3 Febbraio 2020
di Antonio de Felip
Su Ricognizioni dello scorso 10 settembre, Roberto Pecchioli ha pubblicato un ben congegnato articolo titolato Mangiare uova è da fascisti ove, tra altre cose, dava conto delle follie vegane, animaliste ed ecologiste che recentemente hanno ricevuto nuovo slancio da quel personaggio, fasullo e costruito da spin-doctor, che risponde al nome di Greta Thunberg e dalle sue isteriche, aggressive e terroristiche narrazioni, ridicolizzate dagli scienziati seri e dalla realtà delle cose.
Certo è che seguire la produzione mentale delle psicopatologie eco-liberal non è facile: occorre pazienza, capacità di non farsi sopraffare dall’indignazione e spesso anche stomaco, non solo in senso metaforico.
È infatti dal 2018 che l’ineffabile Unione Europea, una delle fonti principali delle nostre disgrazie, grandi e piccole, ha sostanzialmente dato il proprio burocratico ma indispensabile benestare al consumo di insetti nell’alimentazione umana.
Quali insetti? Ecco il menu: ragni, larve, grilli, cavallette, cicale, formiche, termiti, bruchi, vermi, scorpioni e millepiedi. Immancabile ne è seguita l’ascesa dell’entomofagia, neologismo che sta a indicare, appunto, il cibarsi di insetti, quale possibile fenomeno di costume, anche se è lecito il sospetto che i nostri connazionali non ne vogliano sapere più di tanto e, se si insiste, una smorfia di disgusto compaia sui loro volti.
Però il fenomeno ha avuto una solenne e politicamente corretta legittimazione alla Festa dell’Unità di Milano con un cooking show (si chiamano così) gestito da una biologa e comunicatrice scientifica e da un’attivista di un’associazione di nome Entonote che si è data lo strategico obiettivo di comunicare “i valori di sostenibilità e nutrizione dell’insetto commestibile”.
Notare l’immancabile, abusato, falsificante sostantivo: “sostenibilità” che giustifica ormai ogni cretinata e serve per chiudere la bocca (“ma sei per la distruzione della Terra?”) ai dissenzienti.
Certo, è curioso vedere una Festa dell’Unità, in cui una volta si trovavano gli stand del Vietnam del Nord e la lotteria con la Skoda come primo premio e che soprattutto era il trionfo delle salamelle e delle costine alla brace il cui profumo si diffondeva per chilometri come migliore forma di marketing politico, farsi propagandista, in nome della “sostenibilità”, del nuovo credo “entomofagista”. Fulminante, a proposito, il titolo di Libero: “I comunisti non mangiano più bimbi. Si accontentano solo degli insetti”. Vedremo più avanti che non è del tutto vero.
Il tema è comunque serio e ha una sua dignità sociologica. Anche i frequentatori delle Feste dell’Unità hanno subito una Grande Sostituzione. Invece di una classe operaia in decisa riduzione socio-demografica e i cui superstiti votano Salvini o Meloni, questi eventi vengono oggi frequentati da fighetti liberal urbani disposti anche, in nome della modernità, della sostenibilità e della Salvezza della Terra, a mangiare qualsiasi schifezza. Sì perché, secondo i soliti ecologisti, il mangiare insetti potrebbe diventare necessario e forse anche obbligatorio.
Questa disgustosa tesi ha ricevuto un appassionato endorsement da parte di un “autorevole” (sono sempre “autorevoli”, loro) ente scientifico, la Fondazione Umberto Veronesi. Un pensoso e molto accademico articolo, con tanto di “revisori esperti”, “revisori naive”, lunga e autoesaltante autobiografia dell’autrice è stato pubblicato sul sito della Fondazione, Magazin, il portale di chi crede nella scienza, la cui sola testata già ne denuncia la prosopopea e la boriosa presunzione scientista, (à la professor Roberto Burioni, tanto per intenderci).
L’autrice è dottoranda in “Chimica sostenibile” (appunto) all’università di Notthingam. Il titolo dell’articolo è minaccioso: Insetti commestibili: cibo del futuro? Assaggereste grilli o bachi da seta? Ecco perché dovreste provare (parola di scienziata). Impagabile quel “parola di scienziata”.
La tesi dell’articolo parte dal solito assioma neo-malthusiano: “La popolazione globale sta aumentando a dismisura e l’allevamento animale e l’agricoltura intensiva su cui si basa la dieta dei paesi sviluppati non sono più sostenibili” Poi ripropone il vecchio luogo comune vegan-ecologista sull’elevato impatto ambientale dell’allevamento animale (eh, i peti delle vacche…).
