Perchè opporsi a una legge ingiusta e liberticida
Intervento dell’avvocato Gianfranco Amato, presidente nazionale dell’associazione “Giuristi per la vita” al Centro Pastorale diocesano di Cremona il 4 giugno 2014. Trascrizione dalla registrazione audio pubblicata sul sito della diocesi di Cremona –; la presente versione di Rassegna Stampa non è rivista dall’autore
E’ possibile che nel XXI secolo, nell’era di Internet, un sistema che si definisce democratico possa trasformarsi in un sistema totalitario senza che il popolo se ne accorga? Sì, è possibile. Sì, sta accadendo oggi nel nostro paese.
Io questa sera cercherò di illustrarvi quali sono le direttrici di questo pericoloso progetto di potere cominciando proprio dalla prima, che è la legge sull’omofobia – il cosiddetto disegno di legge “Scalfarotto” – facendo una premessa.
In uno stato di diritto, in uno stato liberale, bisogna sempre evitare il fenomeno che si definisce “inflazione legislativa”. Bisogna cioè fare meno leggi possibile, perché la legge è sì importante, in quanto la norma regola i rapporti tra gli individui, regola il vivere civile; ma è pur sempre una limitazione della libertà personale. Questo strumento va allora usato con estrema cautela e saggezza. Lo sapevano bene i romani, i quali sostenevano il principio per cui leges non sunt multiplicandum sine necessitate mentre il giurista Francese Jaques Chevalier ci ricorda che ad esempio negli Stati Uniti, paese che fortunatamente non conosce il fenomeno dell’inflazione legislativa, vi sono poche leggi che funzionano.
Negli Stati Uniti tutta l’attività normativa è sottoposta a tre vigili criteri:
1. le leggi si fanno solo se sono veramente necessarie,
2. bisogna sempre preferire strumenti alternativi meno vincolanti,
3. ogni nuova legge prima di entrare in vigore deve sempre essere sottoposta alla verifica costi-benefici.
Praticamente il legislatore che abbia a cuore il bene comune, prima di accingersi al delicatissimo compito che gli è affidato deve sempre porsi la domanda: questa legge che sto per varare serve davvero? Risponde ad una esigenza reale e concreta?. Si o no, perché se la risposta è no si tratta di una ideologia, e l’ideologia è pericolosa.
Se noi dunque ci poniamo in questa prospettiva dobbiamo chiederci: questo disegno di legge “Scalfarotto” sull’omofobia serve? E a questa corrisponde un’altra domanda: esiste oggi in Italia un fenomeno “omofobia” di tali dimensioni da rappresentare una emergenza nazionale?
Noi abbiamo gli strumenti per rispondere a questa domanda, non sull’onda dell’emotività, della cronaca, della propaganda o dell’ideologia ma con dati certi, in modo oggettivo e lucido come dovrebbe fare un vero legislatore.
Comincio sempre citando il più convincente degli studi, il Report elaborato dal The Pew Research Center’s, uno dei più accreditati istituti demoscopici e centri di ricerca americani, di Washington, il cui presidente è stato vicedirettore del Wall street journal. Lo scorso giugno ha elaborato una ricerca che si intitola: “The Global Divide on Homosexual”, in cui analizza qual è l’atteggiamento della popolazione di quasi tutti i Paesi del mondo nei confronti del fenomeno dell’omosessualità.
E cosa emerge dallo studio? Che l’Italia è nella top ten tra i dieci paesi al mondo più gay friendly. Anzi, la percentuale è interessante perché secondo questo studio, che non è di parte, il 74% degli italiani non ha particolari problemi nei confronti del fenomeno dell’omosessualità, e siamo un gradino sotto la civilissima Gran Bretagna, che è al 76%, la quale a sua volta è un gradino sotto la laicissima Francia che è al 77%.
Abbiamo poi un altro studio della SWG sempre del Giugno 2013 che si intitola: “Scenari di un’Italia che cambia” – comunque molto interessante e che invito a leggere – il quale indica una quindicina di categorie che in questo momento gli italiani percepiscono come ostici, come “nemici”. C’è l’Europa, il fisco, la criminalità organizzata, gli immigrati… C’è perfino una piccola percentuale che ce l’ha ancora con i meridionali ma non c’è la benché minima traccia di una categoria che possa riferirsi agli omosessuali e ai transessuali. In questo momento gli italiani hanno in mente tutt’altre categorie come “ostili”.
Abbiamo poi uno studio ufficiale dell’Istat del 2012, presentato alla Camera dei Deputati, dal quale emergono alcuni dati interessantissimi. Ne cito uno: più del 60% degli italiani non ha particolari problemi sul fatto che due uomini o due donne convivano, anzi più del 40% sarebbe anche potenzialmente aperto alla prospettiva di una unione o di addirittura matrimonio
Poi abbiamo i dati dello stesso Unar, Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali, che nel documento “Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, di cui parleremo dopo, cita alcuni dati interessanti. Per esempio l’Unar ci dice che, statisticamente parlando, non esiste un solo caso di discriminazione per l’orientamento sessuale nel lavoro pubblico, privato o nell’assegnazione di alloggi. Cioè l’Unar dice che fino ad oggi nessun giudice del lavoro in Italia ha mai avuto o ha sotto esame un caso di mancata assunzione o licenziamento dovuto a discriminazione per orientamento sessuale.
Abbiamo poi i dati del Governo italiano che non sono sondaggi ma dati certi e definitivi. A dicembre dell’anno scorso a furia di parlare di emergenza nazionale, fenomeno dilagante, ecc., in Commissione giustizia del Senato alcuni componenti, in particolare il senatore Giovanardi, ha chiesto al Governo dati esatti e precisi su questo fenomeno e il Governo li ha dovuti trasmettere. Anzi, per l’esattezza è stato l’Oscad, e ha questo punto chiedo: chi sa cos’è l’Oscad alzi la mano. Ebbene ogni volta nessuno alza la mano perché non lo sa nessuno.
L’Oscad, amici miei, è la nuova forza di polizia composta da Carabinieri e Polizia di Stato per combattere l’omofobia. Pensate, esiste già una polizia, che si chiama Oscad [Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori n.d.r.], la quale è stata istituita nel 2010 e che in questi tre anni – dal 2010 al 2013 – ha dovuto affrontare questo fenomeno di emergenza nazionale dilagante e inquietante… E sapete quanti sono i casi segnalati – non accertati – compresi gli omicidi il cui motivo si è poi scoperto non essere l’omofobia? In tutto il triennio 83, ovvero 28 casi l’anno, cioè 1 ogni 22 milioni di italiani. Statisticamente parlando, se confrontati ai casi di femminicidio tutto si può dire tranne che questo sia un fenomeno nazionale.
E’ vero che anche un solo caso è sempre un caso, ma qui stiamo discutendo se esiste un fenomeno tale da richiedere un intervento legislativo. Non c’è.
Se mettiamo da parte la matematica, la statistica e leggiamo la realtà e la cronaca non abbiamo bisogno di tanto per scoprire quanto il nostro paese è omofobo. Cito un caso tra i tanti e i più eclatanti: pensate che nel Sud del nostro paese, il quale è percepito dal nostro immaginario collettivo come la parte più arretrata e culturalmente retrograda, ci sono 2 presidenti di Regione delle due regioni più importanti: Sicilia e Puglia, omosessuali dichiarati che convivono con i rispettivi partner e sono stati votati direttamente dai cittadini omofobi della Sicilia e della Puglia. Con questo vi rendete conto di quanto effettivamente il nostro Paese sia omofobo.
Ridimensionato questo fenomeno, che una certa propaganda ben orchestrata tende a sovradimensionare, vediamo quali sono gli elementi che rendono inquietante l’intervento normativo che si vuole introdurre con questo disegno di legge e partiamo anche qui con una premessa.
Una legge così è totalmente inutile. Inutile perché già oggi tutti i cittadini in Italia godono degli strumenti che l’ordinamento giuridico mette a loro disposizione per tutelare i propri diritti indipendentemente dall’ orientamento sessuale. L’art 3 della Costituzione dice: “Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di condizioni personali, sociali e di opinioni politiche”. Quindi: il sesso e la condizione personale sono già un criterio sulla base del quale non si deve discriminare nessuno.
Con un certo buonsenso, ma in modo semplice ed efficace un giornalista laico, liberale, ateo come Piero Ostellino, in un editoriale del Corriere della Sera ha scritto: «Perché un omosessuale che viene picchiato deve avere una tutela giuridica maggiore rispetto a me, Piero Ostellino, che sono “solo” un essere umano senza una particolare qualificazione sessuale? Picchiare una persona è reato punto e basta». Per aver scritto questa cosa è stato chiesto il licenziamento di Ostellino dal Corriere della Sera.
