a te caro amico, la famiglia ha veramente bisogno innanzitutto di soldi dello Stato? Non sarà che in questa società opulenta non ci si sposa più, non si fanno più figli e non si sta più insieme per sempre perché non si crede più in niente? Non sarà che la famiglia ha bisogno di valori in cui credere per riuscire a guardare avanti con generosità? Non sarà che si è troppo concentrati sul proprio ombelico per guardare negli occhi il prossimo e per ricordarsi di Dio?
I nostri nonni avevano magari dieci o quindici figli, ma non li avevano messi al mondo con il miraggio del tesoretto procuratogli dallo Stato. Li avevano messi al mondo per la certezza della loro fede. E se qualcuno moriva, come capitava con una certa frequenza, erano convinti di avere un angioletto in più in Paradiso. Erano dei buoni cattolici e, quindi, dei buoni cittadini che si prendevano sulle spalle la loro quota di responsabilità sociale. Altro che sicurezza sul tasso di sconto e mutuo agevolato.
Nessuno vuole mettere in discussione che servono anche aiuti economici, soprattutto a beneficio di quelle molte famiglie che ogni giorno che Dio manda in terra lavorano per il bene comune, e quindi per lo Stato. Ma come si può pensare che i soldi siano la soluzione di ogni problema? Guardiamo nelle nostre case e osserviamo con attenzione i nostri figli, che a quarant’anni suonati si chiamano ancora ragazzi.
Siamo sinceri: quanti di loro, pur avendo il minimo indispensabile per mettere su famiglia, preferiscono restare nella cuccia calda con mami e papi? Tanti, troppi. Essere dei buoni cittadini, e magari dei buoni cattolici, significa anche rischiare, scommettere la vita su un impegno grande. Oggi, se non c’è l’appartamento arredato, se non avanzano soldi per la vacanza esotica, due ragazzi di quarant’anni mica si possono sposare. Sono costretti, poverini, a convivere.
Brutto discorso, lo ammettiamo, nel quale si dovrebbe parlare di sacrificio, impegno, generosità, altruismo, fede. Tutta roba sorpassata. Eppure funzionava, e non solo per i cattolici. Anche fior di anticlericali incarnavano quei valori. Ci fosse ancora la grandezza, la statura umana e morale di certi mangiapreti in questa Repubblica fondata sull’happy hour.
Ma non ci sono più grandi mangiapreti forse perché si sono fatti merce rara i grandi preti. Certo, non bisogna generalizzare, ma quel clero che formava cittadini seri formando cattolici seri ha subito una crisi drammatica negli ultimi quarant’anni. Per fortuna, ce ne sono ancora di capaci di rimettere con i piedi per terra e la testa in Cielo un uomo che quarant’anni di religione ridotta a sociologia protomarxista aveva capovolto. Andate nelle chiese di questi sacerdoti: le troverete piene di genitori con tanti bambini piccoli. Ci sarà un motivo.
E, invece, un sacco di cattolici si riduce a fare i conti sulle briciole del tesoretto buttato sotto il tavolo dal governo di turno. Chiedono più intervento dello Stato e non sanno che se c’è una realtà dalla quale lo Stato deve rimanere fuori è proprio la famiglia. In Svezia, proprio applicando questa teoria, in quarant’anni è stata distrutta la famiglia.
L’85% delle donne ha potuto andare a lavorare invece che fare la casalinga. Peccato che ora l’83% delle donne vorrebbe stare a casa con i propri figli, ma non può più farlo. E, oltretutto, troverebbe la casa vuota.
Caro amico ateo, che cosa dici di unirti alla nostra richiesta di essere lasciati in pace da uno Stato che scambia il benessere della famiglia con la crescita del PIL? Che ci lascino continuare a credere in qualche cosa di grande. La cosa migliore che uno Stato può fare per le famiglie è quella di non fare danni.
Ci lascino educare i nostri figli in santa pace. Non spendano soldi per insegnare ai nostri ragazzi che le droghe leggere non fanno male, che gay è bello, che cambiare ragazza ogni sera va benone, purché si prendano le dovute precauzioni. Ecco, con questo gli abbiamo pure dato qualche idea per risparmiare un po’ di danaro dei contribuenti. Altro che tesoretto.