Da qui, la necessità di sviluppare invece allevamenti di insetti commestibili, in nome, ancora una volta, della “sostenibilità”. D’altronde, come rilevato in altri interventi entomofili, gli insetti si mangiano in America, in Asia, in Africa, in Oceania. Chi siamo noi, razzisti e presuntuosi bianchi civilizzati, per disprezzare questa onesta pratica alimentare?
Non mancano anche gli entomo-entusiasti non privi di vena romantica, come tale Carlo Spinelli, autore di un testo fondamentale in materia: Bistecche di formica e altre storie gastronomiche, edito da Baldini e Castoldi, che così poetizza: “…gli aperitivi al tramonto di Oaxaca con birra e chapulines (le cavallette che vengono tostate sull’argilla con olio di semi e condite con aglio, peperoncino, succo di lime e sale contenente estratto di vermi d’agave) sono eccezionali”.
Peggio, ci fornisce anche la preoccupante notizia che è stato creato il primo panettone con farina di baco da seta. Naturalmente, questa campagna per convincerci, in futuro, a mangiare insetti, lungi dall’essere una bizzarria post-moderna, una stravaganza di popolazioni ricche, annoiate e decadenti, non è per nulla innocente.
È l’estremo prodotto di un ecologismo sempre più fanatizzato, totalitario, antiscientifico: ricordiamoci che scienziati veri come Rubbia, Zichichi, Battaglia, Prodi e molti altri hanno smontato la bufala del cambiamento climatico di origine antropica. A loro si sono uniti, solo pochi mesi fa, ben 500 scienziati di tutto il mondo (numerosi gli italiani) che hanno sottoscritto un documentato appello alle autorità del mondo.
Un ecologismo brutalmente censorio nei confronti dei dissenzienti (gruppi di ecologisti hanno imperiosamente richiesto a media e autorità di vietare ogni pubblicazione che neghi il riscaldamento globale e la sua origine antropica), ben rappresentato dal gretinismo e dall’espressione deformata dall’odio, minacciosa e irosa della isterica ragazzotta svedese, caricaturale pulzella di una improbabile Crociata per la Salvezza della Terra.
Le menzogne neo-malthusiane nascondono l’odio gnostico di sempre contro l’uomo in quanto vertice del Creato e creatura prediletta di Dio dei sostenitori della tesi di Gaia di cui l’uomo sarebbe parassita. È facile banalizzare, se non ridicolizzare, questa follia, ma il disgusto di oggi per quella che consideriamo una depravazione potrebbe trasformarsi in un obbligatorio apprezzamento domani, attraverso il famigerato meccanismo della “Finestra di Overton”, occulta azione di ingegneria sociale per il cambiamento delle mentalità collettive, i cui esiti possiamo vedere su molti esempi di ideologie giustamente aborrite qualche decennio fa e oggi diffuse e obbligatorie.
Ma c’è un altro significato che possiamo ricavare da questo esempio di “decrescita felice” consistente nel mangiare nelle feste comandate e nelle grandi occasioni vermi fritti anziché paté d’oca (che gli animalisti stanno costringendo le autorità a proibire in molti paesi), grandi arrosti o anatra all’arancio. È una cupa tensione a una sorta di regressione trogloditica, al rifiuto della civiltà, al ritorno alla primordialità, già ben evidente nella volgarità, nel trionfo dell’osceno, dell’informe, del non-educato ben descritto nel libro di Maurizio Blondet Selvaggi con telefonino.
È ben peggio di una decadenza, è un suicidio regressivo in nome di Gaia, di odio per il Bello e il Buono, per la crescita e la civilizzazione in nome di una triste nostalgia per un selvaggio inginocchiato a terra, nei periodi di carenza di cacciagione, intento alla ricerca di cavallette e di scorpioni per non morire di fame.
Esemplare, nel suo portare all’estremo questa spaventosa ideologia antiumana della “decrescita felice”, è l’opinione di Karin Bojs, giornalista, divulgatrice scientifica, caporedattore del più importante quotidiano svedese, evoluzionista, ecologista e ovviamente di ultra-sinistra, autrice di un terrificante testo, I miei primi 54.000 anni, in cui troviamo scritto: “Alcuni studiosi ritengono che l’agricoltura sia stata l’invenzione più devastante della storia. Lo scrittore e fisiologo americano Jared Diamond per esempio l’ha definito: “il più grande errore dell’umanità”. È opinione comune che le malattie, le differenze sociali, le guerre e ogni miseria possibile si sono abbattute su di noi quando abbiamo abbandonato lo stile di vita dei cacciatori per passare alle forme sociali rurali”.