Considerate inoltre, aggiungo questa ulteriore riflessione, che non è neanche vero che chi picchia un omosessuale perché è omosessuale non ha una aggravante. Oggi funziona così: se io commetto un reato nei confronti di un omosessuale per la sua omosessualità non solo sono sottoposto alla pena prevista per quel reato ma ho un’aggravante; l’aggravante dei motivi abbietti, prevista dall’art. 61, che non vale solo per gli omosessuali ma per determinate categorie, come i disabili. Esiste già oggi, e viene applicata dalla magistratura una aggravante se il reato ha come motivazione l’orientamento sessuale della vittima.
Detto questo vediamo quali sono gli elementi che rendono pericoloso questo disegno di legge “Scalfarotto”
Primo aspetto. Si sta tentando di introdurre, per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico un reato senza definirne i presupposti. Questo disegno di legge non definisce cos’è l’omofobia. Nessuna legge in Italia definisce oggi il concetto di omofobia e nessun magistrato fino ad oggi in nessun provvedimento ha mai definito cos’è l’omofobia. E allora, secondo voi, chi definirà questo reato? Colui che sarà chiamato ad applicare e interpretare la legge, cioè il magistrato. Non sapremo se quello che abbiamo commesso è un reato se non in dibattimento durante il processo. Attenti amici, perché questo è tipico degli stati totalitari, perché in uno stato di diritto un cittadino deve sempre sapere preventivamente quali sono le conseguenze del suo comportamento; soprattutto se si tratta di conseguenze di carattere penale: se compi questa azione rischi questa sanzione; prima e non al processo.
Perché dico che è tipico degli stati totalitari? Qualcuno di voi ricorderà che nell’ex Unione sovietica vigeva il famigerato reato di “attività antisovietiche”. Ancora oggi, a trent’anni dal crollo del Muro di Berlino, non si sa che cosa comprendesse tale reato poiché la sua definizione era totalmente evanescente. In realtà nel concetto di “antisovietico” ci stata tutto. In realtà non serviva definirlo, perché era un mezzo per combattere gli oppositori politici. Si finiva davanti al giudice il quale diceva:
“Quello che hai commesso è antisovietico”
“Ma io non lo sapevo…”
“Non importa, lo sai adesso: 10 anni di gulag”.
Così funzionava, e funziona, nei sistemi totalitari, così si vuole far funzionare in Italia.
Se poi guardiamo quello che sta accadendo negli altri paesi d’Europa che già conoscono questo sistema di leggi, lo scenario diventa ancora più inquietante. Vediamo ad esempio la Gran Bretagna, dove anche lì la legge non definisce cos’è l’omofobia e come hanno risolto il problema? L’organismo che corrisponde più o meno alla nostra Procura della Repubblica, ha emanato una circolare che dice: “Poiché la legge non definisce cos’è l’omofobia noi, nel perseguire questo reato, ci comporteremo così: considereremo omofobo ogni atto percepito come tale dalla vittima o da un terzo soggetto”.
Quindi lo scenario che ci attende è che sapremo che cos’è questo reato perché ce lo dirà il giudice o la vittima o un terzo soggetto.
Secondo aspetto. Il nostro sistema penale funziona così: quello che viene punito è l’atto, l’azione, il comportamento, NON il motivo. Il motivo per cui uno commette il reato può essere preso in considerazione come elemento secondario: per circostanziare il fatto o graduare la pena. Se io rubo è il furto che viene punito, poi se ho rubato perché avevo fame o perché mi piaceva quell’orologio è un’altra cosa. Ma non può MAI essere il motivo, perché lo Stato non può punire un pensiero, un’intenzione entrando nella coscienza dell’individuo.
E anche questo è tipico degli stati totalitari, ed è quello che si vuole fare col Ddl “Scalfarotto”.
Guardate che questa cosa l’aveva lucidamente profetizzata Gorge Orwell nel suo romanzo 1984, quando aveva coniato il termine di “psicoreato”. Perché questo è tipico degli stati totalitari: sistemi che vogliono controllare le coscienze e imporre l’ideologia di Stato.
Terzo aspetto. E qui vi prego di seguirmi. Se noi facciamo passare il principio che una determinata categoria di soggetti, per una loro condizione personale, meritano una tutela privilegiata rispetto a tutti gli altri introduciamo qualcosa che col nostro sistema non funziona. Se passa questo principio offro una cena a chi stasera mi dimostra perché la stessa cosa, ad esempio, non debba valere, che so?, per i disabili. Non sono anche loro una categoria di individui che ha una condizione personale? Se facciamo passare questo principio poi dovremmo paradossalmente moltiplicare le categorie. Dopo arriveranno le donne in stato di gravidanza, i giocatori d’azzardo, i fumatori, i cacciatori, i cattolici praticanti… Ma il nostro sistema non funziona con le categorie differenziate con tutele giuridiche diverse.
Se però il privilegio che viene dato a quella categoria per il fatto che quella categoria è stata perseguitata e discriminata, come gli ebrei sotto i nazionalsocialisti o i negri in Sud Africa durante l’apartheid, cosa che non possiamo certo dire per gli omosessuali in Italia, noi facciamo scattare quel principio che la politica conosce come affirmative action. Che cos’è? Molto semplice: questo principio dice che se tu Stato riconosci che una determinata categoria di soggetti è stata perseguitata e discriminata e non deve esserlo più, devi intervenire con sistemi compensativi e riparativi. Ed è quello che è avvenuto con i neri negli Stati Uniti, per questo si chiama affirmative action.
Come avviene questa compensazione dello Stato? Col sistema delle quote. Quote privilegiate nelle assunzioni, quote privilegiate nell’assegnazione degli alloggi, quote privilegiate in politica, ecc. tanto è vero che qualcuno nel campo pro-gay, giustamente dal loro punto di vista – sta già invocando quote viola o quote arcobaleno, analogamente a quanto avvenuto con le quote rosa per le donne.
Avete capito? Lo Stato offre un modello più vantaggioso in un momento di crisi.
C’è un altro spetto. La legge ha sempre una forza pedagogica: fa cultura. Nell’immaginario collettivo quello che dice la legge è giusto a prescindere: “Lo dice la legge…” E qual è il messaggio culturale che rischia di trasmettere questo disegno di legge qualora venga trasformato in legge? Che l’omosessualità e l’eterosessualità sono entrambe condizioni naturali, anzi l’omosessualità merita plusvalore giuridico rispetto alla eterosessualità, tanto da richiedere una tutela giuridica privilegiata.
Poi abbiamo un altro aspetto ancora. Questo disegno di legge, come accennato all’inizio, rischia di incidere sui due pilastri che tengono assieme un sistema democratico: la libera manifestazione del pensiero, tutelata e garantita dall’art. 21 della Costituzione, e la libertà religiosa tutelata e garantita dall’art. 19 della Costituzione, perché come vedremo sarà molto difficile poi sostenere che gli omosessuali non possono e non devono accede al matrimonio o all’adozione dei minori. Sul fronte religioso ci sarà qualche problema a sostenere che l’omosessualità è un insieme di atti intrinsecamente disordinati e contrari al diritto naturale, come insegna il catechismo della Chiesa cattolica, o citava San Paolo nella lettera ai Corinzi quando parlava di gravi depravazioni dei sodomiti. Se pensate che stia esagerando, purtroppo vi devo dire che non è così. Basta guardare cosa sta succedendo nel resto del mondo.
In Spagna è stata approvata una legge simile alla nostra e quando ci fu la discussione sollevammo le stesse preoccupazioni che noi solleviamo oggi, soprattutto sul piano religioso. Ci dissero che eravamo “agitatori di fantasmi”, esagerati, allarmisti; c’era il Concordato, la Chiesa e non sarebbe potuto succedere mai niente… Penso sappiate cosa è accaduto un mese fa: ci hanno telefonato dalla Spagna chiedendo scusa e dicendo che purtroppo avevamo ragione… Magra consolazione. Il cardinale Sebastian Aguilar, amico personale di Papa Francesco, anzi da lui definito “il mio maestro”, a 85 anni nominato cardinale è stato incriminato per omofobia dalla procura di Malaga per aver espresso qual è la posizione della Chiesa. Un bel messaggio.
La cosa bella è che in Italia c’è la sfera di cristallo, ovvero possiamo sapere esattamente cosa accadrà ma neanche se i morti risorgessero la gente riuscirebbe a convincersi dei pericoli che stiamo correndo.
