E’ sempre più acceso il dibattito sugli aspetti della demografia
di Domenico Bonvegna
Nonostante ciò, ancora oggi, puntualmente, i profeti di sventura si riaffacciano all’orizzonte. Recentemente il politologo, Giovanni Sartori, intervenendo sul Corriere della Sera, ha ribadito che il mondo sta scoppiando perché la crescita della popolazione è troppa, e la colpa di tutto questo è della Chiesa Cattolica che si oppone alla contraccezione.
Il professore per dimostrare le sue tesi, fa riferimento a dei numeri che risultano fantascientifici: nel 2150, dovremmo essere 694 miliardi di persone! A Sartori hanno risposto, sul quotidiano Avvenire del 26 giugno, Paolo Mieli, Padre Piero Gheddo e il demografo Antonio Golini. «Non capisco- dice Mieli- quale potrebbe essere l’influenza della Chiesa Cattolica su popoli- quelli che hanno gli indici di natalità più alti- di religioni diverse. Che c’entra il Papa con la sovrappopolazione nel mondo musulmano, induista o buddista?».
Don Piero Gheddo, afferma che nel terzo mondo non si soffre per troppi abitanti o per scarse risorse, ma perché c’è mancanza di educazione e libertà, di pace, di ragionevoli scelte politiche: «aiutiamo i poveri a svilupparsi e diminuirà anche la loro crescita demografica». Mentre per il professore Golini è esagerato e semplicistico sostenere che la crescita delle popolazione è responsabile di tutto.
Piuttosto occorre allarmarsi «dell’invecchiamento troppo rapido della popolazione che porta con sé una serie di problemi sociali ed economici che diventano impossibili da gestire. Non si può sostenere una riduzione esagerata delle nascite». Come sta avvenendo in Paesi cattolici come la Spagna e L’Italia: «è ovvio che se continua così sono popoli destinati a scomparire».
A questo proposito fa raggelare il sangue l’ultimo libro dell’americano Patrick J. Buchanan: l’Occidente è morto e sepolto anzitutto perché non si ricorda più chi è a fronte di “nuovi Barbari” (letteralmente stranieri) che premono alle porte, poi perché colpito dal virus antinatalista. Insomma, l’Ovest muore, per perdita di memoria e per incapacità di rigenerarsi.
Ma l’allarme estinzione sembra non interessare i parlamentari dell’Europarlamento che il 3 luglio scorso hanno approvato la risoluzione Van Lancker, che invita tutti i Paesi dell’UE e quelli candidati a liberalizzare l’aborto, a mettere sul libero mercato a prezzi politici la pillola del giorno dopo, a rendere universale la contraccezione e a garantire l’educazione sessuale e la disponibilità di contraccettivi a bambini e adolescenti senza il consenso dei genitori, il tutto secondo la concezione della salute riproduttiva.
«Certamente si sta cercando- dice Rosemary Scallon, deputato irlandese- di inserire il diritto di uccidere tra i diritti umani, si tratti di bambini concepiti o di anziani malati» (“Vogliono inserire il diritto a uccidere tra i valori umani”, intervista di R. Cascioli, in Avvenire, 4 luglio,2002) Il problema invecchiamento ormai sta investendo l’Italia, in particolare il Nordest, dove nascono pochi figli e quindi il futuro del territorio è abbastanza fosco. E’ stato presentato il “Rapporto 2000” della Fondazione Nordest, dove si evidenzia che nel 2021 il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia ed il Trentino Alto Adige perderanno 800 mila abitanti, anche se arrivassero 50 mila immigrati l’anno.
«La quantità di manodopera locale sarà, dunque, progressivamente calante, con significativi problemi per le imprese locali, già oggi alle prese con una ricerca affannosa di personale e di immigrati». (Francesco Dal Mas, Nascono pochi figli: il Nordest è a rischio, in Avvenire, 2/7/2002) Quindi non ci sono dubbi per il sociologo Ivo Diamanti, responsabile della Fondazione Nordest: «Il passaggio strategico per il futuro del Nordest è la famiglia. Un tempo la famiglia era tutto, oggi non più. Di qui le tante difficoltà sociali ed economiche che si sono materializzate.]La famiglia deve trovare ragioni per agire come tale: dalla riproduzione all’educazione. E a questa famiglia va garantito un sostegno non generico, ma preciso sul territorio. Sostegno che oggi non c’è».(ibidem)
In effetti, l’Italia non ha mai avuto una politica familiare degna di questo nome, pronta cioè a riconoscere i figli come un patrimonio per l’intera collettività. Ha prevalso sempre una concezione paternalistica dello Stato, per cui si trasforma il cittadino in assistito. Qualche cambiamento si intravede col governo Berlusconi, anche se ancora, la deduzione per i figli a carico, è concentrata solo sui redditi più bassi.
Infatti osserva la Santolini, presidente del Forum delle Associazioni familiari: «Speravamo che venisse riconosciuta l’universalità delle deduzioni per figli a carico, invece la Commissione Finanze della Camera ha concentrato le deduzioni sui redditi più bassi. Ma i figli, tutti i figli, sono una risorsa e le politiche familiari- per definizione- sono universali. A parità di reddito chi ha figli deve essere trattato in maniera diversa da chi non ne ha, fosse pure un miliardario».