Però almeno questi neolitici la carne la mangiavano… D’altronde, non è quello che, mutatis mutandis, sta succedendo nella Chiesa Cattolica, con la spaventosa regressione dalle vette della metafisica, da liturgie angeliche, da una filosofia cristiana ispiratrice di civiltà verso un oscuro tribalismo, un nativismo stregonesco e infero, con l’apposizione sugli altari di idoli-demoni, l’adorazione di una dea Madre Terra, Pachamama, ispiratrice di sacrifici umani con riti d’evocazione satanici?
Poi, dato che tout se tient, credo non si possa non vedere una similitudine, forse impropria e asimmetrica ma assai significativa, tra questa imposizione di disgustosi insetti nell’arte culinaria e la vittoria del brutto, dell’osceno, dell’informe, dello scatologico nell’arte figurativa moderna che Roberto de Mattei ha definito “quel trionfo dell’immondo nell’arte” e riguardo alla quale Angelo Crespi, docente di arte, ha denunciato: “come il politically correct ci obbliga ad adorare il brutto”.
Purtroppo, il processo della Rivoluzione, della Dissoluzione, della Sovversione conosce solo tappe, non una fine. Riferisce il giornalista Mirko Molteni su Libero (“In nome dell’ambiente rivalutano il cannibalismo”) che tal professor Magnus Soderlund, esperto di “comportamento e marketing” della Scuola di Economia di Stoccolma ha proposto di mangiare la carne dei cadaveri, per assicurare “sostenibilità ambientale e salvare il clima”. Ecco dove porta la famigerata “sostenibilità”.
Ma l’aspirante cannibale ha di che lamentarsi: “In Occidente i tabù della popolazione impediscono all’industria alimentare di trattare la carne umana. La gente è conservatrice nelle abitudini alimentari. Ma non bisogna lasciare nulla di intentato su ambiente e clima”.
Già: urgono leggi libertarie sul consumo di carne umana e interventi rieducativi nei confronti della popolazione, retrograda e tradizionalista, contro il conservatorismo nelle abitudini alimentari. Una sorta di Legge Mancino contro l’assurda credenza della sacralità dei defunti. Che i Radicali italiani si preparino per questa battaglia in nome del diritto civile di mangiar cadaveri.
Purtroppo, il professor Soderlund non è isolato in quest’apologia cannibalica. Idee analoghe sono state esposte all’Università di San Diego e all’Università di Warwick. Un certo Bill Schutt si è chiesto nel suo libro “Cannibalismo, una storia naturale”, se un giorno ci “saremo costretti dalla carestia e dalla sovrappopolazione”. Di nuovo il terrorismo delle ideologie ecologiste e le cantonate del Reverendo Thomas Malthus, pastore anglicano, la cui falsità è stata dimostrata dalla storia e della scienza.
Bizzarrie anglosassoni? Tutt’altro: il noto Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia, ex deputato dei Verdi, quello che ci invitava, per risparmiare l’acqua, a non cambiarci troppo spesso le mutande, proponeva, in luogo degli inquinanti funerali, di esporre, come i Zoroastriani, i cadaveri su appositi carnai come pasto per rapaci che rischiano l’estinzione, oppure di “creare apposite scatolette di cibo per cani e gatti in cui la carne umana sostituisca una percentuale di quella degli altri animali”.
Lo citano, con accurata indicazione delle fonti, Riccardo Cascoli e Antonio Gaspari nel loro testo “Le bugie degli ambientalisti”. Ma, come si accennava, al peggio non c’è mai fine.
Riferisce Stefano Graziosi su La Verità che negli USA, durante una riunione della deputata democratica liberal ed ecologista Alexandria Ocasio-Cortez, una sua sostenitrice ha proposto, per sostenere il Green New Deal, di mangiare i bambini: “Ci sono troppe persone, troppo inquinamento. Quindi, dobbiamo sbarazzarci dei bambini. Smettere di avere figli non basta. Dobbiamo mangiare i bambini”.
Imbarazzata, generica ma non ostile la reazione dell’esponente dell’establishment democratico a questa affettuosa idea. D’altronde, la stessa proposta era stata provocatoriamente avanzata in “A modest proposal” da Jonathan Swift, autore de I viaggi di Gulliver, anche lui pastore anglicano, per risolvere il problema della “sovrappopolazione” tra i cattolici irlandesi (“Un metodo onesto, facile e poco costoso”).
Fermiamoci qui in questo viaggio al termine dell’orrore. Certo, quando il solito, petulante militante ecologista ci molesterà per firmare qualcosa, o donare qualcosa, “per salvare la Terra”, lo guarderemo con occhi diversi.