Se poi prendiamo la Gran Bretagna lì gli scenari sono ancor più evidenti. Lo scorso anno, da luglio a settembre, ho monitorato quel fenomeno, che mi ha incuriosito, del continuo arresto dei predicatori di strada, figura tipica del mondo anglosassone: persone che leggono e commentano a voce alta le scritture, da sempre tollerata. Beh, da luglio ogni volta che questi incappavano nei brani citati di San Paolo venivano presi e arrestati. Ne ho contati 5 da luglio a settembre.
Ma il primo mi ha incuriosito: Tony Miano, arrestato a Wimbledon il primo luglio 2013. Quando è stato preso ad assisterlo è stata chiamata una mia amica avvocatessa inglese che mi ha mandato il verbale dell’interrogatorio, che ho tradotto in italiano e pubblicato nel mio libro [Omofobia o eterofobia? Perchè opporsi a una legge ingiusta e liberticida (ed. Fede&Cultura) n.d.r.] e vi prego di leggerlo. Sembra di leggere gli atti dei martiri. E’ allucinante: si parla di Gesù Cristo, della fede; ma non è la Roma di Diocleziano, è la Gran Bretagna del 2013.
Perché mi ha particolarmente colpito questo caso rispetto agli altri? La mia collega ha detto: “Leggi, gli stessi poliziotti sono rimasti scioccati dalla prontezza di riflesso e dalla capacità di risposta di questo tizio che li ha inchiodati”; ovviamente prontezza e capacità sovrannaturali tenendo conto delle condizioni psicologiche. Tra l’altro non è stato denunciato da un omosessuale, ma da una signora anziana che andata alla polizia dicendo che “quello lì offende gli omosessuali”: la terza persona della circolare cui ho accennato prima: la vittima o un terzo soggetto. La polizia è arrivata, lo ha caricato in macchina, lo hanno portato in centrale e sbattuto in una cella di due metri per due con un water senza neppure la carta igienica per sette ore. Dopo sette ore lo hanno sottoposto ad un durissimo interrogatorio. E’ chiaramente una tattica per distruggerti psicologicamente dato che in quella situazione non sai cosa può succederti un secondo dopo e fai persino fatica a dire come ti chiami. Tanto è vero che i poliziotti definiscono questa situazione come “Hiroshima”. Invece sono rimasti schoccati da come questo qui nonostante tutto ha retto l’interrogatorio.
Ma andiamo avanti con nostro Ddl “Scalfartotto”. Il problema dei problemi, il cuore, è il seguente: non è che si è deciso di fare una legge ad hoc, nuova, per omosessuali e transessuali, tipo: “chiunque offende o discrimina le persone omosessuali è sottoposto alla seguente pena”. No. Si è invece deciso di fare un’altra cosa, la quale dimostra che il problema non è la tutela giuridica di queste persone ma un problema ideologico e culturale. Si è cioè deciso di usare lo strumento che già c’è e questo strumento si chiama ”Legge Reale-Mancino”. Ovvero si è deciso di estendere gli effetti della legge Reale-Mancino agli omosessuali ed eterosessuali.
La legge Reale-Mancino non è soltanto la legge che contrasta l’ideologia nazifascista ma è la legge che combatte l’antisemitismo e il razzismo. Estendere gli effetti della legge sull’antisemitismo e antirazzismo agli omosessuali e transessuali comporta qualche problema: uno di natura concettuale; come si fa a considerare gli omosessuali e i transessuali una razza come gli ebrei, i neri, i rom? Ma a parte questo sono gli effetti ad essere aberranti, dal punto di vista della sanzione.
Faccio un esempio per capire: se io stasera faccio una affermazione antisemita e razzista, magari dico di essere contrario, anzi pretendo che la legge vieti il matrimonio misto tra razze diverse: un bianco non deve sposare una nera, un ariano non deve sposare un’ebrea; per questa affermazione, se fatta personalmente, rischio la reclusione fino a un anno e sei mesi; se lo dico all’interno di un gruppo, associazione o movimento politico, culturale e religioso, rischio la reclusione fino a quattro anni per il solo fatto di far parte di tale gruppo o movimento; se poi dirigo questo gruppo, movimento, associazione rischio la reclusione fino a sei anni. Avete capito?
Lo ripeto per essere più chiaro. Se si estende la legge sull’antisemitismo e antirazzismo agli omosessuali e transessuali, dire che un uomo non può sposare un altro uomo equivale a dire che un bianco non può sposare una donna nera o una ebrea un ariano e che una coppia di africani non deve adottare un bambino bianco. Guardate che questa cosa è già stata approvata il 19 settembre alla Camera e rischia tra poco, prima dell’estate, di essere approvata in via definitiva.
Poi se viene ravvisato il motivo di omofobia è stata prevista anche un’aggravante per tutti i reati del codice penale, dall’abigeato alla turbativa d’asta, che aumenta la pena fino alla metà, che è tantissimo; e pone un problema anche costituzionale rispetto all’art. 27 il quale dice che tutte le pene devono essere proporzionate.
Vi sono inoltre due aspetti di carattere procedurale di cui il legislatore non si è minimamente occupato. Il primo: come si fa ad accertare la condizione omosessuale? Quali strumenti ha il giudice per accertare pubblicamente in dibattimento, nel processo, tale condizione? Nessuno. E’ un’autocertificazione, e questo comporterà una serie di problemi che potete bene immaginare. Chi può impedire a me di definirmi omosessuale, se questo può significare lucrare un vantaggio in termini di risarcimento patrimoniale o fare infliggere una pena maggiore?
Il secondo: la procedibilità d’ufficio; cioè, alle vittime di questi reati viene impedita la possibilità di evitare il clamore mediatico, quello che i giuristi chiamano lo stepitus fori, e se anche chi avesse presentato la denuncia volesse ritirarla non può farlo.
Ricapitoliamo fino a questo punto:
– abbiamo visto che il fenomeno in realtà è sovradimensionato da un’abile propaganda;
– lo strumento normativo che si vuole introdurre per contrastare questo fenomeno ha aspetti inquietanti, di cui ho parlato prima.
Vediamo adesso se invece non è il caso di parlare del fenomeno opposto: la eterofobia; perché sta diventando sempre più difficile e sempre più pericoloso sostenere tesi che fino a poco tempo fa erano ovvie, scontate e naturali: che la famiglia è quella composta da un uomo e una donna, che un bambino per crescere ha bisogno di un padre e una madre; ecc.
Vi illustrerò adesso alcuni esempi che vi danno l’idea del clima che sta vivendo il nostro Paese.
L’anno scorso a settembre a Casale Monferrato è stata organizzata una serata come questa, sul tema dell’omofobia, cui vengono chiamati come relatori l’avvocato Giorgio Razzeto, dei Giuristi per la Vita e il professor Mauro Ronco, docente di Diritto penale all’Università di Padova, ex presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino, ex membro del Consiglio superiore della magistratura, quindi personaggio di spessore: Ebbene quel convegno è stato oggetto di una aggressione verbale e fisica da parte di tre organizzazioni: Torino Pride, Arcigay e Collettivo Altrariva, i cui appartenenti sono entrati, hanno urlato, hanno interrotto. Il professor Ronco non ha potuto concludere il suo intervento e il convegno non ha potuto svolgersi regolarmente. Il video è su Youtube ed è allucinante.
La cosa è stata talmente grave che io, in qualità di presidente dei Giuristi per la Vita, ho scritto una lettera all’onorevole Angelino Alfano Ministro dell’interno dicendogli tre cose: è grave che in Italia non vi siano le condizioni di sicurezza minime per svolgere un convegno; sta diventando intollerabile che chi sostiene le tesi di cui dicevo prima sia trattato come se fosse un negazionista della Shoa o un fautore del Ku Klux Klan o dell’apartheid sudafricana.
Ho suggerito e consigliato al ministro, come consiglio a voi stasera, di leggere un documento splendido che si intitola Non abbiamo bisogno scritto da un grande Papa, Pio XI nel 1931; era il documento con cui venivano denunciate le aggressioni degli squadristi fascisti ai convegni e alle conferenze organizzate dall’Azione cattolica. In quel documento Pio XI diceva: «E’ triste che dopo duemila anni i cristiani in Italia siano costretti a combattere per difendere la loro libertà di opinione».
Amici cari, dopo settant’anni risiamo in queste condizioni.
Vi prego di tenere a mente questo precedente che ci porta indietro di settant’anni perché non è l’ultimo di questa sera, ahimé.
L’episodio di Casale Monferrato è stato oggetto di due interpellanze parlamentari: una alla Camera presentata dall’onorevole Alessandro Pagani, e una al Senato presentata dal senatore Carlo Giovanardi. La risposta che ha dato il Governo alla seconda interpellanza è molto interessante. Il Governo italiano, per bocca del sottosegretario Bubbico, ha detto testualmente: Si, è vero, i fatti di Casale Monferrato impongono una seria riflessione sul grado di tolleranza nel nostro paese e di come una certa posizione ideologica possa diventare violenta e sopraffattoria. Parola del Governo italiano, che fotografa la situazione che stiamo vivendo in questo momento nel nostro Paese.
