Voci per un dizionario del pensiero forte
di Giovanni Cantoni
Plinio Corrêa de Oliveira nasce a San Paolo, in Brasile, il 13 dicembre 1908, da genitori appartenenti a famiglie dell’aristocrazia – la madre Lucilia (1876-1968), una Ribeiro dos Santos, “paulisti di quattrocento anni”, è morta in concetto di santità -; compie gli studi secondari presso i padri gesuiti, e si forma nella facoltà di Giurisprudenza della metropoli. Iniziata la carriera professionale e pubblica, si qualifica come il maggior leader della gioventù cattolica di San Paolo.
A ventiquattro anni viene eletto, nella lista della Lega Elettorale Cattolica, all’Assemblea Costituente, nella quale è il deputato più giovane e più votato di tutto il paese. Poco dopo viene chiamato alla cattedra di Storia della Civiltà nel collegio universitario annesso alla facoltà di Giurisprudenza; quindi, diventa titolare di Storia Moderna e Contemporanea nella facoltà di Filosofia, Scienze e Lettere São Bento, e nella facoltà Sedes Sapientiae, poi integrate nella Pontificia Università Cattolica di San Paolo. È uno dei fondatori dell’Azione Cattolica paulista, quindi primo presidente della sua giunta arcidiocesana.
Pensatore, oratore, conferenziere e giornalista, attratto fin da giovane dall’analisi della crisi contemporanea, della sua genesi e delle sue conseguenze, è autore di studî di carattere sociologico e storico, sempre sollecitati da situazioni della vita della Chiesa e del mondo cattolico, nonché da frangenti del mondo religioso e sociopolitico internazionale o iberoamericano. Cattolico convinto e militante, la sua parola e la sua penna sono sempre state al servizio della Chiesa e della civiltà cristiana.
Nel 1960 fonda la Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, la TFP brasiliana, da allora dedicandosi completamente alla funzione di presidente di questa associazione. Il legato di tale attività è costituito da oltre ventimila registrazioni di conferenze, di riunioni di formazione e d’interventi in commissioni di studio. Associazioni simili alla TFP brasiliana, ispirate al suo pensiero ma giuridicamente indipendenti, sono nate non solo nelle Americhe, ma in tutti i continenti. Delle diverse TFP ha orientato di persona l’elaborazione di molti degli oltre cento volumi da esse pubblicati.
Corrêa de Oliveira giornalista lascia oltre duemilacinquecento articoli e manifesti. Direttore – dal 1935 al 1947 – del settimanale Legionário, organo della Congregazione Mariana di Santa Cecilia, poi organo ufficioso dell’arcidiocesi di San Paolo, dal 1951 al 1995 collabora al mensile di cultura Catolicismo, edito a Campos, nello Stato di Rio de Janeiro; quindi, dal 1968 al 1993, a quotidiani brasiliani, soprattutto – con articoli settimanali – alla Folha de S. Paulo. I suoi scritti, sia volumi che articoli, sono stati spesso tradotti nelle più diverse lingue, compreso il vietnamita, e hanno talora raggiunto tirature straordinarie.
Il 1° febbraio 1975, di fronte alla sempre più difficile situazione della Chiesa cattolica, quindi del mondo cattolico, nel corso di una riunione della TFP brasiliana, si offre come vittima espiatoria, e trentasei ore dopo resta gravemente ferito in un incidente stradale, le cui conseguenze lo hanno accompagnato fino alla morte. Questa lo coglie il 3 ottobre 1995 nella sua città natale, confortato dai sacramenti della Chiesa cattolica, dopo aver ricevuto la benedizione pontificia, e in odore di santità.
2. Il pensiero: “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”
Il pensiero e l’azione di Corrêa de Oliveira prendono l’avvio e ruotano attorno a un giudizio storico: è esistita una civiltà cristiana occidentale, animata dalla Chiesa cattolica, frutto dell’inculturazione della fede in Occidente. Di tale civiltà cristiana è in via di realizzazione il processo di distruzione, la Rivoluzione , una dinamica storica in quattro fasi: la prima religiosa, la Riforma protestante, preceduta e accompagnata da una rivoluzione culturale, rappresentata dall’Umanesimo e dal Rinascimento; la seconda politica, la Rivoluzione francese; la terza sociale, la Rivoluzione comunista; e, infine, la quarta, la rivoluzione culturale iniziata con il Sessantotto francese.
