La fuga dell’occidente di fronte alle proprie responsabilità prepara tempi cupi e istiga gli estremisti di Dio
Giuliano Ferrara
Ora, da alcune settimane l’occidente è sfidato in campo aperto dall’islam politico, dall’islamismo profetico e fondamentalista, con la connivenza debole di oligarchie al tempo stesso ambigue e ricattate, e con l’aperta complicità di stati canaglia che lavorano per prendersi l’arma atomica e per destabilizzare la politica mondiale predicando la cancellazione di Israele dalla carta geografica.
Questa sfida è fatta di violenza: ambasciate occidentali e chiese cristiane attaccate e messe a fuoco, preti uccisi in un clima di persecuzione religiosa, prodotti boicottati e ritorsioni di ogni tipo minacciate, taglie per la caccia all’uomo e sentenze popolari di condanna contro persone ree di blasfemia e islamofobia, che si aggiungono alla lunga catena di figure pubbliche della scena europea sotto scorta per le idee che professano, sotto continua minaccia di morte in nome di una legge coranica chiamata sharia, che volenterosi militanti islamici vorrebbero introdurre in Canada o nel Londonistan.
Israele ha risposto definendo “terrorista” il governo in formazione di Hamas e attrezzandosi per una stagione che tutto fa prevedere cupa e dolorosa. Gli Stati Uniti, che pure sono la patria del multiculturalismo e considerano peccato grave ogni offesa al sentimento religioso, hanno denunciato le responsabilità iraniane e siriane nella ondata di fanatismo violento, e hanno ritirato i finanziamenti che dovrebbero andare a organizzazioni in prima linea nella crociata antioccidentale, anticristiana, antigiudaica. E noi europei?
Noi siamo afflitti da una triplice dipendenza verso l’area islamica: economico-energetica, politico-diplomatica e cultural- religiosa. La Chiesa parla con opacità dei suoi martiri, e alcuni cardinali ci rifilano risibili giaculatorie sulle colpe dell’occidente. Gli stati si prosternano alle violenze, mostrano di temerle, rivelano impotenza nel fronteggiarle anche solo nei canoni della diplomazia: non un ambasciatore è stato ritirato, non un gesto di rigore e di protesta contro le fatwa religiose diffuse via satellite è stato nemmeno tentato, siamo prigionieri in casa nostra, ci togliamo giustamente le scarpe per andare a inchinarci in moschea, dialoghiamo con i nostri ambasciatori convertiti all’islam e divenuti portavoce della casa dei Saud, mettiamo sotto scorta gli intellettuali e le personalità in pericolo di vita, consideriamo normale sottoporre a una sorta di sorveglianza del pensiero l’espressione libera di opinioni storiche, antropologiche, teologiche o filosofiche in materia di religione. In Italia, l’unico che reagisce con dignità è un islamico, Magdi Allam.
Perché i fondamentalisti dovrebbero dialogare con noi se noi di loro abbiamo semplicemente paura?