Secondo episodio: il caso Barilla. Qui la cosa più grave non è ciò che è avvenuto prima ma ciò che è avvenuto dopo e che pochi sanno. L’antefatto lo conoscete tutti: Barilla è stato intervistato alla radio nella trasmissione “La Zanzara” di Radio24 in cui gli hanno fatto tre domande: “Lei cosa pensa dei rapporti omosessuali?” E lui: “Mah, per quanto mi riguarda – dice Barilla – due adulti possono fare quello che vogliono; anzi per me si possono pure sposare. Seconda domanda: “Allora tra poco vedremo la pubblicità della Barilla anche con la famiglia omosessuale”; e qui Barilla dice: “Fino adesso ancora sosteniamo che per la pubblicità sia più opportuno usare la famiglia tradizionale, dove la donna ha un suo ruolo particolare”, ecc.
Poi la terza domanda che gli costa la testa: “Allora se lei è favorevole alle unioni e ai matrimoni omosessuali, sarà senz’altro favorevole all’adozione di minori”. E lì Barilla dice decisamente No, anzi, è “assolutamente contrario”, perché mentre nella convivenza e nel matrimonio c’è la libera scelta di due adulti consenzienti nell’adozione c’è un terzo soggetto che subisce una scelta fatta da altri.
Il giorno dopo tutti i maggiori quotidiani del mondo: Times, New York Times, Le Figaro, El Pais, Le Monde cominciano il linciaggio; scatta persino una iniziativa denominata “boicotta Barilla”; dopodiché lui deve fare il video con la faccia da cane bastonato in cui chiede scusa al mondo intero dicendo che ha tante cose da imparare sulle famiglie diverse, bla, bla, che ricorda lo zin dao cinese. Sapete cos’è lo zin dao? E’ l’autocritica, l’autodenuncia che si fa nei Laogai, i campi di rieducazione maoista.
Ma non è questa la cosa più grave accaduta. E’ dopo. Dopo Barilla Spa non solo ha dovuto assumere David Mixner, il guru dell’omosessualismo americano, ma ha dovuto: 1) introdurre in azienda il Diversity inclusion board, cioè il comitato per l’inclusione e la diversità composto da varie personalità internazionali esperti di diritti LGBT e modificare la politica aziendale verso l’esterno in senso gay friendly. 2) Ha introdotto il Chief diversity officier che è un manager, un dirigente tra l’amministratore delegato e il direttore finanziario col compito di modificare in senso gay friendly la politica interna. In questo momento la carica è ricoperta da una avvocatessa brasiliana esperta di diritti LGBT. 3) Barilla Spa si è sottoposta al Corpored equality Index: un sistema di monitoraggio internazionale che controlla mese per mese lo stato di avanzamento della politica gay friendly di Barilla all’interno e all’esterno dell’azienda, e Barilla ha fatto domanda per ottenere il “prestigioso” marchio di azienda internazionale gay friendly.
Tra poco accanto alla pubblicità del Mulino bianco avremo la pubblicità del Mulino arcobaleno. Tutto questo per dire che la lobby gay “non esiste”.
Casi che sono capitati al sottoscritto. Ottobre dello scorso anno. L’associazione Famiglie Domani organizza un convegno dal titolo: “Teoria del gender: quali conseguenze sulla famiglia”, al quale vengono chiamati il sottoscritto e la dottoressa Dina Aerozzi. Grazie all’aiuto di un consigliere comunale di Roma si riesce a ottenere la sala della Protomoteca presso il Campidoglio e parte tutta la burocrazia delle autorizzazioni; l’ufficio del cerimoniale stabilisca anche la data e a quel punto parte la macchina organizzativa con la stampa degli inviti, delle locandine, ecc.
Il 19 novembre coup de theatre, colpo di scena: il capo di gabinetto del sindaco Ignazio Marino emana il comunicato: «Il Comune di Roma prende le distanze da questa iniziativa, anzi comunica che questa iniziativa non si potrà svolgere perché quel giorno la sala è occupata da un’associazione di disabili che parlerà di disabilità». Cosa era successo? Che lo stesso 14 novembre sulla scrivania del sindaco Marino era arrivata l’interrogazione di una decina di consiglieri comunali di Roma i quali dicevano che era una vergogna che il Comune avesse concesso la sala della Protomoteca a personaggi dal cui profilo emergeva evidente che avrebbero fatto o esternato affermazioni razziste e omofobe – quindi facendo il processo alle intenzioni – comunque contrarie al punto 9 del programma elettorale, contro l’omofobia e per i diritti LGBT, che aveva portato Marino a vincere le elezioni a Roma, con buona pace di tutti i cattolici che lo hanno votato dicendo che comunque a livello locale non poteva fare molti danni. E sapete quando è stata fatta firmare la richiesta della sala all’associazione dei disabili? Il giorno stesso, il 14 novembre. Quindi Marino ha anche dichiarato il falso. E il convegno di famiglia Domani non si è svolto. E siamo in democrazia.
Secondo episodio. La società milanese Dominus Production organizza un convegno sull’omofobia e lo fa in modo molto professionale, chiamando relatori a favore e relatori contrari. Anzi, tra quelli a favore invita lo stesso Scalfarotto, dall’altra parte invita me, Mantovano e Giovanardi. Dovete sapere che è circa un anno che tentiamo di avere un confronto tecnico su questa legge, ovvero qualcuno che ci dica che la definizione di omofobia esiste, ecc. Ma non c’è verso, perché con gli omofobi non si parla.
Quando abbiamo saputo che c’era questa possibilità di confronto addirittura con lo stesso Scalfarotto ci si è riempito il cuore di gioia; troppo bello per essere vero. Infatti che cosa è accaduto? E’ stata scelta una sede prestigiosa come Palazzo Vecchio a Firenze per il 16 Gennaio; una settimana prima arriva la solita gragnuola di comunicati stampa delle associazioni LGBT, quando però uno o due giorni prima Repubblica intitola: “Fuori gli omofobi da palazzo vecchio” questo dà a Scalfarotto il destro per sfilarsi senza neppure il buon gusto, il garbo e l’educazione di avvisare. Quindi ci siamo trovati il 16 gennaio con Palazzo Vecchio strapieno, anche fuori, di gente interessata al confronto e con le sedie al tavolo dei relatori semivuote. C’eravamo solo noi.
Purtroppo è stata un’occasione perduta ma a quel punto abbiamo detto le cose che dovevamo dire e il giorno seguente il consigliere Vannucci del PD ha emanato un comunicato, pubblicato, in cui diceva: «Ieri è stato il giorno più nero della storia di Palazzo Vecchio, perché a settant’anni dall’apertura del cancello di Auschwitz è stato consentito di ripetere le stesse tesi razziste e omofobe che hanno portato migliaia di omosessuali a morire nelle camere a gas dei campi di concentramento» e invitava tutti i consiglieri comunali di Firenze a portare nella seduta successiva un triangolino rosa per protestare contro il convegno. Siamo stati cioè trattati da aguzzini di Auschwitz.
Se voi pensate che da Gennaio ad oggi la situazione è migliorata purtroppo vi do una brutta notizia: è peggiorata.
Vi faccio ancora tre piccoli flash così avete il quadro completo e poi chiudo, altrimenti potremmo andare avanti tutta la serata a raccontare episodi di questo tipo. I flash sono comunque illuminanti.
Modena, liceo “Muratori”, arriva Vladimir Luxuria, che sta facendo il tour in tutte le scuole d’Italia; tra l’altro il “Muratori” è il liceo frequentato dai figli del ministro Kienge e dell’ex sottosegretario alle pari opportunità Cecilia Guerra. Luxuria arriva assieme al presidente dell’Arcigay locale e alcuni genitori protestano, vanno dal preside e dicono di non volere che su una tematica così delicata i loro figli abbiano una visione così unilaterale, per cui o questi qui non parlano o si consente un contraddittorio. Il preside in un primo momento accoglie l’obiezione dei genitori e sospende la performance di Luxuria, tanto è vero che i genitori chiamano anche me per sapere se ero disponibile a partecipare. Sapete quale è stata la motivazione per cui poi il contraddittorio non si è potuto tenere e Vladimir Luxuria col presidente di Arcigay hanno potuto dire tutto quello che hanno voluto? “Mi spiace non si può, perché se domani dovessimo parlare del femminicidio dovremmo invitare anche gli assassini?”
