Il Giornale 31 Agosto 2021
Prefetto della Casa Pontificia e segretario personale di Benedetto XVI, interviene sui temi etici sollevati da Berlusconi: “Senza il cristianesimo non esisterebbe la libertà e neppure il liberalismo”
Serena Sartini
«La politica è un campo minato per un cristiano» ma resta «la più alta forma di carità», come diceva Paolo VI. Per questo, «è necessario che i cristiani siano presenti nella politica con le loro convinzioni e con la loro testimonianza». In tal senso, «non esiste una politica cristiana, ma solo politici cristiani».
Sul dibattito in tema di identità cristiana sollevato da Silvio Berlusconi, interviene monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito, Benedetto XVI. «Fare politica con convinzioni cristiane – osserva l’arcivescovo – è la forma più raccomandabile e anche desiderabile nei nostri giorni».
Parla delle radici cristiane, del laicismo e del relativismo, di una identità cristiana a rischio. E citando Benedetto Croce («Non possiamo non dirci cristiani») afferma: «Il suo messaggio è attualissimo».
Il tema dei valori non negoziabili è stato un cavallo di battaglia del Papa emerito Benedetto XVI. Lei lo ha accompagnato in tutti questi anni. Quali sono i valori che esprimono l’identità di un autentico cristiano?
«Rispondo con una controdomanda: oggi si conosce ancora il significato più profondo dell’espressione valori non negoziabili? Si sa cosa essa significhi? Quali siano questi valori? Comunque sia, in fin dei conti, non dipende tanto dall’espressione in sé, che può cambiare o variare, piacere o non piacere, quanto invece dal suo contenuto: questo è ciò che conta. Vale a dire, certamente anche e anzitutto nella nostra epoca i valori cristiani sono da difendere e da vivere: ma vivere con e per i valori cristiani è il punto più importante, fondante. Essi restano parola morta se non vengono incarnati nella propria vita e nella propria realtà quotidiana. In termini concreti, i valori cristiani danno al nostro essere una dignità incancellabile, una grandezza unica e un senso profondo».
In una società, come quella italiana ed europea, segnata da laicismo, dall’individualismo, dall’edonismo, quanto è difficile esprimere e testimoniare la propria identità cristiana?
«L’identità di tutto il continente europeo non si comprende senza il cristianesimo, ciò vale in particolar modo nel caso dell’Italia. La fede cristiana ha formato la sua cultura, ha permeato la sua storia in un legame quasi indissolubile. Indubbiamente, la fede cristiana è un fatto personale e intimo, non può e non vuole avere corsie preferenziali, ma è un fatto che ha segnato e segna il cuore anche dell’uomo contemporaneo.
Se si abolissero i valori cristiani, si abolirebbe nello stesso tempo anche il valore sociale dell’amicizia, della solidarietà, del sostegno reciproco, che sono gli elementi fondanti dell’esistenza personale ed individuale e della costituzione della società. La fede è propriamente legame, fiducia e affidamento. È la decisione di seguire e di essere fedele, riconoscendo una verità in cui la propria vita è data, accettata e compresa. La fede è un antidoto efficace a tutti questi ismi, nella loro accezione negativa».
Come è possibile, per un vero cristiano, testimoniare la propria fede nella politica, nella dimensione economica e sociale?
«Paolo VI affermava: La politica è la più alta forma di carità. Questa espressione ed il suo contenuto essenziale sono stati ripetuti e fatti propri successivamente da tutti i Papi, fino a Papa Francesco. Tuttavia, è anche vero che la politica, per diversi motivi, è un campo minato per un cristiano. Ma proprio per questa infida motivazione è necessario che i cristiani siano presenti nella politica con le loro convinzioni, con la loro testimonianza, con un’ortoprassi conseguenziale.
Lì s’incontrano opinioni, idee, ideologie, atteggiamenti ed esperienze diverse, a volte opposti e ostili. La politica è nient’altro che una fotografia realistica della società in cui viviamo. Non possiamo cercare, tanto meno creare isole felici per fare una politica cristiana. D’altronde, non esiste neanche una politica cristiana, esistono solo politici cristiani, cioè uomini e donne che hanno una formazione, una educazione cristiana e di conseguenza, una convinzione e una coscienza cristiana, che sono il fondamento per il loro agire in politica.
Qui si dovrebbe notare la differenza. La propria fede nell’uomo politico si manifesta nel contenuto del suo agire, nel comportamento personale, nelle decisioni per le quali si impegna e lotta. Fare politica con convinzioni cristiane è la forma più raccomandabile e anche desiderabile nei nostri giorni. E ciò vale per tutti i campi della politica: economia, finanza, cultura, vita sociale, sport…».
L’identità cristiana è oggi a rischio?
«Dalla domanda sul laicismo risulta chiaramente che l’identità cristiana è a rischio. Ma lamentarsi non serve, non cambia niente. Questa constatazione deve piuttosto dare un impulso, un incentivo forte a fare tutto il possibile perché il rischio trovi risposte adeguate, chiare, coraggiose e forti. È una sfida che va vissuta nella quotidianità, con coraggio: si deve combattere, ma soprattutto testimoniare pur nell’incontro e nel confronto dialogico con realtà differenti ed antitetiche».
Il tema delle radici cristiane in Europa è ancora attuale?
«Attualissimo, direi! Per sincerità e completezza dobbiamo però affermare che non sono solo le radici cristiane, ma le radici giudaico-cristiane che hanno formato il nostro continente e anche l’Italia. Senza il cristianesimo non esisterebbe la libertà, neanche il Liberalismo. Il cristianesimo ha in sé la premessa per i più importanti dei nostri valori: l’uomo come immagine di Dio è il fondamento per la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, la tolleranza, la solidarietà, il rispetto. Non dimentichiamo che il nostro corretto comportamento nei confronti degli altri, indipendente dallo stato personale, dall’origine, dalla razza, dalla pelle, dalla cultura, dalla religione, dalle idee politiche, dipende dalla rivoluzione cristiana. E non è mai utile né produttivo recidere le radici dalle quali siamo cresciuti».
Quale è la strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano?
«Non è opportuno e neanche necessario creare in modo esplicito una strategia per i cristiani. Cadremmo in forme di integralismo. Sembra banale e semplicistico, ma non lo è: basta vivere e praticare la fede. Chi vive la fede in modo intelligente, convincente e con un senso dell’umorismo è un testimone silenzioso ma molto efficace. I contemporanei sono ipersensibili per questa forma di evangelizzazione silenziosa, afona, ma reale. Conta l’esempio personale senza grandi parole e gesti. Ci vuole poco, ci vogliono una formazione robusta ed una prassi abitudinaria e costante ispirata della fede. Sarà da esse che susciteremo negli altri domande e quesiti di carattere ontologico. L’esempio personale è la strategia, voglio usare il suo termine, da proporre e da applicare!».
Benedetto Croce scrisse il volume «Perché non possiamo non dirci cristiani». È ancora attuale questa citazione?
Penso proprio di sì. È attualissimo e quanto mai opportuno riproporlo alla meditazione condivisa!