Il card. Alfonso López Trujillo, Prefetto del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha rilasciato un’intervista al settimanale “Famiglia Cristiana” (2 luglio 2006, pp. 44-47) per rispondere alle critiche sollevate dal recente documento sulla bioetica, pubblicato dal proprio Consiglio e per precisare la posizione della Chiesa sulla questione della manipolazione e distruzione degli embrioni per scopi di ricerca.
Alla domanda se vigga tuttora la scomunica per l’aborto procurato, il Prefetto risponde: «sì, e colpisce la madre, il medico, gli infermieri e il padre se è d’accordo», e alla questione se questa scomunica valga anche per coloro che distruggono gli embrioni, ad esempio per effettuare una ricerca sulle loro cellule staminali, conferma: «certo, è la stessa cosa. Distruggere l’embrione equivale all’aborto. E la scomunica vale per la donna, i medici, i ricercatori che eliminano l’embrione».
A questa chiarezza sulle responsabilità di coloro che provocano l’aborto o la distruzione embrionale, non corrisponde però altrettanta chiarezza sulle responsabilità dei politici che legalizzano questi crimini. Alla domanda su come giudicare i politici che approvano leggi omicide, infatti, López Trujillo risponde problematicamente: «Se sono credenti, devono dimostrare la coerenza con i loro atti. Secondo me, se approvano leggi inique e ingiuste che distruggono l’uomo e vanno contro i diritti di Dio, va fatta una riflessione, perché essi non potrebbero accostarsi all’Eucaristia. Nessuno al mondo è autorizzato a contraddire la dottrina della Chiesa sulla protezione della vita a tutti i livelli».
Il Cardinale constata che «il dibattito sull’embrione ha radicalizzato lo scontro un po’ dovunque» e teme che ciò conduca alla persecuzione politica contro la Chiesa in nome dei “nuovi diritti umani”: «Temiamo soprattutto che, di fronte alle legislazioni attuali, parlare di difesa della vita e dei diritti della famiglia stia diventando, in alcune società, una sorta di delitto contro lo Stato, una forma di disobbedienza al Governo, una discriminazione contro le donne. La Chiesa rischia di essere portata davanti a qualche Corte internazionale, se si ascoltassero le istanze più radicali».
In una successiva intervista concessa al quotidiano “Il Tempo” (2 luglio 2006), López Trujillo precisa di non aver aggiunto scomuniche a quella già prevista per l’aborto dal canone 1398 del Codice di Diritto Canonico, che va estesa alla distruzione degli embrioni in quanto «chi manipola un embrione e lo distrugge per le sue ricerche, sta commettendo un attentato contro la vita umana, il che equivale a un aborto».
Poi il Prefetto elenca alcune fra le “questioni non negoziabili” sulle quali, come ha recentemente detto il Papa, la Chiesa non può transigere: «Non si può negoziare la santità del matrimonio, l’indissolubilità del matrimonio stesso. Non si può accettare il divorzio. (…) L’aborto non si può mai accettare: l’uccisione di un innocente è un crimine più spaventoso di tutte le guerre mondiali. (…) Non è negoziabile l’eutanasia, dunque tutto ciò che rappresenta una disintegrazione della stessa umanità».
In conclusione, alla domanda su cosa si aspetta dai cristiani, il porporato risponde: «una fede più profonda, più razionale, più coerente. Se i cristiani si aprissero ad una grande coerenza sociale, legislatori e politici vedrebbero che questo è un bene per loro, un bene per i popoli. Vogliamo la coerenza integrale! (…) Mi aspetto che i politici ripensino a certe decisioni già prese». Comunque, il Cardinale si dichiara fiducioso perché «si stanno moltiplicando i movimenti che si pongono come scopo quello, semplice e lineare, di farsi paladini della vita».