La settimana successiva alla Rai radiotelevisione italiana, trasmissione di Giletti, stessa scena: Luxuria e Rizzo; nel parlare del contraddittorio nelle scuole Rizzo se ne esce fuori dicendo: «Noo, questo è assurdo: se si parla dello stupro delle donne si devono far parlare anche gli stupratori?». La settimana successiva ancora su Repubblica – vi prego di controllare – lo stesso Scalfarotto, che tra l’altro è uno dei volti più presentabili di questo mondo qui, scrive, contestando Gabriele Toccafondi sottosegretario all’istruzione, che era per il contraddittorio: «L’idea di Toccafondi del contraddittorio fa a pugni con il buon senso, perché significa che se dobbiamo toccare il tema dell’antisemitismo bisogna invitare anche i negazionisti dell’olocausto».
Avete capito? Assassini, stupratori e negazionisti della Shoa… Se non è eterofobia…
Ricapitolando: il fenomeno abbiamo visto qual è; la legge abbiamo visto com’è; se andiamo avanti così tra poco davvero bisognerà parlare di eterofobia, perché il clima è quello.
Vediamo adesso la seconda direttrice di questo pericoloso progetto di potere che è di una propaganda gender e omosessualista che sta in maniera pervasiva penetrando la nostra società. Qui il progetto di potere è più pericoloso e più subdolo. Vi prego innanzitutto di leggere , promettetemelo, il documento dell’Unar che va sotto il nome di “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” che è un documento orwelliano. Tocca tutti i punti più delicati della società: istruzione, educazione, lavoro, carcere, la comunicazione sociale, i giornalisti.
Per quanto riguarda l’educazione e l’istruzione il documento dice che da qui al 2015 in tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado bisogna:
– introdurre corsi di formazione sui diritti LGBT per il personale docente e non docente, ovvero anche i bidelli;
– (questo non hanno avuto il coraggio di dirlo in italiano perciò lo hanno scritto in inglese che suona meglio) disporre l’empowerment delle persone LGBT, che significa “dare potere”;
– introdurre il diversity management – anche questo lo hanno scritto in inglese perché suona meglio – ovvero anche nella dirigenza si devono introdurre persone LGBT;
– abolire tutta la modulistica amministrativa e didattica che discrimini le famiglie omogenitoriali, quindi: “genitore 1” e “genitore 2”;
– accreditare presso il ministero dell’istruzione come enti formativi le associazioni LGBT;
– incentivare il coming out degli studenti, cioè l’esternazione dell’omosessualità;
– introdurre l’identità di genere, ovvero dire ai ragazzi: guardatevi bene dentro per verificare se siete davvero maschi e femmine, uomini e donne e appartenete davvero al vostro sesso biologico;
– introdurre bibliografia omosessualista, cioè letteratura che avvicini i ragazzi al mondo dell’omosessualità e aiuti a superare i cosiddetti stereotipi e pregiudizi.
Se pensate che questa sia fantascienza purtroppo la cronaca degli ultimi giorni di Aprile sulla vicenda del liceo classico “Giulio Cesare” dimostra che è tutt’altro che fantasia. Penso i fatti siano abbastanza noti dato che la vicenda è finita su tutte le prime pagine dei giornali e in Tv. Voi avete la fortuna di parlare con chi questa vicenda l’ha vissuta dall’inizio e anzi sono stato io a firmare la denuncia su incarico dei genitori. Al netto di tutte le balle spaziali e le mistificazioni vi racconto come sono andati i fatti.
In due quinte ginnasio del “Giulio Cesare”, quindi ragazzi di 14 e 15 anni, due insegnanti, in applicazione di questa direttiva dell’Unar, hanno deciso di introdurre il romanzo Sei come sei della scrittrice Tania Mazzurco pubblicato l’anno scorso.
Cosa è successo? Intanto hanno proiettato ai ragazzi un video in cui la scrittrice spiega esattamente cos’è questo libro e si evince chiaramente l’impronta ideologica omosessualista: il romanzo presenta un mondo che è il futuro e il progresso. Poi hanno dato da leggere ai ragazzi il libro e successivamente hanno fatto un dibattito in classe e un tema intitolato: “Commenta la frase di Papa Francesco ‘chi sono io per giudicare un gay’ all’interno del romanzo ‘Sei come sei’ di Tania Mazzurco”, quindi anche il Santo Padre è finito nel tritacarne.
Ma il problema è che il romanzo affronta due aspetti delicati, come i rapporti fisici tra i ragazzi dello stesso sesso e la procreazione assistita delle coppie gay nel seguente modo. Nel primo caso descrive con linguaggio da rivista pornografica il rapporto orale tra due ragazzi, uno dei quali dell’oratorio per rende re la cosa più “normale”, in cui si descrive il sapore penetrante dell’urina, il gusto dolciastro dello sperma, il piacere di sentire questo gusto per giorni e giorni e altri dettagli che vi risparmio e che se avete fegato e stomaco buono potete andare a leggervi direttamente.
L’aspetto della procreazione assistita invece è affrontato così: si descrive la scena di un omosessuale mentre si masturba pensando al suo compagno davanti ad una rivista pornografica nella cabina di una clinica per il prelievo del seme.
Che cosa è successo? Una ragazzina di 15 anni arriva al passo descritto con linguaggio da trivio e resta traumatizzata. Lei ha usato una espressione che mi ha colpito: «Io ho sentito la mia sensibilità ferita». Ha smesso di leggere e non è più andata avanti; è andata dai genitori, che quando hanno visto quella roba hanno fatto quello che avrebbero fatto tutti noi: hanno letto tutto il libro e si sono infuriati di più, perché in realtà il libro non ha altri passi più osceni di questi, ma è surreale: mostra un mondo in cui la normalità sembra essere quella, tutto fatto di ragazzi fecondati in provetta, famiglie omosessuali e l’ultimo eterosessuale di una famiglia normale come il fanalino di coda di un mondo che sta scomparendo, perché quello è il futuro, quello è il progresso. Questo ha fatto infuriare i genitori quanto l’oscenità ed è partita la denuncia.
Dopo io sono stato sommerso da un proluvio di insulti di tutti i tipi: troglodita ignorante, talebano, rozzo culturalmente, censore… Quando ad un certo punto tornando a Roma in macchina ho captato alla radio la trasmissione Fahrenheit su Raitre che parla di cultura e libri. Per un’ora intera mi hanno tritato: come si fa censurare la cultura… Catullo… ecc. E badate che questo libro è dello scorso anno quindi non può certo essere considerato una pietra miliare della letteratura mondiale.
Io non credo di essere così culturalmente rozzo e mi è venuta una illuminazione: ho chiamato mentre ero in auto il senatore Giovanardi al quale ho chiesto la cortesia di presentare una interrogazione sulla vicenda del “Giulio Cesare” scrivendo integralmente i passi del romanzo. Dopo un po’ di tira e molla lo convinco a fare la provocazione. Dopo un paio di giorni Giovanardi mi telefona e dice: “Sai cosa è successo? Sono andato nell’ufficio della segreteria della Presidenza del Senato e il funzionario mi ha detto: ‘ senatore è pazzo? Deve togliere questa roba oscena e sconveniente perché viola l’articolo 146 del regolamento e ripresenti l’interrogazione’ “.
A questo punto Giovanardi è stato bravo, perché se lo è fatto mettere per iscritto e incredibile ma vero il 7 Maggio il presidente del Senato Pietro Grasso ha mandato una lettera da lui firmata in cui dice: «Caro senatore, come avvisato dagli uffici di segreteria la sua interrogazione purtroppo non può essere accolta perché contiene materiale osceno e sconveniente che viola l’articolo 146 del regolamento, pertanto la prego di toglierlo e di ripresentarla». Bene, quello che per un’aula parlamentare è osceno e sconveniente è convenientissimo per un’aula scolastica in cui ci sono 14enni e 15enni.
Se io sono culturalmente rozzo e gretto almeno sono in buona compagnia: con la seconda carica dello Stato: io e il presidente del Senato, due talebani che censurano la letteratura. Di questa vicenda però la cosa più grave è che i genitori non sono stati assolutamente coinvolti.
«I genitori hanno priorità di educazione dei propri figli rispetto allo Stato»; sapete dove è sancito questo diritto enunciato esattamente come l’ho appena enunciato io? Nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, all’articolo 26 terzo comma, scritto nel 1948. E sapete perché nel 1948 si è deciso di inserire questo principio che fino ad allora era scontatissimo e non era inserito in nessun documento giuridici nazionale o internazionale? Perché dopo la guerra l’esperienza ha dimostrato quanto sia stato devastante, distruttivo, esiziale l’indottrinamento della gioventù attraverso il sistema di istruzione statale del Terzo Reich. Ovvero si è capito come l’istruzione pubblica in mano al potere può diventare un’arma letale.
