La Nuova Bussola quotidiana
3 Agosto 2017
di Giorgio Bernardelli
Nonostante le persecuzioni dell’Isis e le altre durissime prove vissute in questi ultimi anni, il numero dei cristiani in Medio Oriente tiene. E se poi dall’area storica della loro presenza si allarga lo sguardo anche al Golfo Persico, ci si accorge che addirittura crescono. E’ il quadro sorprendente offerto da un nuovo rapporto pubblicato dal Cnewa – Catholic Near East Welfare Association, associazione di diritto pontificio che è uno tra i principali punti di riferimento a livello mondiale per la vicinanza e la solidarietà alle Chiese d’Oriente.
Mettendo a confronto una serie di dati forniti da fonti diverse e soppesandoli a partire dalla propria esperienza sul campo il Cnewa ha tratto per ciascuno dei nove Paesi in cui opera in questa regione (dall’Egitto alla Siria, da Israele all’Iraq, dalla Giordania al Libano…) alcune stime sulla presenza dei cristiani aggiornate al 2017. E ha quindi messo a confronto questi dati con una medesima rilevazione compiuta nel 2010, prima della stagione delle primavere arabe. Il risultato è che in questi Paesi del Medio Oriente dove le Chiese locali sono presenti ininterrottamente dai tempi degli apostoli oggi i cristiani sarebbero 14.525.880, vale a dire appena 213,780 in meno (-1,45%) rispetto a sette anni fa.
Si tratta di un numero che esprime un attaccamento impressionante alle proprie radici, se si pensa a quanto le ragioni che spingerebbero in favore di un esodo massiccio siano state serie e quanto anche la stessa pulizia etnica messa in atto dai gruppi jihadisti avesse proprio questo preciso obiettivo. Va specificato che, se si analizza il dato nel dettaglio, le ferite si vedono comunque a occhio nudo. Il grosso della tenuta è data infatti dai cristiani dell’Egitto – i copti, la più popolosa delle delle comunità cristiane d’Oriente – che dal 2010 al 2017 sarebbero aumentati da 8,1 a 9,4 milioni; un’avanzata che segue i ritmi di crescita della popolazione locale, mantenendo la quota dei cristiani nel Paese intorno al 10 per cento. Un dato comunque non scontato, se si pensa a tutto quanto è accaduto al Cairo dalla vittoria dei Fratelli Musulmani nelle elezioni del 2012 in poi.
Dove invece l’emorragia si vede chiaramente è nella Siria provata da ormai oltre sei anni di guerra: secondo le stime del Cnewa qui la presenza dei cristiani si sarebbe assottigliata sensibilmente, passando da 2,2 a 1,2 milioni di persone. Discorso analogo per l’Iraq che sarebbe sceso ulteriormente a quota 250 mila cristiani, lontanissimi dal milione e mezzo di inizio anni Novanta. E per di più si tratta di comunità tuttora in gran parte profughe nel proprio stesso Paese e alle prese con le incertezze che anche dopo la sconfitta dell’Isis tuttora circondano il futuro di Mosul e della Piana di Ninive.
Vi sono però altre realtà del Medio Oriente dove le comunità cristiane conoscono oggi una nuova vitalità: il caso più evidente è quello della Giordania, Paese dove il cristianesimo è presente ininterrottamente dai tempi della predicazione di Gesù e divenuto – non senza fatiche – casa anche per molte famiglie cristiane fuggite dall’Iraq e dalla Siria. Oggi in Giordania secondo il Cnewa vi sono 350.000 cristiani, che vuol dire molti più di quelli presenti in Israele e in Palestina messi insieme (realtà dove comunque il numero dei cristiani sarebbe tornato a crescere leggermente, dopo la contrazione dei primi anni Duemila).
Ma il vero fatto nuovo per il Medio Oriente sta succedendo molto più lontano, nel Golfo Persico, dove neppure il Cnewa è presente. In Paesi come il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti, la stessa Arabia Saudita stanno continuando a crescere i numeri dei lavoratori cristiani immigrati portati fino a qui dalle nuove rotte del mercato del lavoro globale. Filippini, indiani, sudanesi, eritrei che lavorano negli alberghi o nei cantieri di Dubai, Doha o Abu Dhabi, spesso in condizioni durissime.
Il Cnewa calcola che dal 2010 a oggi siano quasi raddoppiati raggiungendo complessivamente la cifra di 3,8 milioni di persone. Una presenza precaria ma ormai impossibile da nascondere: in Kuwait sarebbero ormai l’equivalente del 17% della popolazione, in Bahrein il 14,5%, dati impensabili solo ieri. Vivono la propria fede rigorosamente all’interno della manciata di chiese che hanno avuto il premesso di costruire; ogni anno che passa, però, sono una presenza sempre meno invisibile.
Oggi, dunque, non si può più tracciare una fotografia dei cristiani del Medio Oriente senza tener conto anche di loro. E con loro anche i numeri complessivi cambiano: ci si accorge che dal 2010 il saldo complessivo è di quasi 1,6 milioni di cristiani in più, con un incremento del 9,5%. E che oggi un cristiano del Medio Oriente su cinque vive tra la Penisola Arabica e il Golfo Persico. Piccolo seme fragile e precario. Ma che nella logica del Vangelo non potrà non portare frutto.