Consapevole del fatto che un processo di tanta profondità, di tale portata e di così lunga durata non può svilupparsi senza abbracciare tutte le attività dell’uomo, come per esempio la cultura, l’arte, le leggi, i costumi e le istituzioni, il pensatore brasiliano, limitandosi a un filone di questo vasto argomento, ne traccia in modo sommario i contorni e ne descrive in forma di tesi – che talora divengono aforismi, massime – le grandi linee, non solo storiche, ma soprattutto strutturali, in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, del 1959, uno studio accresciuto nel 1977 di una nuova parte. “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione – afferma il canonista claretiano argentino Anastasio Gutiérrez Poza in un apprezzamento espresso nel 1993 – è un’opera magistrale, i cui insegnamenti dovrebbero essere diffusi fino a farli penetrare nella coscienza di tutti quanti si sentano autenticamente cattolici, direi di più, di tutti gli uomini di buona volontà”: “Insomma – afferma lo stesso religioso -, oserei dire che è un’opera profetica nel senso migliore del termine; ancora di più, che il suo contenuto dovrebbe essere insegnato negli istituti superiori della Chiesa, affinché almeno le classi di élite prendano coscienza chiara di una realtà schiacciante, della quale – credo – non si abbia chiara coscienza”.
La descrizione della Rivoluzione nella prima parte di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione in un certo senso suggerisce simmetricamente, sempre per sommi capi, le grandi linee dell’azione per contrastarla, della Contro-Rivoluzione, il cui ideale consiste – come scrive l’autore – “[…] nel restaurare e nel promuovere la cultura e la civiltà cattolica”, e che viene illustrata nella seconda parte dello stesso studio.
Così, di fatto, la prospettiva esposta in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, con le sue implicazioni teologiche e morali, rende ragione di tutto l’operato, in pensieri e in opere, del pensatore brasiliano. Così è per il primo volume, Em Defesa da Ação Católica, del 1943, in cui egli denuncia l’attacco alla Chiesa cattolica da parte del progressismo allora incipiente; così è per l’ultima fatica, Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà romana, del 1993, in cui, negli spazi lasciati aperti dall’abbandono della mitologia socialcomunista dopo il 1989, suggerisce una rinnovata attenzione verso quanto rimane della nobiltà europea e non europea, e di ogni élite tradizionale a essa analoga, che invita – con parole di Papa Pio XII (1939-1958) del 1947 – a non accontentarsi “[…] di restare ritto, impassibile, in mezzo alle rovine”, ma di cui auspica un ricupero all’impegno sociale attivo; comunque convinto della parte preponderante delle élite nella storia, descrive i caratteri strutturali di questa categoria sociale, caratterizzata da una sorta di sacerdozio, il “sacerdozio della nobiltà”, secondo una lapidaria definizione di Papa Benedetto XV (1914-1922) del 1920.
E merita di essere segnalato il fatto che le date di pubblicazione della due opere citate definiscono esattamente un cinquantennio, un tempo non comune di attività intellettuale all’interno degli altrettanto non comuni sessantasette anni di militanza cattolica sugli ottantasette di vita.
Sulla base della prospettiva sintetizzata in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione si spiegano anche la denuncia franca, da parte di Corrêa de Oliveira, di ogni cedimento alla Rivoluzione a opera di uomini di Chiesa, pure costituiti in autorità; e la sua opposizione frontale a ogni cosiddetta “riforma di struttura” del tessuto sociale in specie brasiliano e in genere iberoamericano, legato al settore economico primario e al suo sfruttamento privato, quando e nella misura in cui si tratti di “riforma” che intacchi di fatto le basi di tale tessuto, costituite dall’iniziativa e dalla responsabilità personali nonché dall’istituto della famiglia.
3. L’opera: le Società di Difesa di Tradizione Famiglia e Proprietà
Fra le opere di Corrêa de Oliveira emerge la fondazione – con il conseguente esercizio della paternità – della famiglia spirituale delle TFP, associazioni civiche d’ispirazione cattolica che richiamano nella propria denominazione un carattere fondamentale della vita sociale, la tradizione, e due istituti ugualmente fondamentali di essa, la famiglia e la proprietà privata; e che, con mezzi pacifici e legali, promuovono tali valori nell’opinione pubblica e combattono la rivoluzione culturale che mira a scalzarli.