Non tutti sanno qual’era la denominazione completa del ministero della pubblica istruzione tedesco: Reichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda, ovvero: ministero dell’istruzione pubblica e propaganda del Reich; e non è un caso che queste due competenze fossero riunite in uno stesso dicastero. E sapete chi è stato il ministro dell’istruzione pubblica dal 1933 in Germania? Un tale Joseph Goebbels.
Dopo settant’anni oggi dobbiamo rivendicare il diritto di educazione dei figli da parte dei genitori rispetto allo Stato.
Proprio questa mattina abbiamo presentato alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia un’altra denuncia per quello che è accaduto in un istituto di Castelnuovo ne Monti, dove all’Arcigay “la Gioconda” di Reggio è stato concesso di fare un’ora di lezione sull’omofobia nelle varie curricolari con successiva distribuzione di opuscoli ai ragazzi di tutte le classi, quindi di età dai 14 anni in su. A parte le illustrazioni in cui si vede come mettere il preservativo e come funzionano i rapporti orali il contenuto è allucinante. Io a 53 anni ho imparato delle cose che non conoscevo… Ho imparato cos’è il riming: una pratica sessuale che accosta la bocca alle zone anali e perianali.
Scopo dell’opuscolo dovrebbe essere di proteggere dalle malattie infettive – così qualcuno dirà che oltre ad essere talebani siamo anche quelli contro la salute sessuale e degli incoscienti perché vogliano diffondere l’HIV – e c’è scritto: quando fai il riming stai attento, perché quando tocchi con la lingua elementi fecali puoi infettarti, allora usa il preservativo anche per la lingua. E spiega come fare… Incita anche a truffare il Servizio sanitario nazionale perché dice che se si deve fare l’analisi per l’epatite B basta dire di essere gay per avere il ticket gratuito. Altre cose sono irripetibili e irriferibili.
Se vi ho pregato di leggere il documento Unar sulla strategia nazionale sull’identità di genere, invece vi supplico in ginocchio di leggere lo Standard per l’educazione sessuale in Europa proposto dall’Organizzazione mondiale della sanità, che purtroppo sta per essere applicato in tantissime scuole materne ed elementari d’Italia.
Questo documento divide i giovani in fasce do età: da 0 a 14 anni ma vi dirò solo cosa prevede per la fascia da 4 a 6 anni che è la più delicata per lo sviluppo del bambino. Il documento dice che da 4 a 6 anni bisogna:
– introdurre i bambini alla masturbazione infantile precoce;
– dare la capacità di identificare fin nei dettagli i genitali;
– introdurre l’identità di genere; ovvero non siete maschietti e femminucce ma dovete decidere cosa essere.
Il primo caso sugli aspetti fisici ci è stato segnalato a Gennaio a Roma: un bambino di 6 anni tornato a casa dai genitori comincia a fare discorsi strani; il padre si insospettisce e pensa immediatamente a interferenze esterne di un adulto e corso a scuola convoca tutte le maestre dicendo: “aprite gli occhi perché qui c’è qualcuno strano che gira!”. E quelle: “siamo state noi, stiamo applicando lo standard…”. Alla legittima reazione del genitore tutte le maestre lo hanno aggredito trattandolo da retrogrado e bigotto. Ovviamente il genitore ha preso il figlio e lo ha tolto dalla scuola valutando anche se fare un’azione legale.
Come definite voi un adulto che invita un bambino di 6 anni a toccarsi? A Trento una sera ho fatto questa domanda e mi hanno risposto: “un educatore”. Badate che c’è gente che sostiene questa roba qui, perché questo è il progresso.
Comunque fin qui siamo nella natura; perversa quanto si vuole ma pur sempre natura. Quello che invece è letteralmente diabolico è l’identità di genere, che sta spaccando la testa dei bambini. Le prime segnalazioni ci sono venute dall’Umbria, che sembra essere il laboratorio del demonio. Ci sono scuole materne che fanno vestire i bambini da bambine e viceversa o fanno giocare i bambini con le bambole perché devono scoprire cosa essere.
Nella ex scuola Mattei di Roma truccano i bambini col rossetto da donna grazie anche all’ausilio di “educatori” esterni dell’associazione “Scosse”. Nella scuola “I sei colori di Ugo” per la prima volta quest’anno non si è festeggiata la festa del papà e si è deciso di abolirla per non discriminare una bambina che aveva due mamme lesbiche; stanno poi dilagando in modo irreversibile e incontrollabile le fiabe con due principesse che alla fine si sposano e che vivono felici e contente con tanto di disegno con bacio saffico o del principe che scappa con lo scudiero e lo sposa.
Voi potete ridere ma pensate alla forza pedagogica che hanno le fiabe: Cenerentola, Cappuccetto rosso, Biancaneve… Non c’è da ridere.
Poi c’è il best seller, che sta spopolando in tutte le scuole elementari d’Italia: Il segreto di papà, il racconto di un bambino che parla della sua famiglia tipo: la mamma separata che è andata a vivere col fidanzato Ale e il papà con atteggiamento un po’ strano. Si scopre che ha un segreto, che si chiama Luca. Luca è un poliziotto e il bambino dice che Luca gli vuole molto bene e anzi gli ha fatto pure fare un giro sulla moto della polizia e gli dà tanta fiducia. Quindi anche le istituzioni sono coinvolte in questo schifo.
Però il bambino è triste perché la parola gay a scuola ha un significato un po’ negativo, allora parla con la maestra la quale, dice, ci pensa lei e fa una lezione: scrive alla lavagna la parola gay e spiega: “vedete bambini, gay in inglese significa allegro, quindi il tuo papà è fortunato ad avere un fidanzato gay”. Ma la storia purtroppo finisce male, perché il papà dice: “io e Luca ci vogliamo tanto bene, ma non siamo felici, perché purtroppo in Italia non possiamo sposarci”; e tutti i bambini della classe sono tristi.
Potremmo andare avanti così tutta la sera, perché di episodi simili ce ne sono a valanghe.
Quello che invece mi ha colpito di più in tutta la vicenda del gender è stato la telefonata di una mamma che mi ha raccontato della figlia tornata da scuola la quale le ha detto:
«Mamma, mamma, ci sono maschietti, femminucce e stellina»;
stellina? E chi è stellina?
«Si mamma, stellina è maschietto e femminuccia, tutte e due».
«Ma no guarda, la maestra si sbaglia…»
«No mamma, perché nella nostra classe ci sono già tre stelline»
Avete capito? Ne hanno già rovinati tre…
Noi abbiamo una maturità e una capacità critica che ci consente di dire che questa è una follia, ma da zero a 6 anni questa capacità non c’è e quello che sta accadendo è gravissimo: stanno manipolando le fasce più manipolabili per creare un’antropologia capovolta. Di fronte a queste cose bisognerebbe andare in piazza a fare la rivoluzione! ma tutto sta passando nell’indifferenza più assoluta, come se fosse la cosa più normale; anzi il progresso.
Torniamo un attimo alle scuole. Alla fine di Gennaio vengo in possesso di tre opuscoli con logo dell’Unar. Attenzione: l’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale, dipende dal dipartimento pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; è un ufficio governativo. I tre libretti – uno per le elementari, uno per le medie e uno per le superiori – sono intitolati Educare alla diversità e li leggo in anteprima. A parte la solita solfa del gender, omosessualismo ecc. si toccano punte di risibilità, perché vi si dice che persino nell’elaborazione dei problemini di matematica bisogna tener conto delle nuove famiglie omogenitoriali e si fa l’esempio: Rosa e suoi due papà vanno a comprare 7 lattine di thè. Se una lattina costa 2 euro quanto spende Rosa? Qui si può ridere o piangere.
Quello che invece mi ha fatto sobbalzare sulla sedia è stato leggere nella premessa dei tre libretti che cosa il Governo italiano voleva si insegnasse ai bambini delle elementari, ai ragazzi delle medie e agli adolescenti delle superiori sul concetto di omofobia.
Fate mente locale a quello che vi ho detto all’inizio, ovvero che si sta introducendo un reato senza sapere cos’è. E’ allora interessante sapere cosa il Governo vuole che i ragazzi definiscano l’omofobia. I tre testi nelle premesse dicono che, tra i vari criteri, ce ne sono quattro:
1) il grado di religiosità di una persona concorre a determinare il suo profilo omofono;
2) credere ciecamente – si usa proprio questo avverbio: ciecamente – ai precetti religiosi è omofobia;
3) sostenere che l’omosessualità è un peccato è omofobia;
4) sostenere che l’unica unione lecita è quella aperta alla vita, cioè finalizzata alla procreazione, è omofobia.
