di Claudio Risé
In alto campeggia il titolo, a cui, dice implicitamente il manifesto, la finanziaria si ispirerà. Il titolo è: “Anche i ricchi piangano”. La parola “piangano”, al centro del manifesto, è quella scritta coi caratteri più grandi. Al centro c’è un riquadro ovoidale, nel quale appare un panfilo (non tanto bello, ma i gusti sono gusti), con appunto il riquadro: finanziaria 2007, che forse dovrebbe evidentemente silurarlo. Sotto, le diciture: “Difendere il programma. Difendere i più deboli”.
Et voilà. Le intenzioni di Unione e Rifondazione, sono tutte espresse in un’ immagine, più eloquente di un lapsus. Innanzitutto non è la gioia per tutti che interessa a queste forze politiche, bensì, come a tutte le ideologie punitive, le lacrime.
Il programma è il pianto, le lacrime, come dato costante della situazione sociale. Non guerra alle lacrime dunque, non una loro riduzione, ma la loro estensione. A chi va estesa la lacrimevole condizione del cittadino? A un gruppo privilegiato che, evidentemente, finora ha trovato il modo di sfuggirvi: i ricchi. Quindi la finanziaria deve servire a far piangere anche questi esseri speciali, che finora non hanno pianto. Questo far lacrimare anche i ricchi equivale poi, dice il manifesto, a realizzare il programma di Unione e Rifondazione (che evidentemente prevedeva quest’estensione dei pianti), e – non si sa bene come e perché – a difendere i più deboli.
La cui condizione di debolezza e pianto migliorerebbe, secondo la filosofia politica del manifesto, facendo piangere anche questi cigli asciutti dei ricchi. Ecco dunque gli elementi centrali di questo programma e della sua visione del mondo.
Al centro c’è l’attacco a un gruppo sociale, che appare un po’ con le caratteristiche che ha il “persecutore” nei classici deliri paranoici: il gruppo dei ricchi. Proprio come i persecutori del paranoico, i ricchi dell’Unione hanno caratteristiche vagamente magiche. Per esempio non piangono, sono «al di là del bene e del male», come diceva Nietzsche, che di deliri se ne intendeva.
E si intendeva perfettamente, da genio malato quale era, anche della posizione psicologica da cui nascono questi atteggiamenti e programmi: quella del “risentimento”, nella quale l’uomo, ormai troppo debole per immaginare un’azione, una proposta attiva, si limita a “reagire” contro un altro, che diventa appunto l’oggetto del suo risentimento. Lui stesso lo provava nei confronti della divina, umile forza di Gesù e lo descrive bene negli atteggiamenti politici dell’Europa in corsa verso quelle fortezze di risentimento che furono i totalitarismi. Non per essere pignoli: l’incitamento all’odio di classe non sarebbe anticostituzionale?