Si tratta di una famiglia spirituale costituita – il giudizio, del 1995, è del teologo domenicano spagnolo Antonio Royo Marín – da “[…] cattolici praticanti in grado superlativo. Con Messa, Comunione quotidiana, recita integrale dei quindici misteri del rosario e altre pratiche di pietà, tutte tradizionali e di uso comune nella santa Chiesa cattolica. Non praticano nessuna cerimonia inconsueta od obsoleta, tutte sono caratterizzate dal più autentico spirito cattolico, apostolico, romano. Hanno una grande venerazione per il Romano Pontefice […]. La loro devozione alla Vergine Maria è sviscerata e sono convinti che, infine, trionferà nel mondo intero il suo Cuore Immacolato, come ha promesso a Fatima”.
4. Contro la Rivoluzione nel secolo XX
Tanto nelle opere – soprattutto in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, il testo di base delle TFP, cui fornisce i fondamenti di dottrina e di teoria dell’azione – quanto nell’opera di Corrêa de Oliveira emerge la rilevanza specifica, nella sua formazione, della “meditazione di due bandiere” – “l’una di Cristo, sommo capitano e Signore nostro, l’altra di Lucifero, mortale nemico della nostra umana natura” -, proposta da sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) nella seconda settimana dei suoi Esercizi Spirituali, nonché degli scritti di san Luigi Maria Grignion di Montfort (1673-1716) e di monsignor Henri Delassus (1836-1921).
Il santo missionario della Vandea e autore del Trattato della vera devozione a Maria gli fornisce, con una marcata accentuazione mariana, sia il quadro di fondo teologico per un’ascesi individuale come quella ignaziana che una teologia della storia in cui inserire l’espressione sociale di tale ascesi, l’ascesi sociale, cioè l’apostolato contro-rivoluzionario mirante alla restaurazione di una civiltà cristiana, di una Cristianità.
Dal canto suo, l’ecclesiastico francese lo collega al pensiero di quanti hanno subito reagito alla Rivoluzione dell’Ottantanove, cioè ai reazionari della prima ora, in quanto monsignor Delassus è protagonista della transizione dalla “patristica” alla “scolastica” contro-rivoluzionarie, cioè alla scuola di pensiero e d’azione della Contro-Rivoluzione cattolica nel secolo XX.
Di questa scuola il pensatore brasiliano è figura eminente e in essa si distingue soprattutto perché sottolinea l’importanza dei fattori “passionali”, delle tendenze, e di costume nel processo rivoluzionario e la loro influenza sugli aspetti strettamente ideologici di esso, convinto si tratti di elementi che, se trascurati, comportano una visione incompleta della Rivoluzione e la conseguente adozione di metodi contro-rivoluzionari inadeguati.
Inoltre, in conformità con un tratto rilevante di questa scuola, costanti sono in lui l’attenzione e il riferimento autoritativo al Magistero pontificio, che si è venuto sviluppando in modo particolare a partire dalla metà del secolo XVIII, sollecitato dalla socializzazione di errori e di tendenze disordinate, quindi dagli avvenimenti e dalle istituzioni che ne sono derivati.
A questi caratteri, che fanno di Corrêa de Oliveira un cattolico brasiliano colto della cultura cattolica simpliciter, va affiancata la sua attenzione a tutte le espressioni dell’attualità, oltre il reale solo politico-religioso, con una spiccata sensibilità in genere sociologica e in specie psico-sociale, che richiama la connazionalità e la sostanziale contemporaneità con antropologi, sociologi e politici quali Gilberto de Mello Freyre (1900-1987) e, soprattutto, Francisco José de Oliveira Vianna (1883-1951); così come, quanto alla combattività in campo religioso, s’impone il ricordo del precedente costituito dal polemista cattolico pure brasiliano Jackson de Figueiredo (1891-1928).
Per approfondire: vedi elementi biografici e bibliografici, in Cristianità, anno XXIII, n. 247-248, novembre-dicembre 1995, pp. 5-8; ulteriori elementi bibliografici del e sul pensatore brasiliano, nonché un primo inquadramento, nel mio Plinio Corrêa de Oliveira al servizio di un capitolo della dottrina sociale della Chiesa: il commento del Magistero alla “parabola dei talenti”, ibid., anno XXII, n. 235, novembre 1994, pp. 17-24.