Letto questo ho detto: io sono omofono.
Ho contattato immediatamente quelli che ritenevo i diretti interessati, cioè la Cei e Avvenire, e fortunatamente Avvenire l’11 Febbraio di quest’anno ha pubblicato un mio editoriale in cui ho detto le cose che vi ho appena riportato ma virgolettate. Cosa è successo tre giorni dopo? E’ intervenuta l’allora sottosegretario alle pari opportunità Cecilia Guerra, responsabile politico dell’Unar, la quale ha detto che era gravissimo quello che aveva fatto l’Unar; il ministero non sapeva nulla, colpa dell’Unar e nota di demerito al direttore Marco De Giorni; poi è intervenuto il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi secondo il quale il ministero non sapeva nulla e ha chiesto le dimissioni del direttore Unar. Dopo un tira e molla durato diverse settimane con una circolare del ministero questi libretti sono stati ritirati.
Questa vicenda ci fa vedere un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Il bicchiere mezzo vuoto è che se non avessi avuto in anteprima quei libretti e se Avvenire non avesse pubblicato quell’editoriale oggi quella roba li sarebbe in tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado. Il bicchiere mezzo pieno è che le battaglie bisogna farle, perché qualche volta si possono anche vincere. Non bisogna arrendersi di fronte all’ineluttabile, perché non esiste l’ineluttabile.
Siccome per fare questi libretti sono stati spesi decine di migliaia di euro, buttati letteralmente dalla finestra, noi Giuristi per la vita abbiamo deciso di fare un esposto alla Procura regionale della Corte dei Conti del Lazio perché qualcuno paghi di fronte al danno erariale. Lo abbiamo fatto anche per rispetto di tutti quei genitori i cui figli devono portare a scuola anche la carta igienica perché manca.
Tutto questo vi fa capire che se la legge non stabilisce paletti rigidi sul concetto di omofobia uno può poi dire quello che vuole. Se è l’Unar può fare marcia indietro ma se è un magistrato no.
Abbiamo scoperto chi ha redatto materialmente questi libretti scrivendo tali follie sull’omofobia: è stato l’ Istituto A.T. Beck, una associazione privata di psicologi con sede a Caserta e la direttrice di questo istituto, scelto da Governo italiano, la dottoressa Antonella Montano, è nota solo per aver scritto un libro che si intitola Mogli, amanti e madri lesbiche, presentato da Paola Concia [lesbica, deputato del PD e attivista per i diritti LGBT n.d.r.]; quindi non tanto imparziale. Nell’esposto alla Corte dei Conti abbiamo chiesto che il Governo italiano ci spieghi sulla base di quali criteri ha deciso di affidare a questa gente qui la redazione dei libretti.
Ma andiamo avanti. Da Torino ci scrive una mail una insegnante la quale informa di essere stata convocata dal dirigente scolastico per distribuire agli studenti un pacco di schede su omofobia e omosessualità. Me le manda e io scopro che queste schede sono state fatte dall’Ufficio diritti LGBT del Comune di Torino, perché dovete sapere che a Torino c’è un ufficio LGBT con tanto di dirigenti e dipendenti, tra i cui compiti ha anche quello di preparare materiale scolastico.
Leggo le schede e una mi colpisce, la scheda S.3 che si intitola: “Omosessualità e Nuovo Testamento” – ecco la teologia di stato del Comune di Torino – che comincia riportando pari, pari il brano del Vangelo di Matteo in cui Gesù parla di matrimonio, ripudio e del fatto che legge mosaica è stata introdotta per la durezza del popolo ebraico. Domanda per gli studenti: ma allora quello che dice l’Antico Testamento, intendendo anche la condanna dell’omosessualità, è stato scritto solo per la durezza del popolo ebraico e non vale più oggi, si o no? Seconda domanda: Gesù nel Vangelo non ha condannato l’omosessualità, si o no?
Poi viene l’epistola di san Paolo, quella della grave depravazione dei sodomiti; domanda: ma allora non è stato Gesù, sono stati quelli che sono venuti dopo di lui, come Paolo di Tarso, a condannare l’omosessualità, si o no? Si passa dopo all’altra epistola: mogli sottomettetevi ai mariti, mariti vogliate bene alle mogli… Ma Paolo di Tarso non era per l’eguaglianza tra l’uomo e la donna nel matrimonio? Paolo di Tarso era allora misogino, si o no? Altra epistola ancora: schiavi vogliate bene ai padroni, padroni rispettate gli schiavi… ma Paolo di Tarso era schiavista, si o no?
La domanda da fare piuttosto sarebbe: istituzioni laiche pubbliche italiane, ma veramente volete spacciare la barzelletta di combattere l’omofobia e il bullismo nelle scuole contrapponendo l’Antico e Nuovo testamento, l’insegnamento di Gesù e di san Paolo o presentando in maniera caricaturale la dottrina della Chiesa come la sentina di tutti i mali oscuri dell’umanità: schiavismo, misoginia discriminazioni…?
No, il problema è un altro ma allora lo si dica e lo si dica chiaramente e lasciamo stare il bullismo.
Lasciamo la scuola e andiamo al lavoro, perchè come ho tetto il documento Unar “Strategia nazionale” tocca tutti gli ambiti. Il documento dice che da qui al 2015 in tutte le aziende private e pubbliche bisognerà introdurre corsi di formazione sui diritti LGBT, bisognerà introdurre in azienda il mentore LGBT, cioè il rappresentante LGBT come rappresentante sindacale, e poi i vari benefit o vaucher pro LGBT. Ma, a dimostrazione di come l’ideologia quando si astrae dalla realtà tocca punte di risibilità e involontaria comicità, dice anche che sono previste sovvenzioni agevolate, finanziamenti a fondo perduto, agevolazioni di tutti i tipi per i giovani imprenditori gay del Sud.
Dove invece non c’è da ridere è con i giornalisti, perché l’Unar ha redatto un decalogo su come e cosa devono scrivere i giornalisti pena l’essere deferiti al consiglio dell’Ordine quando toccano i temi LGBT. Queste regole dicono ad esempio che non si potrà più usare l’espressione “famiglia naturale”, non si potrà più usare l’espressione “famiglia tradizionale”, non si potrà più scrivere che un bambino per crescere ha bisogno di un padre e una madre; se parla un LGBT in televisione o alla radio non c’è bisogno di contraddittorio, se parla qualcun altro allora si, ci vuole il contraddittorio di un LGBT; non si può più usare perché dispregiativa l’espressione “utero in affitto” ma bisognerà sostituirla con “gestazione di sostegno”.
Sapete a quando risale il precedente di direttive emanate dal Governo italiano ai giornalisti di cosa scrivere in presenza di certi temi? Le famigerate veline del Minculpop, che non è una parolaccia ma il Ministero della cultura popolare fascista. Altro precedente che ci porta indietro di settant’anni.
Noi Giuristi della vita, siccome il buon Dio ci ha dato questo compito: essere in prima linea, abbiamo deciso di impugnare al Tar questo decalogo in modo che un tribunale della Repubblica ci dica se questa cosa è una buffonata oppure è sacrosanta e in questo caso avremo la soddisfazione di vedere certificato con una sentenza il fatto che siamo in un regime totalitario. Ma sapete la fatica che abbiamo fatto per trovare un giornalista iscritto all’Ordine che ci mettesse la faccia? Alla fine lo abbiamo poi trovato: Riccardo Cascioli de La Nuova Bussola quotidiana, l’unico giornalista che ha avuto il coraggio. Se non ci fosse stato lui noi l’esposto, come Giuristi per la vita, non potevamo farlo.
Questa storia dell’omofobia nasce il 14 Marzo del 2013, quando il Parlamento europeo approva una risoluzione in cui si dice che tutti i Paesi dell’unione si devono dotare di efficaci norme repressive per combattere l’omofobia. Il 15 Marzo l’onorevole Ivan Scalfarotto presenta il suo disegno di legge. Notate la coincidenza. Da quel momento, siccome si tratta di un fenomeno di emergenza nazionale, è stata data una corsia preferenziale a questo disegno di legge, compresa l’autorizzazione alle sedute notturne. Tenete conto che ci sono migliaia di disegni di legge che giacciono da decine di anni in Parlamento.
Attenzione, questo disegno di legge il 9 Luglio 2013 arriva in Commissione giustizia della Camera, dove con l’accordo Pd-Pdl, tranne alcuni pochi ribelli del Pdl, viene approvato il primo testo base, che diceva tre cose:
1 – all’art. 1 introduceva per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico il concetto di genere; ovvero diceva: “s’intende per identità di genere la percezione che un soggetto ha di appartenere al sesso maschile o femminile, indipendentemente dal proprio sesso biologico”;
2. – l’allargamento della legge Reale-Mancino, come abbiamo visto;
3. – una pena accessoria; ovvero, una volta scontata tutta la pena in carcere, una volta usciti si può essere sottoposti alla pena accessoria da sei mesi a un anno che consiste in una attività lavorativa non retribuita presso una associazione per la tutela dei diritti omosessuali. Sapete questo come si chiama in cinese? Jiaoyang, rieducazione attraverso il lavoro, tipico dell’ideologia maoista.
Noi monitoravamo questa storia da Marzo, il 10 di Luglio urlammo a tutto il mondo cosa stava succedendo ma… niente, silenzio di tomba. L’11 decidiamo di lanciare un appello per la raccolta di firme e bloccare questa roba. Tramite La Nuova Bussola quotidiana, la rivista Tempi, Notizie Pro vita e il sito Culturacattolica.it raccogliamo 20-30 mila firme. Passano i giorni e niente; fortunatamente il 15 Luglio l’Huffington Post, quotidiano allora diretto da Lucia Annunziata, si accorge del nostro appello e dice: “la destra conservatrice cattolica si oppone…”; ci bollano come clerico-fascisti però aprono i riflettori e infatti il giorno dopo ho la possibilità di essere intervistato a Roma da Telepace, il giorno dopo ancora Avvenire pubblica la nostra posizione e il giorno dopo ancora Radio vaticana mi fa una lunga intervista.
Da lì è venuto fuori tutto il pandemonio tanto è vero che il 22 Luglio i due relatori si accorgono che sull’identità di genere la pena maoista fosse un tantino esagerata e la eliminano con un emendamento.
Perché vi ho raccontato queste cose? Perché essendo saltati tutti gli accordi politici, adesso che il Ddl è in discussione alla Commissione Giustizia del Senato c’è il rischio che reintroducano la pena maoista e occorre stare attenti. Il 24 Luglio all’Hotel Nazionale, davanti a Montecitorio, quando a spese nostre abbiamo organizzato una conferenza stampa con giornalisti e politici dissi che come presidente dei Giuristi per la Vita, associazione oggettivamente omofoba secondo il Ddl Scalfarotto, rischiavo 6 anni di carcere ed ero anche disposto ad essere condannato alla pena massima, ma una volta uscito dal carcere prima di passare un anno all’Arcigay avrei chiesto asilo politico in Russia. Ci fu una reazione…
Se questa legge non si incardinava prima della pausa estiva sarebbe saltato tutto il castello, così arriviamo alla fine di Luglio pronti a festeggiare, convinti di avercela fatta, quando l’ultimo giorno utile, il 5 Agosto, alle 23,45 col favore delle tenebre, la legge viene incardinata. Lì capiamo che è finita, infatti la discussione viene rinviata e in tre giorni la legge viene approvata.
Tuttavia in quei tre giorni è accaduto qualcosa che vi devo dire, altrimenti potrebbe esserci qualcuno che riferirà che quello che ho detto non è vero poiché una norma – il cosiddetto emendamento salva-vescovi – che consente di dire tutte le cose più omofobe del mondo senza essere puniti.
Scelta Civica in quei tre giorni cosa fa? propone il compromesso: se l’affermazione omofoba viene fatta all’interno di associazioni, movimenti, organizzazioni religiose, culturali o politiche non è punibile. Praticamente l’emendamento dice: se io rubo da solo commetto un furto e vado in galera, se tre persone si associano e fanno l’”Associazione ladri” per commettere un furto non sono punibili. Secondo voi quanti secondi dura questa cosa di fronte alla Corte Costituzionale, tenendo conto che nel nostro sistema l’elemento associativo semmai aggrava il reato?
Ma attenti, perché a tagliare la testa al toro sui questo emendamento ci ha pensato lo stesso Scalfarotto, perché quando il 20 Settembre, ovvero il giorno dopo l’approvazione della legge, Arcigay scrive: Scalfarotto, sei matto a introdurre un emendamento che neutralizza la legge?, lui ha risposto: Avete letto bene? Nella legge c’è scritto che le affermazioni sono fatte all’interno e non all’esterno. Che tradotto significa: i cattolici nel chiuso delle loro sagrestie possono dire tutte le cose più omofobe del mondo ma non si azzardino a farlo fuori. Abbiamo l’interpretazione autentica, per iscritto, che dimostra quanto sia foglia di fico questo emendamento.
Concludo dicendo questo: io sto girando l’Italia e la cosa più angosciante di questa esperienza non è tanto quello che dico, che peraltro di giorno in giorno peggiora sempre più, quanto il fatto di trovarmi di fronte all’indifferenza e soprattutto all’ignoranza, che fa ribollire il sangue.
Pensate che quando il 16 Gennaio sono tornato dal convegno di Firenze, dove ci hanno dato dei nazisti, la sera sono stato invitato con mia moglie da amici a cena e parlando ci hanno chiesto cosa eravamo andati a fare a Firenze. Io ho raccontato del convegno e ho parlato di questa legge Scalfarotto e loro: “spiegaci un po’ perchè noi non sappiamo niente…”. Badate: lui fa l’imprenditore e lei insegna a scuola. Dopo un po’ questo amico si stufa e dice:
«Ma tu sei esagerato”, una legge così non sarà mai approvata dal Parlamento italiano»
«No , guarda che è già stata approvata»
«Ma quando? »
«Il 19 settembre»
«Ah! Ma noi non ci siamo accorti, noi non sapevamo…»
Quando ha usato quelle parole: noi non ci siamo accorti, noi non sapevamo, mi si è accesa una lampadina. Ho capito una cosa che non mi è stata mai molto chiara: come sia potuto accadere che i tedeschi sotto un regime totalitario come quello nazista, con la Gestapo, i rastrellamenti, i vagoni piombati, Anna Frank, alla fine abbiano potuto dire: noi non ci siamo accorti, noi non sapevamo. A me è sempre sembrata una scusa poco plausibile e invece, amici, può accadere; sta accadendo in Italia. Con un’aggravante: i tedeschi non avevano neppure la televisione, noi abbiamo perfino Internet.
Una sera a Roma vedo arrivare ad una mia conferenza una signora molto, molto anziana accompagnata da una ragazzina. Siccome si vedeva che aveva più di novant’anni per curiosità mi sono avvicinato, infatti aveva 96 anni ed era lucidissima. Lei mi fa: «Sa, sono venuta qui stasera a fare quello che non ho fatto settant’anni fa. Lo sa? Quando in Italia sono state approvate le leggi razziali noi mica siamo scesi in piazza a protestare. Intanto la stragrande maggioranza non sapeva neppure cosa era successo, allora c’era tanta ignoranza, e quelli che sapevano, come me, dicevano: cosa vuoi che sia, ci sono cose più importanti cui pensare. Qualcun altro pensava che fosse solo una cosa politica, dopo l’accordo con la Germania, e che non sarebbe successo nulla. Anche il mio parroco disse: “figliola, ci sono cose più importanti di queste buffonate della politica”. Sa quando ci siamo accorti cos’erano le leggi razziali in Italia? Nell’Ottobre 1943, quando le SS hanno circondato il Portico di Ottavia e tutto il ghetto e hanno portato via 1000 ebrei, di cui solo 29 sono tornati a casa. La mia migliore amica, che era ebrea non è più tornata. Io per lei non ho fatto niente, non voglio che ricapiti».
E’ così, amici, che si perde la libertà… E’ così.
E questo sta accadendo anche grazie ad una comunicazione che… Altro che Goebbels e io ne sono testimone. L’11 gennaio a piazza Santi Apostoli a Roma, a cento metri da piazza Venezia, nel cuore di Roma, la Manif pour Tous Italia ha organizzato una manifestazione nazionale con pullman da tutta Italia, migliaia di persone e decine di parlamentari tra deputati e senatori tutti di rilevo nazionale; c’erano tre cameramen di tre televisioni e una decina di giornalisti, di cui riconosco uno di Repubblica, uno de il Corriere, di Libero, de Il Messaggero e pure l’inviato dell’Ansa. La manifestazione è durata dalle 3 alle 7 di sera ma il giorno dopo, 12 gennaio 2014, non solo sui media non c’è niente di quella roba lì, ma sapete qual è la notizia che hanno dato quei giornali? : “Un corteo di 300 persone alla Magliana per protestare contro l’omofobia” perché era morto un parrucchiere gay.
La realtà non è quella che leggete sui giornali ma sui giornali leggete solo quello che il potere vuole che si sappia.